Quante batoste per Putin da quando ha invaso l’Ucraina
- Postato il 13 dicembre 2024
- Di Il Foglio
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Quante batoste per Putin da quando ha invaso l’Ucraina
Al direttore - Più libri, più lividi.
Giuseppe De Filippi
Al direttore - Nel salotto televisivo di Lilli Gruber, Marco Travaglio ha detto che i russi hanno dato asilo politico ad Assad perché, diversamente dagli americani, non abbandonano i loro amici. Corre voce a Mosca, però, che il tiranno siriano abbia accettato l’ospitalità a due condizioni. La prima: poter abitare al piano terra della sua residenza, in quanto non ama l’ebbrezza del volo sperimentata da altri amici di Putin. La seconda: poter rifiutare la degustazione di un buon tè al polonio senza che Vlad se ne abbia a male. A oggi, non risulta che il Cremlino abbia accettato queste richieste.
Michele Magno
Da quando Putin ha invaso l’Ucraina, le sconfitte sono state superiori alle vittorie. Voleva conquistare l’Ucraina in tre settimane: sono passati tre anni e siamo ancora lì. Voleva allontanare la Nato dai suoi confini e il risultato è che i chilometri di confine russo a contatto con la Nato sono aumentati grazie all’ingresso della Finlandia nell’Alleanza. Voleva far deragliare la richiesta di ingresso della Moldavia nell’Unione europea: non c’è riuscito. Voleva condizionare le elezioni in Romania: è stato respinto, seppure in modo spericolato, estremo, forse estremista. Voleva proteggere Assad in Siria e ora Assad è scappato dalla Siria per proteggere se stesso. Slava Ukraïni!
Al direttore - Qual è il minimo comun denominatore tra il ritorno del secondo trumpismo alla Casa Bianca, le tensioni destabilizzanti nella maggioranza quadripartita del Parlamento europeo e la crisi politica in Francia? Penso sia la constatazione che il postulato del bipolarismo – definito in origine da alcuni politologi come il toccasana di una buona democrazia dell’alternanza lungo l’asse destra vs sinistra o, al più, centrodestra vs centrosinistra – di fronte alla radicalizzazione dello scontro sociale, finisca alla lunga per aprire la strada alla polarizzazione convergente degli estremismi, come avvenuto in Francia. Anche nel Parlamento europeo, pur nel quadro di un sistema politico ed elettorale di tipo proporzionale, le sirene della bipolarizzazione socio-identitaria trovano ascolto all’interno del Pse e del Ppe, rischiando di far deflagrare la governance coalizionale ancora regnante a Bruxelles (ma per quanto tempo ancora?). Infine, le elezioni presidenziali americane dimostrano l’esito a cui perviene un ordinamento istituzionale e politico bipolare/bipartitico che, terremotato da un diffuso risentimento sociale trasversale, evidenzia il venir meno di un’area mediana di compensazione e mitigazione dello scontro politico-partitico, che prima era espressa dagli apparati centrali dello stato federale, dalle high university e dai think tank.
Alberto Bianchi