Preti pedofili – Petizione contro il vescovo di Bolzano Muser: “Si dimetta”. Ma lui: “Difendo il nostro impegno. Don Carli innocente”
- Postato il 11 settembre 2025
- Cronaca
- Di Il Fatto Quotidiano
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Sembra una frattura insanabile quella che si è creata tra la comunità cattolica e il vescovo di Bolzano Ivo Muser, “contestato” perché aveva nominato un sacerdote prescritto per violenza sessuale su minore a collaboratore pastorale in Alta Pusteria. Una storia di pedofilia quella di don Giorgio Carli, assolto in primo grado, condannato in secondo e prescritto in Cassazione, che ha imposto in sede civile alla diocesi un risarcimento di oltre 700mila euro alla vittima e alla sua famiglia.
Contattato dal FattoQuotidiano Muser, che ritiene il prete innocente, scrive: “Non farò nessun tentativo di autogiustificarmi. Non difendo ‘la mia sedia’. Difendo il nostro impegno a favore di una tematica difficile, sensibile e molto dolorosa. Probabilmente anche in futuro farò degli errori, ma sempre basandomi alla mia coscienza “. Lo scorso gennaio era stato pubblicato un corposo dossier indipendente su incarico della diocesi che aveva riportato alla luce 67 casi di pedofilia in 60 anni e che hanno coinvolto 24 sacerdoti.
La petizione
Ora anche se Muser ha revocato la nomina, non si è fermata la petizione online su Change.org con la quale vengono chieste le sue dimissioni. Sono oltre 15.500 le firme raccolte finora. “Don Giorgio Carli fu condannato in Cassazione nel 2009 al risarcimento di 700.000 € per aver stuprato una bambina di 9 anni. Il risarcimento fu pagato dalla diocesi di Bolzano. Da allora don Carli è sempre restato in servizio nella diocesi di Bolzano, senza alcun provvedimento limitativo del suo ufficio. Don Peter Gschnitzer nel 2008 patteggiò una pena per pedopornografia e da allora continua il suo ministero nella diocesi di Bolzano. Questi sacerdoti, nonostante le gravi accuse e condanne per gravi reati sessuali contro i minori, continuano a svolgere il loro ministero, protetti dalla Chiesa e mantenuti con l’8 x 1000, la parte del gettito IRPEF destinato alle confessioni religiose riconosciute dallo Stato si legge nella motivazione della petizione -. Chiediamo le dimissioni del vescovo di Bolzano, Ivo Muser, che ha deciso di mantenere in servizio tali ecclesiastici, nonostante le loro azioni inqualificabili e le condanne subite”.
I promotori della raccolta firme sono chiari: “La diocesi non può continuare a sostenere finanziariamente e moralmente individui che hanno commesso abusi sessuali sui minori, violando non solo le leggi dello Stato ma anche il codice morale che ogni religioso dovrebbe rispettare. Ogni membro del clero – prosegue il testo della petizione – dovrebbe essere un esempio di integrità e protezione per la comunità, non di abuso e negligenza. È imprescindibile che la Chiesa assuma una posizione chiara e netta contro l’abuso di minori e dimostri un vero impegno per la trasparenza e la giustizia. La fiducia dei fedeli e l’integrità dell’istituzione ecclesiastica sono a rischio. Le misure adottate devono essere severe e appropriate per prevenire e affrontare questi abomini”.
Le parole del vescovo al FattoQuotidiano
Contattato dal FattoQuotidiano Muser ha fornito alcuni dati rispetto all’indagine che era stata commissionata a uno studio legale di Monaco e ribadito quanto dichiarato anche nei giorni scorsi: “Ho fatto la nuova nomina di don Carli basandomi sui criteri elaborati da un gruppo di esperti. Sarebbe stata una nomina con chiare regole, anche condivise dai responsabili delle parrocchie competenti. Non sarebbe stata una nomina per un servizio pastorale, ma soprattutto per le celebrazioni. Era un ‘incarico monitorato’. Dal punto di vista della legge statale e del dritto canonico – sostiene l’alto prelato che nel dossier degli avvocati tedeschi veniva considerato tra coloro che non hanno agito, hanno ignorato o coperto gli abusi nel corso di 60 anni – don Carli non ha nessun divieto per poter svolgere un servizio pastorale. Però, ho sottovalutato la sensibilità di tante persone all’interno della Chiesa e all’interno della società. In questo vedo il mio errore. Per questo chiedo anche scusa. E per questo ho ritirato, anche confrontandomi con don Carli, con convinzione la sua nomina precisa e limitata. Sta facendo un anno sabbatico senza incarico”.
Muser chiede scusa, ma allo stesso crede all’innocenza del sacerdote e forse non conosce bene cosa significhi prescrizione quando dice: “Rispetto certamente la complessità del caso e le sentenze giuridiche (assoluzione, condanna, assoluzione per prescrizione). Personalmente sono però anche convinto dell’innocenza di don Carli. Ma tutto questo non ha senso, se manca la fiducia. Sono profondamente vicino a tutte le vittime della terribile piaga dell’abuso in tutte le sue forme distruttive. Mi auguro che il nostro impegno diocesano in questo campo così importante, travagliato e doloroso possa continuare”. Vale la pena di ricordare a chi legge e anche al vescovo che la sentenza di non luogo a procedere per prescrizione non è un’assoluzione e che i giudici sono obbligati a emettere un verdetto di assoluzione se non ci sono prove a carico dell’imputato. La prescrizione interviene quando ormai è passato troppo tempo dalla commissione del reato e lo Stato non lo persegue più. Ma dà la possibilità alle vittime di un reato di avere risarcimenti in sede civile così come è accaduto nella vicenda di don Carli.
Sulle dimissioni Muser scrive al FattoQuotidiano che non intende commentare: “No. Assolutamente no. Non farò nessun tentativo di autogiustificarmi. Non difendo ‘la mia sedia’. Difendo il nostro impegno a favore di una tematica difficile, sensibile e molto dolorosa. Probabilmente anche in futuro farò degli errori – ma sempre appoggiandomi alla mia coscienza”
Il primo dossier sugli abusi nella Chiesa italiana
Quando lo scorso gennaio la diocesi di Bolzano e Bressanone pubblicò un dossier indipendente curato da un studio di Monaco sui casi di sacerdoti pedofili che per anni, in alcuni casi decenni, hanno potuto indisturbati palpeggiare, spogliare, abusare di bambini, bambine o giovanissime donne, si poteva leggere delle omissioni e delle responsabilità dei quattro vescovi che ignorarono o coprirono gli abusi. E a Ivo Muser, attuale vescovo, si riconosceva sì uno “sforzo sincero volto a migliorare e possibilmente ottimizzare l’approccio nei confronti delle persone offese”, ma venivano comunque contestati ben otto casi. Tra cui la mancata rimozione appunto del prete prescritto.
Il rapporto sugli abusi nella Chiesa altoatesina aveva individuato 67 casi in 60 anni e Muser aveva poi dichiarato che avrebbe dovuto essere “più severo nell’imporre e prevenire”. La nomina di don Carli, anche se sotto monitoraggio, ha innescato la polemica e la protesta dei fedeli. Nel dossier si parlava di un “campo oscuro”, di “clemenza” nei confronti di preti non allontanati, spostati o sottoposti a inutili percorsi di riabilitazione, e di insabbiamenti fino al 2010. A richiesta del FattoQuotidiano, il vescovo ha fornito gli sviluppi e il destino dei 14 preti ancora in vita i cui casi di abusi erano stati analizzati dagli avvocati tedeschi. La risposta è stata la seguente: “Nove sacerdoti (tra di loro due sacerdoti religiosi) descritti nel dossier non svolgono più nessuna attività, in parte da anni. Abitano in diverse strutture (case di riposo, convento, appartamenti personali). Due sacerdoti stanno facendo una terapia da me imposta. Senza incarico pastorale. Un sacerdote sta facendo a partire da questi giorni un anno sabbatico senza incarico pastorale e si trova in un convento fuori diocesi (don Giorgio Carli, ndr). Per altri due sacerdoti il Vicario generale ha il compito di attuare i provvedimenti elaborati da un gruppo di esperti nelle prossime settimane. Tutti i “14 casi” sono stati confermati o riesaminati nei mesi scorsi, dopo il dossier che mi è stato consegnato lo scorso gennaio”.
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