Potenza, un anno per sbrigare una pratica. Il Tar condanna il Comune

  • Postato il 2 marzo 2025
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Potenza, un anno per sbrigare una pratica. Il Tar condanna il Comune

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Il Tar annulla un fascicolo del Comune e lo condanna a pagare le spese legali; L’uomo voleva aprire uno studio ma la risposta per il disbrigo della pratica è arrivata dopo un anno


POTENZA – Posso fare di quell’appartamento uno studio professionale, chiede un signore al Comune di Potenza? No, risponde il Comune. E per farlo ci mette quasi un anno.
Per questo motivo, il Tar della Basilicata ha annullato quella decisione del Municipio e ha anche condannato l’amministrazione a pagare le spese legali.
La vicenda – finora riassunta in estrema sintesi – va raccontata dettagliatamente, grazie a due documenti: una recente determina dirigenziale del Comune e una sentenza (meno recente – è la 624 del 2022 – ma solo ora venuta a galla) del Tribunale amministrativo della Basilicata.
La determina è un atto di liquidazione dei 3.042 euro spettanti all’uomo e derivanti dalla sentenza esecutiva della Sezione Prima del Tar lucano.

Il fatto prende le mosse quando l’uomo fa pervenire al Comune una richiesta denominata “Varianti-Altro: Ristrutturazione (Re1a). Cambio di destinazione d’uso da residenza a studio”. Un particolare “permesso di costruire” presentato il 7 ottobre 2020.
Il Municipio ha a sua volta richiesto, il 26 novembre 2020, alcune integrazioni documentali, tra cui la «dimostrazione dell’accesso garantito alle persone diversamente abili al piano secondo del proposto studio professionale odontoiatrico».
A quel punto il professionista prepara le carte e le fornisce agli uffici comunali il 28 dicembre 2020, prevedendo – si legge nella sentenza – «ben due alternative per il trasporto al piano delle persone disabili».

La risposta arriva dopo un lungo salto temporale, il 30 settembre 2021. Praticamente un anno dalla richiesta dell’uomo. Ed è una doccia fredda: «Divieto di prosecuzione attività».
Il cittadino è sicuro delle proprie ragioni e propone subito ricorso al Tar, mentre il Comune non si costituisce in giudizio.
Il Tar dà torto al Comune in poche righe, scrivendo: «E’ illegittimo l’operato dell’amministrazione comunale che, in presenza di una segnalazione certificata di inizio attività, adotti provvedimenti di sospensione dei lavori, diffida o inibitoria dopo che sia decorso il termine di trenta giorni, di natura perentoria, fissato dal quadro disciplinare di riferimento».

Il Municipio avrebbe dovuto rispondere alla Scia (la Segnalazione certificata di inizio attività) entro un mese, non dopo tutto il tempo effettivamente trascorso. Ogni altro aspetto della questione passa in secondo piano davanti a questo aspetto che rappresenterebbe, agli occhi dei cittadini, un motivo di sostanziale serenità: poter programmare le proprie attività in tempi ragionevoli, senza aver paura di una burocrazia che ingoia le pratiche senza più dare segnali di vita.

Per questi motivi il tribunale amministrativo regionale della Basilicata accoglie il ricorso e condanna il Comune di Potenza al rifondere le “spese di lite”, calcolate forfettariamente in 2.000 euro. Che oggi, con gli “accessori di legge”, sono diventati oltre 3.000.
Da rimarcare – ma en passant – che la sentenza del Tar è del 2022 ma il consiglio comunale ha riconosciuto la “legittimità del debito fuori bilancio” solo nella seduta dell’ultimo San Silvestro, il 31 dicembre 2024. E il pagamento è stato disposto quattro giorni fa.

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