Quer pasticciaccio brutto delle assunzioni di Roma Capitale
- Postato il 31 ottobre 2024
- Di Il Foglio
- 1 Visualizzazioni
Quer pasticciaccio brutto delle assunzioni di Roma Capitale
Insegna la microstoria, di cui in Italia autorevolissimo studioso è Carlo Ginzburg, come sovente dal locale, dal particolare, dal dettaglio, possa osservarsi il dispiegarsi di un fenomeno assai più ampio e generale. Ci si riferisce, nel caso di specie, al recente balletto di dialettica triangolare Governo-Parlamento-Roma Capitale sull’approssimarsi del Giubileo e che merita di essere osservato perché se ne può trarre utile, e preoccupata, lezione. Il casus belli è rappresentato dalle ulteriori assunzioni che Roma Capitale dovrebbe effettuare, proprio in previsione della eccezionalità dell’evento giubilare e della specialità di Roma. Specialità che a oggi è venticello inespresso visto che la rimodellazione dell’ente e del suo ordinamento speciale giace a prendere polvere nelle Commissioni parlamentari o nei disegni di legge di iniziativa governativa rimasti in qualche cassetto.
Il sindaco Roberto Gualtieri, è noto, è stato nominato dal Governo commissario straordinario per l’occasione e in tale veste avrebbe necessità di implementare l’organico di personale dell’ente, in previsione dello sforzo titanico richiesto. A settembre inoltrato, dopo una estate di sostanziale calma, tanto ciò vero che a luglio giungevano voci quasi rassicuranti dalle aule parlamentari sulla possibilità di effettuare assunzioni in deroga ai tetti di spesa previsti dal 2020, quando al Mef sulla poltrona più alta sedeva proprio Roberto Gualtieri, in combinato con il decreto “Crescita” del 2019, la pax giubilare sembra incrinarsi. L’opposizione capitolina, fino ad allora camaleonticamente mimetizzata, si ricorda di essere opposizione, le voci prendono ad alzarsi, la tensione, anche di matrice sindacale, si fa palpabile; la scadenza è sempre più vicina, vigili, impiegati, educatrici, appaiono improvvisamente pochi, i cantieri sono in vasta parte aperti, i mezzi pubblici scarsamente performanti. Il parlamentare di FdI, nonché coordinatore del partito di Roma, Marco Perissa deposita il ventitré settembre un atto di sindacato ispettivo a risposta scritta rivolto al Mef, chiedendo lumi sulla effettiva possibilità per l’ente di procedere a ulteriori assunzioni, dopo che Fratelli d’Italia aveva il mese precedente richiesto, a mezzo di mozione parlamentare, l’apertura di un tavolo congiunto tra Mef e Funzione pubblica per verificare le ipotesi derogatorie alla normativa.
Piccola ma necessitata postilla: Roma Capitale ha tenuto delle procedure concorsuali ormai concluse e con graduatorie aperte per le varie figure professionali di cui abbisogna, quindi la questione in ballo non riguarda tanto lo svolgimento di nuovi concorsi, per i quali non ci sarebbero i tempi tecnici se l’obiettivo è il Giubileo, quanto le assunzioni determinate dallo scorrimento delle graduatorie esistenti.
La risposta della sottosegretaria Sandra Savino, molto articolata in termini normativi, contiene ovviamente un condizionale, come prassi del linguaggio politico-burocratico di un paese in cui l’arzigogolo bizantino è metodo comune per dire tutto e dire niente. E proprio su quel condizionale cade il proverbiale asino della battaglia politica. Secondo il Mef, Roma Capitale potrebbe già, alla luce anche dei rendiconti pubblicati, assumere le ulteriori unità di personale. Secondo Fratelli d’Italia, quindi, l’amministrazione non avrebbe scuse e potrebbe procedere senza pensare di addossare ipotetiche responsabilità al governo. Di contrarissimo avviso è però l’amministrazione che per bocca dell’assessore Andrea Catarci va giù duro parlando di approccio governativo negazionista e soprattutto di una ostilità della Meloni nei confronti di Roma: Catarci, citando la ricognizione effettuata dal Dipartimento capitolino risorse umane, nega che l’ente possa ora assumere ulteriori unità rispetto quelle già programmate e contesta la ricostruzione offerta dal Mef, lamentando poi il ritardo nelle risposte avendo interessato il governo nel settembre 2023.
Nella recente legge di bilancio, in discussione in Parlamento, compaiono 88 milioni di euro destinati alle esigenze giubilari, anche se nessuno di questi appare direttamente riferibile alle assunzioni. La sensazione amara che emerge da questa tardiva e accesa dialettica è che ciascuna delle parti si stia precostituendo la giustificazione laddove il Giubileo dovesse rivelarsi una catastrofe per cittadini e pellegrini.