Prodi afflitto per l’Ue: il padre dell’unanimità ora vuole rottamarla con un referendum

  • Postato il 1 luglio 2025
  • Di Panorama
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Dopo la svendita dell’Iri e l’eurotassa, ecco la nuova idea vincente di Romano Prodi: un referendum sull’Unione europea. Avanti miei Prodi: ci ha messo un po’ di anni, ma finalmente il professore è tornato ai livello di genio che tutti gli riconoscono: come quando faceva a pezzi a il patrimonio dello Stato, come quando saccheggiava le tasche degli italiani, ora vuole portare tutti i cittadini europei alle urne. Per votare contro il sistema decisionale Ue che prevede l’unanimità degli Stati membri. Cioè per votare contro le regole europee che lui ha contribuito a costruire e a difendere per quasi 30 anni. Non è fantastico? Sarebbe come se Dracula chiamasse il popolo alle urne per l’abrogazione dei vampiri. O come se Erode proponesse una consultazione per difendere i bambini da Telefono azzurro.

Per altro va detto che anche sul tempismo il professor Prodi non sbaglia un colpo. È evidente a tutti, infatti, che i referendum in questo periodo vanno fortissimo, come dimostrato anche dall’ultimo voto italiano. Per informazioni, citofonare Maurizio Landini. I cittadini, a quanto sembra, non vedono l’ora di essere chiamati alle urne su argomenti vicini alla loro vita quotidiana, tipo il meccanismo di voto dei provvedimenti da parte dell’Unione europea. Si racconta di alcuni bar sport della provincia dove da settimane infuria il dibattito: oltre alla sconfitta dell’Inter nella finale di Champions, il voto all’unanimità nell’Ue risulterebbe proprio l’argomento più gettonato. Ore e ore di discussione con divisioni nette: c’è il partito che propone l’introduzione del voto a maggioranza semplice, quello che suggerisce la maggioranza qualificata, e quello che propende per una partita a tresette. Questi ultimi, per altro, secondo l’ultimo sondaggio sarebbero i più numerosi. Insidiati però da quelli con la memoria lunga, che opterebbero volentieri per una seduta spiritica.

Eppure, nonostante tale entusiasmo manifestato nei bar e soprattutto nelle urne all’ultimo referendum, qualche dubbio sulla possibilità di vedere una corsa ai seggi per esprimersi sui meccanismi di voto delle istituzioni europee deve essere venuto persino a Romano Prodi. Il quale, però, essendo assai sagace, ha giocato d’anticipo elaborando la contromossa: il referendum sarà infatti, inevitabilmente, europeo. E dunque se quei pigri di italiani, figli di un dio latino e della brezza mediterranea, resteranno lontani dalle urne, saranno compensati da fiumi di elettori finlandesi, olandesi, lituani e polacchi che non vedono l’ora di pronunciarsi sui temi a loro così vicini. E il fatto che all’estero ricorrano al referendum assai meno che in Italia (negli ultimi 75 anni noi ne abbiamo realizzati 77 contro i dieci della Francia, i cinque della Spagna e i tre della Germania), non può certo preoccupare un genio come il professore. Che al massimo si affiderà ai portoghesi: loro, quando non c’è da pagare, si sa che entrano dappertutto…

Romano Prodi ha lanciato questa geniale idea del referendum europeo durante un dibattito a Torino con il direttore della Stampa. Un dibattito durante il quale ha avuto modo di notare, fra l’altro, che in sala «mancano i ragazzi» perché «i giovani sono euroscettici». Pensa un po’ che strano, eh? L’Europa ha distrutto il loro futuro e questi giovani non mostrano nemmeno un po’ di gratitudine. Comunque, ha continuato Prodi, il vero problema è che «l’Europa non decide più» perché «all’unanimità non si gestisce nemmeno un condominio». Illuminazione folgorante, si capisce. Peccato che il professore non l’abbia avuta prima. Per esempio nel 2004 quando da presidente della Commissione europea portò di colpo l’Europa da 15 a 25 Stati membri (ora diventati 27), mantenendo inalterato il meccanismo dell’unanimità che a 15 poteva ancora stare in piedi e a 25 divenne invece ingestibile. Chissà perché Prodi non propose di abolirlo allora. Forse perché era troppo impegnato a farsi bello con i fuochi d’artificio e le dirette tv. O forse perché non gli era ancora venuta quest’idea formidabile del referendum.

Per fortuna ora sì, ora gli è venuta. E dimostra che, nonostante i suoi 85 anni, il professore si conserva bene. Lo dimostra il resoconto dell’intero incontro a Torino: oltre al referendum contro l’unanimità del voto Ue, infatti, ha tirato fuori altre idee straordinarie, anche se un po’ meno originali. Ha detto per esempio che la spesa militare «è ovvio che debba aumentare» (ovvio, si capisce); che «il decreto sicurezza non sta né in cielo né in terra», che «il Parlamento non discute di nulla» e che la «democrazia arretra un passo alla volta» (di qui l’idea di farla avanzare con il referendum). E ne ha avuto un po’ per tutti. Per Donald Trump: «Cinico autoritario». Per Vladimir Putin: «Freddo ragionatore». Per Giorgia Meloni: «Tiene il piede in due staffe». E persino per la leader del suo partito Elly Schlein: sarebbe andato al pride di Budapest?, gli hanno chiesto. E lui: «Non so». Giuseppe Conte e Schlein troveranno un accordo? «Non so, non capisco». Poi ha aggiunto che «la sinistra si è sempre occupata di problemi astratti e non dei problemi concreti». Come a dire, Elly va a farfalle.

Mortadella contro MortadElly è sempre divertente, anche se non è una novità. Ma oggi la novità c’è: è che Prodi per portare la sinistra finalmente sui problemi concreti, per ricondurla con i piedi per terra, per mettere di nuovo al centro i problemi che interessano ai cittadini, ha tirato fuori dal cilindro questa idea geniale del referendum europeo. «Serve un leader riformista che ponga obiettivi chiari», ha concluso. Tranchant ma indiscutibile. Infatti non possiamo che essere totalmente d’accordo con lui: serve proprio un leader riformista che ponga obiettivi chiari. Molto chiari. Molto più chiari di un referendum europeo. Dunque a che serve Romano Prodi?

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Panorama

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