Processo Pelicot, i figli di Gisele contro il padre: “Sei il demonio”. L’ombra di abusi anche sulla figlia
- Postato il 20 novembre 2024
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Il processo per gli stupri di Mazan – ai danni di Gisèle Pelicot, una donna che per 10 anni è stata drogata dal marito e violentata in stato di incoscienza da decine di sconosciuti mentre il coniuge filmava – è “il processo della vigliaccheria“. La vittima, che ha chiesto un processo a porte aperte sostenendo che sono i 51 stupratori compreso il marito a doversi vergognare, ha preso la parola oggi per affermare che è ora che la società “cambi il suo sguardo” sullo stupro. “Per me – ha detto la donna – questo processo sarà il processo della vigliaccheria. È davvero ora che la società maschilista, patriarcale che banalizza la violenza, cambi”.
Il marito della donna, come riporta Repubblica, ha di nuovo smentito un presunto incesto nei confronti della figlia Caroline Daria che non porta il cognome del padre. La donna al ladre ha risposto: “Morirai nella menzogna! Solo e nella menzogna Dominique Pelicot!”. Contro l’uomo anche gli altri figli David e Florian che al principale imputato hanno detto: “Sei il Demonio” cercando di scagliarsi contro. Al momento gli investigatori non hanno raccolto elementi a sostegno dell’ipotesi dell’incesto o di potenziali abusi sui nipoti. Pelicot – che ha confessato gli stupri della moglie ridotta in stato di incoscienza – è però tuttora indagato dall’unità per i casi irrisolti di Nanterre. Al centro delle indagini c’è un omicidio e uno stupro avvenuto a Parigi nel 1991, che lui nega, e un tentato stupro a Seine-et-Marne nel 1999, che lui ammette dopo essere stato incastrato dal suo Dna.
L’uomo ha quindi “solo” confessato di aver drogato e fatto stuprare la moglie per quasi dieci anni, dal 2011 al 2020 e di aver contattato su internet almeno 50 uomini – di età compresa tra i 26 e i 74 anni – perché abusassero di lei che veniva drogata e usata “come una bambola di pezza“. Circa 200 gli stupri, alcuni dei quali ripresi dall’uomo perché filmarli, dice, “era parte del piacere”.
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