Quale futuro per il Pd? Tutti (o quasi) contro Schlein: gli scenari possibili
- Postato il 14 marzo 2025
- Politica
- Di Blitz
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Quale sarà il futuro del Pd? Per ora c’è una sola certezza: è cominciata la caccia a Elly Schlein.
Non sono soltanto i moderati a non volerla. Adesso il fronte del no è più corposo. Si fonda sui principi di Prodi e Franceschini ed ogni giorno trova un pretesto per attaccare la segretaria. D’altronde, non c’è nulla di nuovo: è un vecchio vizio della sinistra, quello di nominare un segretario e poi logorarlo fino a che non alzi le braccia e si arrenda.
Se non credete che sia così, chiedetelo ad Enrico Letta che dovette fuggire a Parigi per evitare che i suoi amici-nemici potessero addirittura crocifiggerlo.
Un film già visto nel Pd
In via del Nazareno si sta ripetendo uno scenario già visto? Malgrado si cerchi di spegnere le fiamme, l’incendio è già divampato e quel che è successo a Strasburgo ha alimentato la forte divisione che regna nel Pd. Tre anime, un’infinità di correnti, i parlamentari che vanno ognuno per la loro strada infischiandosene del male che stanno facendo al partito.
Al momento, Stefano Bonaccini è una delle vittime predestinate. Si difende e replica: “Occorre un confronto responsabile”. Giusto, ma perché non prima del voto irresponsabile sul riarmo o la difesa voluto a tutti i costi da Ursula von der Leyen?
“Si è chiusa la stalla quando i buoi erano già usciti”, tuonano da una parte. “Non è vero”, rispondono i fedelissimi di Elly. “Il nostro è un partito pluralista. Ognuno è libero di esprimersi come crede”.
Fino alla crisi? Perché questo è il sostantivo che circola maggiormente nei piani alti dei dem. Coloro che non vedono l’ora di liberarsi dell’attuale assetto vanno ancora più in là con le critiche e parlano di “Un’Italia modello trasformata in bordello”. Parole eccessive che andrebbero vietate sia pure dinanzi ad uno scontro che non vuole” prigionieri.
Il ritorno di Bonaccini
Dunque, c’è Stefano Bonaccini nell’occhio del ciclone perché è stato lui uno dei primi a votare contro i suggerimenti della Schlein, “ È suonata l’ora della vendetta”, insinuano in tanti. Che cosa vuol dire?
Ricorderemo tutti come fu eletta a sorpresa la Schlein. Il Pd si era già espresso a favore dell’allora presidente dell’Emilia Romagna quando arrivò l’onda d’urto della sua vice. Elly vinse a mani basse e rivolgendosi agli avversari (anche del suo partito?) esclamò: “Non ci hanno visto arrivare”.
Oggi, la situazione è radicalmente cambiata perché da allora è passata molta acqua sotto i ponti. Nonostante ciò, il Pd ha aumentato i suoi consensi arrivando al 24 per cento delle sue preferenze alle elezioni europee. Ma i numeri non contano: non è quella percentuale a placare gli animi dei moderati.
È la “rivoluzione” della Schlein ad essere messa sotto accusa. “Troppo di sinistra”, tuonano, ricordando che mai come oggi il partito è stato spostato verso posizioni che molti rinnegano.
Pina Picierno, una esponente di spicco del Pd e vice presidente del Parlamento europeo è lapidaria: “La segretaria confonde i desideri con la realtà”.
A farla breve questa svolta a sinistra del partito non piace ad una parte notevole dei dem, capitanati da vecchie glorie come Romano Prodi e Dario Franceschini. “Si deve arrivare ad un congresso come vuole un principio sacrosanto della democrazia”.
Ma questo appuntamento mette paura perché davvero in quei giorni si potrebbe arrivare al “redderationem”, cioè ad una una rivoluzione di segno contrario. Scosse troppo forti temute anche dai maggiori oppositori odierni.
Non è che a destra si respiri un’aria migliore. Il voto di Strasburgo ha dimostrato quanto siano lontane le posizioni dei tre partiti. Antonio Taiani è un europeista convinto e difende ed appoggia il piano di Ursula. Matteo Salvini predica l’esatto contrario e non vuole sentir parlare di armi, ma di scuola, sanità e salari. Sembra un alleato della sinistra. Fra questi due estremi Giorgia Meloni si barcamena. “Sta troppo ferma”, sostiene qualcuno. “No”, si risponde. Preferisce star quieta mentre gli altri si agitano.
È la vigilia della grande manifestazione in difesa dell’Europa che si terrà domani a Piazza del Popolo. Tutti uniti, sembra vero: una infinità di bandiere, si proprio una “bandiera rotta”, titola a tutta pagina il giornale della premier. A sinistra, dunque, la pace si invoca a gran voce, ma non nel Pd che non mette mai in disparte il vizio del lusso. La Tesla di Fratoianni ne è un esempio lampante.
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