Questo piccolo borgo è un gioiello medievale nascosto nel cuore verde dell’Umbria, lo hai già visto?
- Postato il 2 giugno 2025
- Lifestyle
- Di Blitz
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Da decenni sfugge ai grandi flussi turistici, pur trovandosi a pochi chilometri da arterie principali e città d’arte note. Un borgo umbro, incastonato in una valle di colline e boschi, conserva intatti gli elementi di un passato medievale senza mai trasformarsi in un palcoscenico per visitatori di massa.
Per qualche verso, potremmo immaginarlo come un “segreto di pietra”, un microcosmo dove l’autenticità ha resistito all’usura del tempo. Colline verdeggianti, boschi di querce e faggi, sentieri che si inerpicano su creste dagli scorci panoramici. I rumori della vita frenetica si affievoliscono fino a scomparire, mentre il borgo si staglia con le sue case in pietra, i portali ad arco e le finestre sfacciatamente minuscole, sede di ricordi antichi.
Un angolo di Medioevo
La Valnerina, area geografica votata a un turismo slow, si snoda lungo il corso del fiume Nera. È qui che, tra estesi boschi di querce e faggi, si adagia Cerreto di Spoleto, un piccolo centro abitato che ha mantenuto inalterata la sua fisionomia medievale. Restando appartato rispetto a Paesi più noti, non compare nelle guide dei tour operator e non è mai affollato di pullman turistici.
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Solo una volta varcate le mura, costruite per difendere l’antico castello, si avverte l’atmosfera di un luogo vissuto da secoli. Le case in pietra calcarea profumano ancora di antico, le stradine ripide e strette spuntano dietro ogni angolo, disegnando un dedalo capace di sorprendere. Uomini e donne del territorio, alcuni dei quali discendenti delle stesse famiglie di un tempo, svolgono attività quotidiane che sembrano far parte di un copione immutabile: una porta che si apre sul cortile, voci che si scambiano saluti nei portoni, il timbro di un campanile che segna le ore.
Dietro le quinte del borgo: dalle torri alla vita quotidiana
L’assetto urbanistico risale all’epoca di maggior prestigio del borgo, quando era controllato da signorie locali in lotta per il territorio. La struttura a terrazze e la presenza di torri difensive confermano l’importanza strategica. Una di queste, integrata nella chiesa di San Patrignano, fungeva da avamposto per avvistare nemici e proteggere gli abitanti.
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L’attuale parrocchia custodisce ancora vestigia di quel passato: archi in pietra scolpita, volte a crociera e feritoie che rimandano a un’epoca in cui ogni elemento aveva duplice funzione, sacra e militare. A pochi metri di distanza, un altro luogo di culto, dedicato a San Lorenzo, ospita all’interno cicli di affreschi datati tra XII e XIV secolo. Sul muro meridionale, una scena di processione cittadina riporta alla luce cerimoniali e devozioni medievali che qui non hanno subito restauri invasivi.
Il Museo delle Mummie: un’attrazione fuori dal comune
Tra i tesori meno attesi c’è un museo singolare, ospitato in una chiesa non più consacrata. Al suo interno riposano corpi mummificati in modo del tutto naturale, rinvenuti secoli fa nelle tombe familiari del borgo. L’esposizione, visitabile solo su prenotazione, offre una chiave di lettura inedita delle pratiche funerarie e delle condizioni di vita della popolazione locale.
Gli esperti del territorio lo definiscono “un archivio biologico”, capace di fornire dettagli sulle abitudini alimentari, sulle usanze e persino sulle malattie dell’epoca. Il percorso didattico alterna descrizioni scientifiche a pannelli che contestualizzano sociologicamente il fenomeno: un’esperienza che mescola curiosità, stupore e rispetto.
Le ferite del terremoto e la forza della ricostruzione
Il terremoto del 2016 ha lasciato un segno profondo. Alcuni edifici centrali hanno subito danni strutturali, costringendo gli abitanti a spostarsi altrove per mesi. Ma la risposta della comunità è stata rapida. Coordinati dalle autorità regionali e nazionali, cittadini e associazioni hanno dato vita a un piano di recupero che non si è limitato a riparare le crepe, ma ha puntato al restauro conservativo.
Le piazzette sono tornate al loro aspetto originario, gli androni risistemati con le tecniche tradizionali, i corsi d’acqua lungo i sentieri ripuliti per restituire il valore paesaggistico. L’obiettivo non è solo architettonico: è culturale. Rimettere in piedi il borgo significava preservare lo spirito di una comunità, evitare lo spopolamento e dare un segnale positivo ai giovani residenti.
Una comunità che crede nel futuro
Forse la risorsa più preziosa di questo borgo è la determinazione di chi ci vive. I giovani che sono tornati a investire in agricoltura biologica, in piccoli ristoranti a km zero, in realtà associative volte a mantenere vive tradizioni locali. Scegliere di rimanere qui significa affidarsi a un destino lento, certo, fatto di pazienza.
Ci sono progetti di ospitalità diffusa che trasformano le vecchie cantine in stanze per visitatori attenti. Viaggiatori che non cercano lusso, ma un’esperienza di immersione autentica. Amanti del trekking e della storia che approdano con guida, la sensoristica per gli affreschi e la voglia di assaporare un pranzo a base di legumi coltivati in loco.
Un itinerario slow da non perdere
Per chi decide di organizzare un soggiorno, la visita a Cerreto è ideale in combinazione con le Gole del Nera, a pochi chilometri di distanza. Un’escursione lungo un canyon spettacolare, in cui l’acqua cristallina si tuffa tra massi levigati. Accanto, borghetti minori, come Sant’Anatolia di Narco o Scheggino, offrono ulteriori scorci medievali.
Ma il vero consiglio è di sospendere l’itinerario prestabilito e lasciarsi guidare dall’istinto: fermarsi davanti a un portone antico, curiosare in un cortile segreto, chiacchierare con un abitante che racconta storie di un tempo. Solo così si coglie l’essenza di un borgo che, senza clamori, restituisce un’esperienza intima e indimenticabile.
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