Qatargate, arrestati 2 collaboratori di Netanyahu. Il premier interrogato

  • Postato il 31 marzo 2025
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Eli Feldstein e Yonatan Urich, i due principali collaboratori di Benjamin Netanyahu, sono stati arrestati nell’ambito dell’inchiesta sul cosiddetto “Qatargate” che sta colpendo il governo israeliano. La polizia israeliana ha spiegato che i due sospettati sono stati arrestati questa mattina nell’ambito delle indagini sui presunti legami illeciti tra alti funzionari del primo ministro e il Qatar. L’indagine, condotta dall’unità nazionale reati Lahav 433 della polizia e dallo Shin Bet, è stata avviata in seguito alle rivelazioni secondo cui l’ex portavoce di Netanyahu, Feldstein, accusato di aver danneggiato la sicurezza nazionale in un caso riguardante il furto e la fuga di notizie di documenti classificati delle Idf, lavorava per Doha tramite una società internazionale incaricata di fornire ai giornalisti israeliani storie favorevoli all’emirato, mentre era impiegato presso l’Ufficio del premier.

Netanyahu sta attualmente parlando del caso con gli ufficiali dell’unità reati gravi Lahav 433 della polizia, anche se non è ancora considerato un sospettato. La procuratrice generale Gali Baharav-Miara , sfiduciata nei giorni scorsi dal governo dello stesso Netanyahu, ha ordinato alla polizia di convocare il capo del govenro poco dopo che gli agenti hanno arrestato i suoi assistenti. Il premier è arrivato a Gerusalemme nel primo pomeriggio dopo aver lasciato il tribunale distrettuale di Tel Aviv, interrompendo il processo penale in cui è accusato di corruzione.

Il premier israeliano si trova sotto i riflettori anche per il suo viaggio in Ungheria. Il governo ungherese ha confermato che il premier israeliano si recherà in visita ufficiale a Budapest da mercoledì fino a domenica e le autorità locali non sembrano intenzionate a rispettare il mandato d’arresto emesso contro il leader israeliano dalla Corte Penale Internazionale che accusa il premier israeliano di crimini legati all’offensiva militare nella Striscia di Gaza. Il primo ministro ungherese, Viktor Orbán, aveva già invitato pubblicamente Netanyahu nonostante l’ordine della Cpi e, come il suo ospite, aveva messo in discussione il ruolo della Corte nonostante l’Ungheria, in quanto firmataria dello Statuto di Roma, sia giuridicamente vincolata a rispettarne le disposizioni.

Tra i dossier più delicati sul tavolo figura la possibile decisione di Budapest di trasferire l’ambasciata ungherese da Tel Aviv a Gerusalemme, una mossa che segnerebbe un’ulteriore rottura con la linea ufficiale dell’Unione Europea. Secondo il Times of Israel Netanyahu discuterà con Orbán anche del potenziale sostegno ungherese al piano per Gaza elaborato da Donald Trump: “Netanyahu sta cercando di costruire una coalizione di quanti più Paesi possibile che sostenga il piano di Trump per Gaza”, ha detto una fronte israeliana al quotidiano. A febbraio il presidente americano aveva annunciato la sua visione per Gaza, che vedrebbe la sua popolazione trasferita all’estero e gli Stati Uniti guidare gli sforzi di ricostruzione per trasformare la Striscia in una “riviera” del Mediterraneo.

“La Corte fa affidamento sugli Stati per l’esecuzione delle sue decisioni – ha detto oggi un portavoce della Corte penale internazionale -. Non si tratta solo di un obbligo giuridico nei confronti della Corte stessa come previsto dallo Statuto di Roma, ma anche di una responsabilità verso gli altri Stati parte”. “Non spetta ai singoli Stati valutare unilateralmente la legittimità o la validità delle decisioni della Cpi”, aggiunge il portavoce. “Qualora uno Stato nutra dubbi o perplessità in merito alla cooperazione con la Corte, ha la possibilità di consultarsi con essa in modo tempestivo ed efficace”, evidenzia ancora il portavoce della Cpi, ricordando inoltre che “l’articolo 119 dello Statuto di Roma stabilisce chiaramente che ogni controversia concernente le funzioni giudiziarie della Corte deve essere risolta dalla Corte stessa”.

Domenica anche la Commissione europea era intervenuta sul caso. “L’Ue sostiene la Corte penale internazionale e i principi stabiliti nello Statuto di Roma”, ne “rispetta l’indipendenza e l’imparzialità” ed “è fortemente impegnata nella giustizia penale internazionale e nella lotta contro l’impunità. Come affermato nelle Conclusioni del Consiglio del 2023, il Consiglio invita tutti gli Stati a garantire la piena cooperazione con la Corte, anche mediante la rapida esecuzione dei mandati di arresto pendenti, e a stipulare accordi volontari”, ha detto il portavoce Anouar El Anouni, interpellato sulla visita di Netanyahu in Ungheria.

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Il Fatto Quotidiano

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