Processo civile, Italia lenta
- Postato il 24 febbraio 2025
- Notizie
- Di Quotidiano del Sud
- 2 Visualizzazioni

Il Quotidiano del Sud
Processo civile, Italia lenta
I dati del Ministero, dell’Istat e della CEPEJ tracciano un quadro critico: l’Italia è lenta nel processo civile
La giustizia è un pilastro di ogni società democratica, assicurando un equilibrio tra i diritti dei cittadini e il rispetto delle leggi. Sin dall’antichità, il concetto di giustizia è stato cruciale; nell’antica Grecia, con il sistema delle polis e nell’antica Roma, attraverso leggi scritte come la “Lex duodecim tabularum”, la giustizia ha sempre regolato la vita pubblica. Con la nascita degli stati moderni, le istituzioni giuridiche si sono sviluppate parallelamente alle democrazie parlamentari.
Oggi, i sistemi giuridici variano notevolmente in tutto il mondo. In Europa, ad esempio, prevale il modello della “civil law”, adottato da Paesi come Francia, Germania e Italia, che si fonda su codici giuridici scritti e su un ruolo attivo del giudice. Al contrario, nel mondo anglosassone, il “common law” – applicato nel Regno Unito e negli Stati Uniti – si basa sulla giurisprudenza preesistente, con un maggiore peso degli avvocati nel processo decisionale. In Cina, invece, esiste un sistema giuridico misto che combina principi di diritto civile con quelli del socialismo giuridico. Queste differenze influenzano profondamente l’efficacia e la percezione della giustizia nei vari Paesi.
In Italia, il sistema giuridico è spesso al centro di dibattiti politici e sociali, segnato da lungaggini burocratiche, un sovraccarico di lavoro per i tribunali e la necessità di riforme strutturali. In particolare, la giustizia civile, che si occupa delle controversie tra privati, imprese e istituzioni, è caratterizzata da tempi processuali molto lunghi, con una durata media di oltre sette anni per una sentenza definitiva. Rispetto ad altri Paesi europei, come Germania e Francia, che hanno sistemi più snelli e digitalizzati, l’Italia fatica a gestire efficacemente i contenziosi. Questo rallentamento ha un impatto negativo sull’economia, ostacolando la crescita delle imprese e la fiducia degli investitori. Il confronto con i Paesi del “common law”, come Regno Unito e Stati Uniti, evidenzia invece una maggiore rapidità nelle risoluzioni grazie alla flessibilità del precedente giurisprudenziale.
LA LENTEZZA PROCESSUALE: UN PROBLEMA PERSISTENTE
Secondo i dati riportati nelle statistiche del Ministero della giustizia e dell’Istat, nel 2023 il tempo medio per una sentenza civile è stato di circa 2.655 giorni, ovvero oltre sette anni, mentre in ambito penale, processi complessi possono durare anche più di dieci anni. Inoltre, il numero di cause civili pendenti in Italia è tra i più alti d’Europa, con circa 3,2 milioni di procedimenti arretrati. Questi ritardi non solo violano il diritto dei cittadini a un processo equo e rapido, ma incidono negativamente sugli investimenti economici, scoraggiando l’afflusso di capitali esteri. L’Italia si colloca infatti al 27° posto nel ranking globale per efficienza del sistema giudiziario, dietro a Paesi come Germania, Francia e Spagna.
Negli ultimi anni, il legislatore ha cercato di correre ai ripari con riforme come la Cartabia, che mira ad accelerare i processi e ridurre i tempi di prescrizione, incentivando anche soluzioni alternative come la giustizia riparativa. Tuttavia, l’efficacia di queste misure è ancora oggetto di discussione, poiché il numero di processi civili definiti ogni anno risulta ancora insufficiente rispetto alle nuove cause che vengono avviate.
IL CONFRONTO INTERNAZIONALE DELLA GIUSTIZIA CIVILE ITALIANA
Dalla consultazione del rapporto CEPEJ del 2020, che prende in considerazione i dati del 2018, è confermato che l’Italia ha tempi processuali più lunghi rispetto ad altri Paesi europei, soprattutto in appello e in Cassazione. Tuttavia, lo stesso rapporto sottolinea che l’Italia ha un “clearance rate” elevato, ovvero una buona capacità di definire i procedimenti rispetto a quelli avviati annualmente. Uno studio di Intesa Sanpaolo del 2023, che confronta l’efficienza della giustizia civile in Italia con quella di altri Paesi dell’Unione europea, evidenzia come, nonostante le riforme recenti, l’Italia continui a mostrare performance inferiori rispetto a nazioni come Francia, Germania, Polonia e Spagna, sia in termini di durata dei processi che di produttività degli uffici giudiziari.
L’EMERGENZA DEL SOVRAFFOLLAMENTO CARCERARIO
Analizzando i dati sul sovraffollamento aggiornati del Garante per i detenuti, al 25 novembre 2024, secondo i dati pubblicati nel rapporto, il numero delle persone in carcere risulta di 62.410, su una capienza di 51.165 ma 46.771 posti effettivi. Cifre che portano l’indice nazionale di sovraffollamento al 133,44%. Al 2023, il tasso di affollamento è arrivato al 129%, con oltre 61.000 detenuti a fronte di una capienza regolamentare di circa 47.000 posti. Le strutture penitenziarie sono in molti casi in condizioni di degrado: risultano inagibili diverse camere di pernottamento e in alcuni casi intere sezioni detentive come la casa circondariale di Milano San Vittore, con un indice del 231,49%. Altra criticità un alto numero di suicidi tra i detenuti (84 nel 2023, il numero più alto degli ultimi anni). La carenza di personale penitenziario è altrettanto grave, con una mancanza di oltre 5.000 unità. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha più volte richiamato l’Italia a migliorare le condizioni di detenzione.
Le proposte per affrontare questo problema spaziano dall’ampliamento delle misure alternative alla detenzione, come l’affidamento ai servizi sociali e la detenzione domiciliare, fino alla costruzione di nuove carceri. Tuttavia, la carenza di fondi e le resistenze politiche rendono difficile la realizzazione di soluzioni concrete.