Puccini: scoperti su un asteroide i "mattoni della vita"
- Postato il 30 gennaio 2025
- Di Libero Quotidiano
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Puccini: scoperti su un asteroide i "mattoni della vita"
È la conferma definitiva (ed è anche una scoperta importantissima): nell'universo, a 330 milioni di chilometri da noi, lassù, c'è un asteroide in cui sono presenti i “mattoni della vita”, ossia quattordici dei venti amminoacidi che abbiamo sulla Terra nonché le basi sia del dna che dell'rna. Il nome ufficiale dell'asteroide è 101955 Bennu ed è stato individuato nel secolo scorso, l'11 settembre del 1999: ma è con la missione Osiris-Rex della Nasa, l'agenzia spaziale americana, che è cambiata ogni cosa. È il 2023 quando una sonda che pare una padella per le caldarroste torna sul nostro pianeta atterrando nel deserto dello Utah (sì, più o meno nella stessa zona in cui c'è la famosa Area51): di castagne, dentro, non ne ha, di frammenti e campioni di rocce e di polveri, invece, ne è piena. Sono tutti da analizzare, da studiare. Soprattutto da maneggiare con cura.
Il materiale che viene dallo spazio è il modo più diretto che abbiamo per capirlo e sì, d'accordo, la teoria che un tempo ci fosse materia organica sugli asteroidi non è nuova, mica sbuca fuori oggi, tra l'altro alcune tracce erano state notate anche in diversi meteoriti che ci sono piombati, letteralmente, sulla testa; epperò adesso c'è l'ufficialità più concreta, bollata, certificata, pubblicata non in uno ma in ben due articoli scientifici sulle riviste Nature e Nature astronomy.
E se fosse stato proprio un asteroide a portare la vita quaggiù? D'altronde su Bennu sono presenti elementi di tutte e cinque le basi (diciamo le “lettere dell'alfabeto”) dell'esistenza come la conosciamo noi: quella doppia elica del codice del dna e dell'rna che contiene tutte le informazioni su chi siamo, come siamo, perché lo siamo. La piccola sonda della Nasa ha trovato persino alcuni sali minerali che possono spiegarci la chimica del sistema solare primitivo. Hai detto niente.
I campioni di Bennu non sono mai entrati in contatto con l'atmosfera: sono incontaminati. Puri, purissimi, trattati solo dagli esperti che li hanno maneggiati nelle più asettiche delle condizioni e, per questo, nel gruzzolo di un pugno di polvere e sassolini (4,9 once di materiale, pari su per giù a 121 grammi), contengono un mondo. Forse qualcosina oltre. Migliaia di composti organici, diciannove amminoacidi non proteinogenici (che non sono coinvolti nella struttura delle proteine) e poi adenina, guanina, citosina, timina e uracile, oppure azoto e ammoniaca con qualcosa come miliardi di anni sulle spalle e fosfati con sodio e carbonati, solfati, cloruri e fluoruri di sodio. In poche parole una complessità organica assai maggiore di quella che è presente adesso, anno domini 2025, almeno per quanto la scienza è riuscita a studiare, qui, nel vecchio pianeta sul quale siamo nati, e che, proprio per la sua composizione, suggerisce come Bennu possa derivare da un corpo celeste che si trovava, originariamente, nella fascia più esterna del sistema solare (là l'ammoniaca, infatti, è stabile).
Ma c'è di più: queste sostanze potrebbero essere i “resti” di un antico “mondo acquatico”. «Tutto questo», spiega Tim McCoy della Smithsonian institution Usa, cioè uno degli autori principale dei due studi in questione, «ci dice che non solo l'acqua, ma anche alcuni degli elementi costruttivi della vita sono stati seminati sulla Terra e su altri pianeti». Quello prelevato da Bennu è, a ora, fatta la sola eccezione di quello lunare, il più grande bottino cosmico che l'uomo sia riuscito ad acciuffare: non il solo, attenzione, altre missioni portate avanti dal Giappone hanno immagazzinato materiale a scopo di studio, ma mai così tanto in una volta sola. I grani di Bennu, invece, che possono avere anche 4,5 miliardi di anni, adesso rappresentano un tassello prezioso nell'ambito della conoscenza dell'universo.
Quel mare infinito nel quale siamo immersi e che, da sempre, cattura l'attenzione dell'umanità. Parlando di asteroidi, inoltre, ieri, il centro per la sorveglianza dei “neo”, che sono i “near Earth object” (gli oggetti vicini alla terra) dell'Agenzia spaziale europea e del Jet propulsion laboratory della Nasa, ha acceso i riflettori su 2024 Yr4.
2024 Yr4 è un asteroide che è stato individuato l'anno scorso, che ha un diametro compreso tra i quaranta e i cento metri (proprio piccolo non è) e che potrebbe colpire la Terra nel 2032. Si tratta, al momento, solamente di una stima che ha una percentuale di probabilità molto bassa (pari a uno su 82, vale a dire l'1,2% delle possibilità), ma che, avvenisse, potrebbe produrre un'esplosione simile a quella che nel 1908 è accaduta a Tunguska, in Siberia, a seguito dell'impatto di una cometa e causare un cratere del diametro di un chilometro.
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