Privacy addio: X, Meta e TikTok ci seguono passo passo. Ecco come difendersi
- Postato il 21 agosto 2025
- Di Panorama
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L’illusione di “aver spento tutto” dura giusto il tempo di aprire l’app. Un recente studio di Surfshark ha svelato che i Big Social Media — in testa X, Meta e Pinterest — sono affamati della nostra posizione precisa. Non basta sapere in quale città ci troviamo: vogliono il punto esatto sulla mappa, fino al numero civico. In un’Italia dove, a gennaio 2025, 42,2 milioni di persone usavano i social — il 71,2% della popolazione — la questione non è marginale. Stiamo parlando di dati che, incrociati con altri, possono raccontare chi siamo, cosa facciamo, e persino cosa faremo dopo.
Perché la posizione è oro (e vale più di quanto pensi)
Il GPS, i segnali Bluetooth, l’indirizzo IP: ogni strumento è buono per localizzarti. Non è solo questione di mappe. I tuoi spostamenti raccontano dove vivi, dove lavori, a che ora rientri, se frequenti un ospedale, un luogo di culto o un comitato politico. Informazioni che — come spiega Donatas Budvytis, CTO di Surfshark — possono diventare profilazione, previsione del comportamento e persino discriminazione mirata. L’unica a dichiarare apertamente di usare la posizione precisa per il tracciamento è X, ma anche le altre giocano sul filo. Combinano coordinate, abitudini e dati raccolti da siti e app per creare un quadro dettagliato di te. E, se serve, lo vendono.
Anche con il GPS spento, sanno dove sei
Il colpo di scena? Spegnere la posizione precisa non ti salva. Alcune piattaforme, tra cui Meta, TikTok e Pinterest, riescono comunque a dedurre la tua posizione approssimativa grazie ai dati di rete o al tuo IP. Tradotto: puoi anche negare il permesso, ma loro continueranno a seguirti a distanza di pochi metri. È come pensare di scappare da una festa affollata e ritrovare il DJ che ti insegue con la playlist sotto casa.
Instagram Maps, la funzione che ha riacceso la polemica
Il dibattito sulla geolocalizzazione ha avuto un’impennata negli ultimi mesi anche a causa di Instagram Maps, la funzione che permette di cercare e visualizzare luoghi, attività e post geotaggati direttamente su una mappa interattiva. Meta la presenta come uno strumento utile per scoprire ristoranti, negozi e luoghi “di tendenza” vicino a noi. Ma i critici la definiscono una “vetrina di movimenti in tempo reale” che può trasformarsi in un rischio per la privacy e la sicurezza personale. La funzione, infatti, aggrega contenuti pubblici e li colloca su una mappa navigabile, rendendo possibile vedere chi ha postato cosa e da dove. Una manna per i brand, ma anche un’arma potenziale per chi volesse monitorare abitudini e spostamenti di una persona. Meta assicura che la posizione è visibile solo per i contenuti pubblici e non per i profili privati, ma l’ombra della sorveglianza digitale resta, alimentando la sensazione di essere “schedati” ogni volta che si scatta una foto fuori casa.
Cosa puoi fare per non regalare la tua posizione
Non esiste la protezione totale, ma qualche barriera si può alzare. Prima di tutto, entra nelle impostazioni del telefono e togli l’accesso alla geolocalizzazione a quelle app che non hanno alcun reale bisogno di sapere dove ti trovi, o impostalo solo mentre le usi. Evita, se puoi, l’opzione “Sempre”, che è un lasciapassare perenne. Disattivare la funzione di posizione precisa, lasciando visibile solo l’area approssimativa, riduce già molto l’invasività. Vale la pena dare un’occhiata anche alle impostazioni degli annunci e disattivare quelli basati sulla posizione, così non ti ritrovi la pubblicità del ristorante accanto all’ufficio appena uscito dal lavoro. Infine, se vuoi giocare d’anticipo, una connessione VPN può mascherare la tua posizione legata all’IP, mostrando alle app solo la città o il Paese del server da cui navighi. Non è un’armatura impenetrabile, ma è un cappotto abbastanza spesso da rendere la caccia molto più complicata.
Il problema non è solo dove sei. È che loro lo sanno sempre
La partita sulla privacy si gioca sul tempo. Ogni minuto lasci aperta una porta, qualcuno sta già raccogliendo dati. E più le Big App si arricchiscono di dettagli, più il tuo profilo diventa una miniera d’oro per inserzionisti, broker e piattaforme. Non è fantascienza, è business puro. In un mondo dove “disattivare” non significa “sparire”, la vera domanda non è perché ci tracciano, ma fino a che punto siamo disposti a farci trovare.