Proposta di legge Pd per limitare il part time involontario: “Non sia una trappola di sfruttamento per le lavoratrici”

  • Postato il 15 luglio 2025
  • Lavoro
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Il Partito democratico ha presentato alla Camera un nuovo disegno di legge per contrastare il part time involontario, fenomeno che colpisce 3 milioni di persone, prevalentemente donne, e le condanna a “stare in una condizione di lavoro povero e non poterne uscire”. Obiettivo limitare il lavoro nero e grigio e “ricostruire il diritto al tempo delle persone e in particolare delle donne, perché in questo Paese il 31,5% di donne lavorano lavorano in part time contro solo l’8% di uomini”, ha spiegato la segretaria Elly Schlein alla presentazione insieme alla prima firmataria della pdl, la senatrice Susanna Camusso, la capogruppo a Montecitorio, Chiara Braga, e la responsabile Lavoro della segreteria dem Maria Cecilia Guerra. “Siamo a mille giorni dal governo Meloni e ribadisco che non serve avere una donna premier se non si occupa ogni giorno di migliorare le condizioni di vita e di lavoro delle altre donne. Come è possibile accettare il 31% di donne part time? Quando tagli sanità pubblica, fondi alla disabilità e quando tagli il welfare, il lavoro di cura resta sulle famiglie e schiaccia le donne”.

La proposta, quindi, che si inserisce “in un quadro di azione complessiva che il Pd sta mettendo in atto”, dice Guerra facendo riferimento alle proposte su salario minimo legale, riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, congedo paritario. Nasce “dall’ascolto delle lavoratrici e dei lavoratori che molto spesso hanno paghe che non superano gli 8mila euro lordi l’anno” e punta in primis a introdurre norme innovative, che si possono applicare ad altre fattispecie contrattuali, per il potenziamento dei canali di uscita dalla precarietà, come la trasformazione in contratto standard in caso di abuso.

La proposta – ha aggiunto Braga – “vuole far sì che il part-time, a partire da quello involontario, non sia una trappola di sfruttamento e mortificazione del lavoro delle donne”. Nello specifico, spiega Camusso, si garantisce il tempo “di vita” da dedicare al lavoro di cura e ad altri impegni, limitando “la possibilità di ricorso al lavoro supplementare e a quello straordinario, così come la ricollocazione dell’orario di lavoro pattuito in orari diversi a discrezione del datore di lavoro”, eliminando le clausole elastiche. Si rende poi possibile passare dal part time al tempo pieno e viceversa, al mutare delle proprie condizioni esistenziali, si evita l’utilizzo dei contratti part time come canale di illegalità, oltre che di sfruttamento, proponendo che questo sia “punito come lo è l’occultamento di lavoro”, si valorizza la contrattazione collettiva e si garantisce che lavorare part time non incida negativamente sul requisito delle annualità di lavoro necessarie per ricevere la pensione“.

Il part-time, ha ricordato Camusso, nasceva come scelta del lavoratore che voleva per un periodo della sua vita conciliare lavoro e maternità, o lavoro e studio. “Invece ormai si è trasformato spesso in una scelta dell’azienda: ce ne sono alcune che hanno il 50% dei dipendenti part-time, con punte che toccano il 75%. Di fatto è diventato un’altra forma di lavoro povero, sottopagato e non più una scelta dei dipendenti. Che colpisce soprattutto le donne. Il nostro ddl non vuole stravolgere le norme in essere, ma vuole reintrodurre la possibilità di scelta delle lavoratrici e dei lavoratori. E vuole che il part-time rientri nella contrattazione collettiva, e non sia più una scelta delle singole aziende. La flessibilità del part-time non deve diventare sfruttamento: va ribadito il diritto al tempo, e quello del lavoro non può essere solo affidato alle necessità dell’azienda”.

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