Ramy, i pm accusano di omicidio stradale l’amico alla guida e il militare che inseguiva. I carabinieri “mentirono”
- Postato il 4 dicembre 2025
- Cronaca
- Di Blitz
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La Procura di Milano conferma l’accusa di omicidio stradale, non solo per l’amico di Ramy Elgaml, ma in concorso anche per il carabiniere che guidava l’ultima auto inseguitrice.
A Milano processo a carico di 8 persone
Per lui pure l’imputazione di lesioni su quel ragazzo che era alla guida dello scooter. E oltre a ipotesi di depistaggio e favoreggiamento, per la cancellazione di video di testimoni, e dichiarazioni “non veritiere”, conferma anche un presunto falso ideologico sul verbale d’arresto per resistenza, nel quale non furono indicati “l’urto” tra i mezzi, la presenza “di una dashcam” e di una “bodycam”, dei testimoni e il fatto che la macchina avesse investito il corpo nella fase finale dello schianto.

Sono gli elementi messi in fila appunto dalla Procura di Milano, diretta da Marcello Viola, nella chiusura indagini, che prelude alla richiesta di processo a carico di 8 persone, tra cui Fares Bouzidi, che era in sella al TMax, il militare della Giulietta che inseguì per 8 km i due giovani, che non si erano fermati all’alt, e altri sei carabinieri. Un caso, la morte del 19enne, che portò a disordini nel quartiere Corvetto, spenti dalle parole del padre, e che creò polemiche.
A 120 kmh anche contromano
Contestano a Bouzidi l’omicidio stradale per quella fuga pericolosa, senza patente, con “velocità superiori ai 120 km/h”, anche in “contromano”, chiarendo che all’altezza dell’incrocio tra via Ripamonti e via Quaranta lo scooter tentò di girare a sinistra, ma ci fu una “repentina ed improvvisa manovra a destra”.
Da lì “l’urto” tra il lato posteriore destro del TMax con la “fascia anteriore del paraurti” della Giulietta. Lo scooter slittò e Ramy venne sbalzato “contro il palo” di un semaforo. Al carabiniere che guidava, invece, i pm imputano di essere rimasto “ad una distanza estremamente ravvicinata”, quasi “affiancando” la moto, senza essere riuscito ad evitare “l’urto”. Sarebbe arrivato ad una distanza “laterale” di 80 cm.
Per la stessa condotta è anche accusato di lesioni su Bouzidi, dopo la querela degli avvocati Debora Piazza e Marco Romagnoli. I quattro militari che firmarono l’arresto di Bouzidi per resistenza (già condannato), spiega la Procura, “omettevano di menzionare l’urto”, scrivendo “falsamente” che lo scooter “a causa del sovrasterzo scivolava”.
Circostanza “smentita” dalla “ricostruzione” della Polizia Locale e dalla consulenza dell’esperto dei pm, che riteneva però il carabiniere non responsabile di omicidio stradale. E pure dalle “immagini acquisite”.
Smentite le ricostruzioni dei militari
Avrebbero anche omesso di “menzionare lo ‘schiacciamento’ del corpo” di Ramy. Due militari sono accusati di false informazioni ai pm. In un verbale uno di loro disse agli inquirenti “non ho consegnato questi video a nessun altro” al di fuori di un colonnello, riferendosi a immagini della dashcam e della body cam.
Parole smentite, per i pm, da messaggi. E il primo carabiniere che avrebbe ricevuto i video, anche lui indagato per false informazioni ai pm, mise a verbale di non aver “fatto copia” delle immagini. Non risulta così da altri messaggi.
Confermate le imputazioni per due militari che avrebbero detto “cancella immediatamente il video” al teste oculare. Altri due carabinieri sono accusati di depistaggio perché avrebbero costretto un altro teste “a cancellare” nove file. Quella persona, ha spiegato il difensore Pietro Porciani, “al momento dell’impatto si trovava a 290 metri”.
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