Processo Eternit bis, tra prescrizioni e assoluzioni ridotta a 9 anni e mezzo la pena a Stephan Schmidheiny
- Postato il 17 aprile 2025
- Giustizia
- Di Il Fatto Quotidiano
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Un altro capitolo giudiziario si aggiunge alla complessa vicenda Eternit. È stata ridotta a 9 anni e 6 mesi di carcere la condanna per Stephan Schmidheiny, l’imprenditore svizzero imputato, ritenuto dagli inquirenti responsabile delle tanti le morti per mesotelioma che hanno colpito nel corso del tempo, nella stragrande maggioranza di casi in maniera fatale, gli operai a contatto con l’amianto nelle fabbriche. La sentenza è stata pronunciata dalla Corte di assise di Appello di Torino, in primo grado a Schmidheiny erano stati inflitti 12 anni. Il procedimento riguardava le morti provocate, secondo la accusa, dall’amianto lavorato negli stabilimenti di Casale Monferrato della Eternit, il luogo maggiormente colpito dalla fibra killer che si annida nei polmoni e provoca il cancro anche a distanza di 20 anni,
La derubricazione – La Procura generale chiedeva una condanna per omicidio con dolo eventuale ma i giudici d’Appello, come i colleghi di primo grado, hanno riconosciuto l’imputato responsabile di omicidio colposo. Nelle fasi iniziali il processo riguardava la morte di 392 persone. In primo grado, nel 2023, Schmidheiny fu condannato per 147 casi e assolto da 46; altri 199 furono dichiarati prescritti. In appello l’imprenditore è stato assolto da ulteriori 29 perché “il fatto non sussiste”. La prescrizione è scattata per altri 29. Con la sentenza sono stati ridimensionati i risarcimenti alle parti civili, che in primo grado superavano i 100 milioni. Al Comune di Casale Monferrato sono stati assegnati 5 milioni di euro, alla presidenza del Consiglio dei ministri 500mila.
La difesa e l’accusa- “Per molti dei casi contestati la assoluzione è stata pronunciata perché il ‘fatto non sussiste’. Significa che la struttura costruita dall’accusa sta continuando a cedere. Sul resto ricorreremo in Cassazione” ha dichiarato l’avvocato Astolfo di Amato. “I trionfalismi non appartengono all’ufficio del pubblico ministero. C’è una sentenza, ci saranno le motivazioni, vedremo” commenta Lucia Musti, procuratore generale del Piemonte. Il magistrato ha ascoltato la lettura del dispositivo in aula accanto ai colleghi che hanno sostenuto l’accusa nelle varie fasi del procedimento: Gianfranco Colace, Sara Panelli, Mariagiovanna Compare. “Posso affermare – ha aggiunto Musti – che la procura di Vercelli, la procura di Torino e la Procura generale hanno lavorato molto bene, con scienza e coscienza”.
La parte civile – “Siamo rammaricati per la prescrizione di alcuni reati e stupiti per le assoluzioni: attendiamo di conoscere le motivazioni al riguardo. Ci auguriamo che la pena, già ridotta a 9 anni e 6 mesi, venga almeno confermata in Cassazione, per ridare dignità alle tante vittime dell’amianto, ai loro familiari, alle istituzioni, ai sindacati e alle associazioni, come Sicurezza e Lavoro e Afeva, che da anni lottano per avere giustizia” dichiara Massimiliano Quirico, direttore di Sicurezza e lavoro, comitato che compare fra le parti civili nel processo Eternit.
“Siamo comunque soddisfatti – aggiunge – per il fatto che l’impianto accusatorio ha tenuto: la responsabilità penale di Stephan Schmidheiny è stata riconosciuta. Auspichiamo che venga fissata quanto prima l’udienza in Corte di Cassazione: non vorremmo che intervenissero ulteriori prescrizioni e quindi un’altra riduzione di pena“.
L’ombra del primo processo prescritto – Un processo su cui è pesata dall’inizio l‘ombra della sentenza con cui la Cassazione, nel 2014, venne dichiarata prescritta l’accusa di disastro ambientale. Schmidheiny nel 2012 era stato condannato dal tribunale di Torino a 16 anni di carcere insieme al barone belga Louis de Cartier, anche lui imputato per disastro ambientale e omissione volontaria delle cautele antinfortunistiche negli stabilimenti della multinazionale dell’amianto. La condanna fu confermata in appello, nel giugno 2013, questa volta a 18 anni, ma solo per Schmidheiny poiché il barone morì poco prima.
Il nuovo fascicolo aperto dopo quel verdetto fu diviso nel 2016: l’inchiesta bis della procura di Torino quindi fu separata per competenza territoriale in quattro tronconi. In questo processo quindi sono state giudicate le responsabilità relative ai morti di Casale Monferrato: quelli di Rubiera e Bagnoli, in Emilia e Campania, dal 2016 sono diventate pertinenza delle autorità giudiziarie locali.
A Napoli in primo grado la Corte di assise di Napoli il 6 aprile dell’anno scorso aveva condannato Schmidheiny a 3 anni e 6 mesi per l’omicidio colposo di uno degli operai dello stabilimento Eternit di Bagnoli deceduto a causa di prolungata esposizione all’amianto. Condanna che era stata confermata in appello nel giugno del 2024.
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