Protagoniste, libere e arrabbiate, che il lettore non lo corteggiano, lo spiazzano
- Postato il 4 ottobre 2025
- Di Il Foglio
- 3 Visualizzazioni

Protagoniste, libere e arrabbiate, che il lettore non lo corteggiano, lo spiazzano
Ci sono dei libri che contengono una vitalità strabordante. In Bodies di Christine Anne Foley (Blu Atlantide), le esperienze sessuali e affettive della protagonista traggono forza dalla loro intima connessione alla morte. La protagonista è una ragazza normale, semmai un po’ goffa e a tratti antipatica, come potrebbero essere Bridget Jones e la più contemporanea Jessica, protagonista dell’ultima serie tv ideata da Lena Dunham, Too much (Netflix). Il racconto di Bodies si inserisce in questo panorama di personaggi femminili realistici e liberi, ma Foley porta volutamente la realtà appena oltre il limite del verosimile.
Questi rapporti che la protagonista Charlotte vive e cataloga – ogni capitolo ha il nome di un uomo – non sono moderati dalla consapevolezza del pericolo. Al contrario, il racconto assume un tono “selvaggio”, spericolato, proprio grazie a questa consapevolezza, alla vicinanza di una possibile, ordinaria tragedia. Sottinteso è il pericolo intrinseco che per ogni ragazza rappresenta la sessualità. E’ un pericolo per la stabilità della psiche, a causa della cultura e dell’educazione contraddittoria introiettata, ma è anche un pericolo oggettivo esporsi alla fisicità altrui, che è sempre un esporsi potenzialmente anche alla violenza.
La voce di Bodies rientra nel filone del memoir femminile in stile Dolly Alderton, Tutto quello che so sull’amore (Rizzoli), un caso letterario che ha aperto nuove possibilità per le protagoniste femminili, avvicinando il racconto delle esperienze erotico-affettive alla realtà di queste esperienze, e cioè spogliandole dell’obbligo della trama edificante, della lezione imparata, del viaggio dell’eroe, e presentandole invece per accumulo, per ripetizione. Ed è nell’accumulo e nella ripetizione (di pattern simili) che sta l’esperienza e quindi la vita.
Tuttavia, in Bodies c’è un ribaltamento, un gioco con i generi – il thriller, perfino l’horror. Anche la struttura prevedibile, proprio presa dal romanzo di genere – ci sono dei prestiti anche dal romance, che sembrano finalizzati a prendersi gioco del lettore, visto come va a finire – non danneggia la vitalità della materia, al contrario la disciplina e la esalta, in un gioco letterario interessante. L’autrice è irlandese e questo è il suo esordio: la voce è forte, anche se a volte ha delle cadute in un infantilismo dovuto all’autoironia, che a tratti appare forzata, delle narrazioni in lingua inglese. Charlotte fa un inventario e anche un ritratto sensuale di tutti gli uomini con cui è stata, ma c’è un primo capitolo programmatico, intitolato “TU”, in cui la protagonista si rivolge all’uomo attuale, del presente narrativo, usando la seconda persona singolare, che richiama – anche nel tono – la serie televisiva “YOU” (Netflix), quella del serial killer che convince lo spettatore di essere dalla parte giusta, di essere l’eroe.
E’ molto più facile per un personaggio maschile cattivo portare il lettore o lo spettatore dalla propria parte, e Joe Goldberg, protagonista di “You”, non è certo l’unico serial killer della finzione capace di generare empatia o ammirazione (c’è riuscito perfino qualche killer nella realtà). Per una protagonista donna, si tratta di rientrare nella categoria di “Unlikable female character”, un’espressione usata dalla critica a partire dagli anni 2000 per indicare protagoniste che cercavano di muoversi al di fuori della simpatia del lettore, una simpatia che era preclusa, essendo loro portatrici di una carica di rabbia, aggressività, e sessualità destabilizzante. Bodies continua questo discorso: una impunita e godibile assenza di fragilità.