Porto Kaleo, indagata la moglie dell’avvocato Grande Aracri

  • Postato il 20 novembre 2024
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Porto Kaleo, indagata la moglie dell’avvocato Grande Aracri

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Non dichiara che è convivente del fratello del boss di Cutro. Il villaggio turistico Porto Kaleo al centro degli interessi dei Grande Aracri


CUTRO – Falsità ideologica commessa da privati in atti pubblici e dichiarazioni mendaci: sono le accuse per l’avvocata Giuseppa Arabia, amministratrice del condomino “Villaggio Porto Kaleo” e moglie dell’avvocato Grande Aracri, fratello del boss ergastolano Nicolino. Nell’istanza di concessione demaniale marittima presentata al Comune di Cutro la professionista avrebbe dichiarato falsamente di non essere convivente del marito, coinvolto in diversi procedimenti che hanno colpito l’omonima consorteria ‘ndranghetista. L’avvocato Grande Aracri è stato, infatti, condannato, anche in Appello, nel processo Farma Business, per intestazioni fittizie con l’aggravante mafiosa. Inoltre, è imputato di associazione mafiosa in uno stralcio del processo Kyterion, in cui suo fratello Nicolino è stato condannato (in via definitiva) all’ergastolo. Per questo la Procura di Crotone ha fatto notificare un avviso di conclusione delle indagini alla donna. Accertamenti compiuti dai carabinieri della Stazione di Cutro.

MENTE IMPRENDITORIALE DEL CLAN

Secondo l’impianto accusatorio della Dda di Catanzaro, l’avvocato sarebbe il curatore degli affari apparentemente legali della super associazione mafiosa. Con particolare riferimento agli investimenti immobiliari della consorteria, anche al Nord, e al controllo dei villaggi turistici. Nel capo d’imputazione si menziona, tra l’altro, la società Camelia, da lui costituita e impiegata per acquistare all’asta terreni confinanti proprio con il villaggio turistico Porto Kaleo al fine di portare a termine una strategia ordita dal boss. Ma si fa riferimento anche al progetto per esercitare il controllo del clan sul villaggio Costa del Turchese della vicina Botricello e il resort Baia degli dei a Isola Capo Rizzuto. L’avvocato, in particolare, avrebbe svolto un ruolo nel «reimpiego e riciclaggio dei proventi della cosca». Almeno questa è la tesi della Dda, che ha esaminato le missive rinvenute nel suo studio legale, sottoposto a perquisizione durante il blitz del 28 giugno 2015.

INTERESSI DEL CLAN

Chissà se, proprio perché la vicenda Porto Kaleo occupa un ruolo chiave nelle strategie imprenditoriali della cosca, l’amministratrice del noto residence turistico avrebbe omesso di riferire, nell’istanza di concessione demaniale, di essere la convivente dell’avvocato Grande Aracri. Suo fratello, arrestato nel 2013 (e da allora non è mai più uscito dal carcere), dopo le denunce dell’imprenditore Giovanni Notarianni, oggi è testimone di giustizia sotto scorta, proprietario del limitrofo villaggio, anche questo denominato Porto Kaleo, vessato per un ventennio dalla cosca Mannolo e dal boss Grande Aracri, che fece irruzione nella struttura turistica munito di jammer, la famigerata scatola nera che si era legato alle spalle e inibiva le intercettazioni per reclamare un credito presunto di un milione e mezzo di euro a suo dire investito nella struttura. Il boss fu peraltro assolto dall’accusa di minacce in cui era stata derubricata l’originaria contestazione di tentata estorsione mafiosa.

SISTEMA ESTORSIVO

Ma da altri processi è emerso che il sistema impositivo di estorsioni era condiviso tra le cosche cutresi, come raccontano i pentiti. In particolare, il collaboratore di giustizia Salvatore Cortese ha svelato che il 50 per cento del racket sui villaggi andava a Grande Aracri. Mentre il terreno adiacente il villaggio Porto Kaleo venne acquisito dal cardiologo (sospeso) del Policlinico Gemelli Alfonso Sestito con denaro dei clan Mannolo e Grande Aracri. E giustificato con un bonifico di 400mila euro spedito da Hong Kong a favore della Camelia srl riconducibile al fratello del boss. Sestito, condannato anche in Appello per concorso esterno in associazione mafiosa.

ACCERTAMENTI IN PREFETTURA

Da quanto è stato possibile apprendere, l’omissione contestata all’avvocata Arabia ha acceso un faro in Prefettura di Crotone, anche se sono decenni che la nota professionista imparentata col capocrimine ergastolano amministra il residence turistico. Sarebbero in corso serrati accertamenti che, non è immediatamente da escludere, potrebbero portare a un’interdittiva antimafia.

LEGGI ANCHE: I soldi della ‘ndrangheta. Quel bonifico da Hong Kong verso Cutro – Il Quotidiano del Sud

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