Psicosi taser in Italia: nel mirino il disarmo degli agenti
- Postato il 20 agosto 2025
- Di Panorama
- 3 Visualizzazioni


Due morti sospette a distanza di poche ore hanno subito innescato un violento dibattito sul taser, il dispositivo in uso alle forze dell’ordine.
A Olbia, sabato notte, Gianpaolo Demartis, 57 anni, cardiopatico con precedenti per spaccio; a Manesseno, nell’entroterra di Genova, domenica sera, Elton Bani, 41 anni, origini albanesi e anche lui con precedenti. Due casi che all’apparenza si presentano l’uno come la fotocopia dell’altro e che ora la magistratura dovrà ricostruire, accertando se a uccidere è stata l’arma elettrica o se hanno influito maggiormente cause di salute o eventuali sostanze assunte. I carabinieri finiti sotto inchiesta nel giro di un weekend sono quattro. A Olbia la Procura di Tempio Pausania ha iscritto i due militari intervenuti per omicidio colposo: un atto dovuto, spiegano, per consentire ai difensori di nominare consulenti e seguire l’autopsia. A Genova la scena si ripete: fascicolo per omicidio colposo e indagini affidate all’aliquota carabinieri interna alla Procura.
Quel che è certo è che il taser, per le forze dell’ordine, rappresenta spesso l’unica alternativa all’arma da fuoco. E gli effetti collaterali, su chi ha patologie o è sotto l’effetto di sostanze, sono variabili che un agente, nei pochi secondi in cui deve decidere cosa fare, difficilmente può valutare. Demartis, che stava scontando una condanna per violazione delle norme sugli stupefacenti con la formula dell’affidamento in prova, era in evidente stato di alterazione (da alcolici o stupefacenti). Aggrediva i passanti. E avrebbe fatto lo stesso con un militare, colpendolo e procurandogli diverse ferite al volto. Scatta la scarica, poi la seconda. L’uomo cade a terra, viene soccorso, ma muore in ambulanza per arresto cardiaco. Sarebbero stati i familiari a riferire ai carabinieri che era cardiopatico. Anche in questo caso l’esame autoptico sarà decisivo per capire se il decesso sia stato causato direttamente dall’elettricità o se le patologie pregresse abbiano avuto un ruolo predominante. «Si può ancora consentire l’uso di strumenti di tortura legalizzata?», si è chiesta sui social il Garante regionale per i detenuti della Sardegna, Irene Testa.
A Manesseno i vicini avevano chiamato prima il 118. Bani, con un precedente penale per falso e qualche mese di carcere sulle spalle, urlava, minacciava, sembrava ubriaco. I sanitari, arrivati in ambulanza, dopo le minacce hanno preferito tenersi a distanza. A quel punto sono intervenuti i carabinieri. Lo trovano seduto nella sua auto. Non vuole consegnare i documenti. Dopo minuti di trattative accetta di rientrare in casa per prenderli. Ma sulle scale comincia a scalciare, si dimena. La colluttazione prosegue nell’androne della palazzina. Un militare spara una scarica di taser ma lo prende di striscio. Un secondo colpo non ha effetto. Parte la terza scarica. Pochi istanti dopo Bani crolla a terra. I sanitari constatano il decesso. Il medico legale, Isabella Caristo, ha rilevato segni di più scariche elettriche sul corpo della vittima.
La doppia tragedia ha subito scatenato le opposizioni. «Due vittime colpite da un taser in poche ore, è evidente che esiste un problema con questo strumento che va bloccato», attacca Filiberto Zaratti di Alleanza Verdi e Sinistra. Riccardo Magi di +Europa chiede che il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi ne , «sospenda immediatamente l’uso». Sul fronte opposto il vicepremier Matteo Salvini difende l’Arma: «E adesso che nessuno se la prenda con i carabinieri, che hanno difeso sé stessi e dei cittadini aggrediti, facendo solo il proprio dovere». Fa lo stesso il sottosegretario all’Interno Nicola Molteni: «Chi sostiene che il taser è uno strumento di tortura dice il falso e le polemiche di queste ore sono ideologiche e pretestuose». E Andrea Delmastro, sottosegretario alla Giustizia: «Ogni sciagura è la scusa buona per la sinistra per disarmare le nostre forze dell’ordine le nostre divise. Nessuno stop al taser. Usato correttamente è garanzia di sicurezza». «Sarà pure un atto dovuto, ma il fatto che due carabinieri vengano indagati per aver usato il taser solleva molti dubbi», tuona il presidente dei senatori di Forza Italia Maurizio Gasparri, che si chiede: «Ma cosa devono fare le forze dell’ordine? Se usano le armi, ovviamente possono causare conseguenze letali. Se fanno un inseguimento, rischiano un processo. Se usano il taser, che serve proprio per evitare le conseguenze letali delle armi, vengono comunque messi sotto processo. Ma la magistratura in questo Paese da che parte sta?».
La Axon, multinazionale che produce i taser, corre ai ripari: «Non ci sono prove scientifiche di un legame diretto tra scariche e decessi. Il dispositivo funziona a basso amperaggio, provoca incapacità neuromuscolare temporanea e l’effetto svanisce al termine del ciclo. Studi indipendenti, tra cui la ricerca della Wake forest university school of medicine, hanno dimostrato che nel 99,7 per cento dei casi non si registrano danni permanenti, se non lesioni lievi causate prevalentemente da cadute». Il taser in dotazione alle forze dell’ordine italiane (sono circa 5.000 quelli assegnati alle forze dell’ordine dopo la sperimentazione partita nel luglio del 2018 – dal 2022 ne sono dotati anche gli agenti della polizia locale) scarica fino a 50.000 volt, con impulsi di quattro o cinque microsecondi. Non ci sono versioni attenuate: è la stessa arma in uso in oltre 100 Paesi. Negli Stati Uniti in alcuni casi le forze di polizia possono contare su un modello più potente, l’FB 02002-B, capace di emettere scariche a distanza fino a 80.000 volt. Qui il taser, inoltre, non è appannaggio esclusivo delle forze dell’ordine. In diversi Stati può comprarlo e usarlo chiunque. In Canada, invece, la Royal canadian mounted police si affida al Taser X26. Ma l’azienda produttrice ha già deciso di modificarlo: il voltaggio sarà aumentato del 14 per cento. Perché alcuni agenti hanno segnalato che i sospetti, dopo lo stordimento elettrico, riuscivano a riacquistare parziale mobilità già nei tre secondi successivi.
«È bene ricordare», dichiara il segretario generale di Unarma Antonio Nicolosi, «che in numerose circostanze l’uso del taser ha evitato il ricorso alle armi da fuoco, permettendo interventi più proporzionati e meno invasivi. Non possiamo permettere che due casi, le cui dinamiche sono ancora tutte da chiarire, mettano in discussione l’efficacia di un dispositivo che in tutto il mondo viene utilizzato proprio per tutelare la vita umana». È dello stesso avviso il segretario generale del Coisp, Domenico Pianese: «Non si può trasformare ogni intervento difficile in un atto d’accusa contro chi ha agito per limitare i danni. Chi opera in prima linea, spesso in condizioni estreme, deve poter contare sul pieno supporto dello Stato e sugli strumenti che gli sono stati affidati proprio per gestire situazioni ad alto rischio. Se poi si pretende che le forze dell’ordine vadano in strada disarmate lo si dica chiaramente».