Quei due italiani che hanno giocato per gli All Blacks

  • Postato il 23 novembre 2024
  • Di Il Foglio
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Quei due italiani che hanno giocato per gli All Blacks

Italia-All Blacks, sabato alle 21.10 a Torino. Finora, 17 incontri e 17 vittorie neozelandesi. Inutile illudersi: questa sarà la diciottesima. Ma che fascino, che spettacolo, che storia. E che incroci. Il primo neozelandese a indossare la maglia Azzurra è stato Aaron Persico: famiglia originaria di Massa Lubrense, lui di Lower Hutt, terza ala, 56 presenze in nazionale fra 2000 e 2006. Il decimo e ultimo è stato Jayden Hayward: ingaggiato (e naturalizzato) dal Benetton di Treviso, estremo e centro, 27 presenze fra 2017 e 2020.

Ma ci sono stati anche due italiani che hanno giocato per gli All Blacks.

Il primo si chiamava Umberto Primo Calcinai, per tutti semplicemente Bert. Era nato a Wellington (il 2 febbraio 1892), ma da genitori italiani (Giuseppe “Joe” Vittorio Eugenio Calcinai e Argia Maria Savieri, toscani, probabilmente livornesi) e – considerato il nome imposto al figlio – monarchici, quarto di quattro figli (una sorella fu battezzata, grazie a un errore all’anagrafe, Regina Wagherita). Impiegato al Comune di Wellington, cominciò con l’atletica leggera, finché un infortunio nel salto in lungo lo convinse a dedicarsi al rugby, prima da estremo, poi da apertura, infine da ala, ma all’occorrenza si cimentava anche da tallonatore. Calcinai giocò sempre e solo per un club, il Poneke di Wellington, e per una rappresentativa provinciale, quella di Wellington. Nel 1922 – aveva 30 anni – Calcinai fu finalmente convocato dagli All Blacks come tallonatore per un breve tour in Australia, nel New South Wales: quattro partite, due vittorie e due sconfitte, diventando l’All Black numero 262 della storia (il totale, oggi, è salito a quota 1223). La quinta, e ultima partita della sua breve carriera negli All Blacks, fu al ritorno in patria: un’altra vittoria, nella sua Wellington, contro i Maori All Blacks. Nessuno di questi cinque incontri era un test-match: così, per Bert, nessun “cap”, quel berrettino che valeva come presenza ufficiale.

Smesso di giocare nel 1923, Calcinai rimase legato al rugby. Una passione, quella ovale, patrimonio ed eredità familiare: rugbista il fratello maggiore di Bert, Duilio Ruggero Dandolo detto Dooley; rugbista il figlio di Bert, Victor Lawson (detto Vic, ma il suo vero nome era Umberto Primo junior); rugbista il figlio di Vic, nonché nipote di Bert, Colin; rugbista un altro Calcinai, Ted. Da giocatori, allenatori, dirigenti, medici o, come nel caso di Bert, da arbitri, spettatore e… ultrà. Proprio assistendo a una partita in cui era impegnato Vic, Bert fu protagonista di un episodio poco edificante. Al Polo Ground di Auckland si giocava Marist-Miramar. Quando l’arbitro George Alfred Bell fischiò un calcio a favore del Marist per punire il tentativo di un placcaggio al collo effettuato da Calcinai junior, Calcinai senior ricordò di essere padre e dimenticò di essere arbitro, contestò la decisione e urlò: “Da quando un giocatore non può placcare un avversario che ha il pallone?”. Bell finse di non sentire e il gioco proseguì. All’intervallo, mentre i giocatori si dissetavano, Bell andò diritto da Calcinai senior. Si conoscevano da anni. Bell chiese a Calcinai di allontanarsi dal campo, Calcinai si rifiutò e tentò di colpire Bell, Bell lo invitò a “non essere stupido”, stavolta Calcinai lo colpì con un pugno alla mascella, Bell chiamò un uomo del servizio d’ordine e gli comandò di allontanare Calcinai dal campo, Calcinai oppose resistenza, Bell gli intimò di obbedire, Calcinai lo minacciò “ti do un altro cazzotto in bocca”, Bell non perse la calma e gli annunciò che lo avrebbe fatto arrestare per aggressione, Calcinai perse la calma ma non la mira e mollò un secondo cazzottò a Bell.

La questione finì in tribunale. Davanti alla corte Bell sostenne che l’arbitro aveva il diritto di ordinare a uno spettatore indisciplinato di abbandonare il campo “nell’interesse del gioco” e precisò come prima di allora non avesse avuto alcun problema con Calcinai. Timothy A. McLaughlan, il buttafuori del Polo Ground, testimoniò che due volte Calcinai aveva alzato le braccia contro Bell, ma a lui sembravano più spintoni che pugni, e specificò che i duellanti erano comunque divisi da una palizzata. Calcinai si difese spiegando di aver allontanato l’arbitro a mani aperte e aggiungendo di avergli detto qualcosa da vecchio monarchico, tipo che “era un hitleriano o un mussoliniano”. Il giudice sentenziò con prudenza, forse anche influenzato dal passato All Black dell’imputato: stabilì che all’intervallo l’arbitro non sarebbe dovuto andare dallo spettatore, che l’arbitro non aveva il potere di espellerlo e che non c’era certezza sulla presunta aggressione. Il verdetto fu di assoluzione. Un verdetto che non ferì Bell. Anzi, pare che, secondo un articolo dell’Evening Post, che Calcinai e Bell, “come vecchi amici”, lasciarono insieme il tribunale.

Il secondo italiano ad aver giocato per gli All Blacks si chiama Luke Romano, un colosso di Nelson ma con un nonno italiano, 1,99 per 120 kg, seconda linea, 31 partite e due mete fra 2012 e 2017. E nessuna bega giudiziaria.

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Autore
Il Foglio

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