Poor, storia vera e per nulla consolatoria di una brava ragazza irlandese

  • Postato il 13 dicembre 2025
  • Di Il Foglio
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Poor, storia vera e per nulla consolatoria di una brava ragazza irlandese

Proprio mentre si discuteva della famiglia del bosco, tra chi diceva che i bambini stanno bene con i genitori sempre e comunque e chi avanzava dei dubbi, è stato pubblicato anche in Italia il libro "Poor" di Katriona O’Sullivan (People editore) che il Guardian definisce un bestseller internazionale e “uno dei migliori libri sulla complessità della povertà”.

Il libro racconta la vita dell’autrice, irlandese nata da due genitori squattrinati e tossicodipendenti, che diventa mamma a 15 anni: Katriona O’Sullivan ha lasciato la scuola molto presto e si è ritrovata sola e senza una casa. Le possibilità che ce la facesse erano bassine. Invece oggi è un’apprezzata docente universitaria, ma l’aspetto interessante del libro è che non si tratta affatto di una storia di riscatto, di resilienza e di autodeterminazione. Poor non è il classico racconto motivazionale sul superamento della povertà. Non è la storia di Cenerentola, non c’è nessun principe che la salva e nessun consolatorio “questo dolore ti sarà utile”.

Poor ritrae un mondo vero, senza inutili orpelli, senza retorica, un mondo che esiste anche quando chi può permetterselo distoglie lo sguardo. E’ un libro onesto e inquietante che inizia con il padre di Katriona in ospedale, malato di cancro, e con il medico che gli consiglia di smettere. Sa, dice il dottore, se smettesse di fumare potrebbe anche sconfiggerlo. Il padre, Tony, annuisce. E una volta usciti, tira fuori una sigaretta.

La madre della protagonista è altrettanto spiazzante (uso un eufemismo, O’Sullivan è più esplicita). A sette anni Katriona O’Sullivan bambina confessa a sua madre, Tilly, che lo zio l’ha violentata, al che lei risponde senza scomporsi “sì... beh, ha violentato anche me”. Fine della conversazione.

Eppure, se amarsi è difficile anche odiarsi non è facile. O’Sullivan dice di voler bene comunque a sua madre e di giustificarla perché “semplicemente non sapeva come amarmi”. Pur essendo spesso costellato di momenti di rabbia, collera e frustrazione nei confronti dei genitori il libro concede loro molte attenuanti.

Ma soprattutto Poor è bello proprio perché è ruvido, spesso comico, ma contemporaneamente duro, non fa sconti, non indora la pillola. Racconta un mondo nel quale se nasci in una famiglia povera, consumata dalle dipendenze, la strada che ti si apre davanti è oscura e sbarrata da ostacoli più grandi di te. Non si tratta solo di povertà materiale.

Scrive O’Sullivan: essere povera “per me significava anche sentirmi senza valore. Era povertà mentale, povertà di stimoli, povertà di sicurezza e povertà di relazioni. Essere poveri controlla il modo in cui vedi te stesso, come puoi fidarti e parlare, come vedi il mondo e come sogni”.

O’Sullivan racconta che la sua vita non è cambiata perchè è stata brava, ma perchè il sistema l’ha sostenuta. In un società come questa l’individuo - dice l'autrice - ha un “ruolo marginale nelle decisioni della propria vita”.

Solo poche persone possono scegliere cosa fare di loro stesse, le altre sono inchiodate al loro destino, a meno che non subentri, come nel suo caso, la gentilezza di un insegnante, l’aiuto concreto e affettuoso degli assistenti sociali, un finanziamento per studiare al Trinity college. Tutte cose che “o non esistono più o sono sotto finanziate” dice O’Sullivan che mette la sua volontà e motivazione in fondo alla lista degli elementi che l’hanno salvata. Il mito che se solo ti impegni abbastanza puoi ottenere qualsiasi cosa, dice, è appunto un mito.

Poor non è solo la storia vera, commovente, divertente e incredibile di Katriona O’Sullivan, ma è anche il suo invito a prenderci cura del futuro dei bambini, tutti.

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Autore
Il Foglio

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