Ponti e geopolitica. La missione di Salvini in Giappone e Cina
- Postato il 2 luglio 2025
- Politica
- Di Formiche
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La prossima settimana Matteo Salvini, vicepresidente del Consiglio e ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, volerà in Asia. Prima in Giappone, poi in Cina. La missione, annunciata a inizio anno, era inizialmente programmata per maggio.
Salvini arriverà a Tokyo lunedì, dove rimarrà fino a martedì mattina per gli incontri istituzionali; poi si trasferirà a Osaka per partecipare all’Expo; infine, mercoledì visiterà il Ponte di Akashi, sullo stretto che porta lo stesso nome, il secondo ponte sospeso più lungo al mondo con i suoi 3.911 metri. L’opera è stata realizzata dall’impresa giapponese Ihi Corp, con cui il ministro è interessato ad avere contatti diretti, come rivelato dal Foglio, “tanto più adesso che il (suo) Ponte sullo Stretto [di Messina] è tornato d’attualità grazie all’espediente contabile che potrebbe permettere all’Italia di includere anche alcuni investimenti per le infrastrutture nel computo delle spese militari, così da raggiungere quel 5 per cento richiesto dalla Nato nel vertice dell’Aia”. Tanto che Salvini ha abbandonato i toni pacifisti e antimilitaristi e le critiche verso l’Unione europea e il piano di riarmo della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, dicendo: “Se fra le spese per la sicurezza inseriamo, per esempio, opere strategiche importanti per l’Italia, c’è un senso”.
Giovedì Salvini sarà a Pechino, venerdì a Shanghai. Sono le stesse città toccate da Giorgia Meloni, presidente del Consiglio, l’estate scorsa in occasione della visita ufficiale per rilanciare il partenariato strategico globale dopo la decisione italiana di non rinnovare il memorandum d’intesa sulla Belt and Road Initiative (la cosiddetta Via della Seta), siglato nel 2019. All’epoca presidente del Consiglio era Giuseppe Conte e Salvini era vicepresidente del Consiglio e ministro dell’Interno nel frankensteiniano governo gialloverde (Movimento 5 Stelle e Lega). La scorsa settimana, il 24 giugno, Salvini ha fatto visita all’ambasciatore cinese in Italia, Jia Guide, per preparare la missione – un incontro reso noto dalla diplomazia cinese ma taciuto sui social del sempre-connesso ministro. A differenza di quanto accaduto ieri, il giorno dell’annuncio della missione in Asia, per l’incontro con Tilman J. Fertitta, neoambasciatore statunitense in Italia.
Sono lontani i tempi di Salvini con il cartello “We stand with Hong Kong” davanti all’ambasciata cinese a Roma. Era il 2 luglio 2020, il giorno dopo l’entrata in vigore a Hong Kong della legge sulla sicurezza nazionale imposta da Pechino, e il leader della Lega chiedeva al governo italiano di alzare la voce con il regime di Xi Jinping. Poco più di un anno dopo, era il 3 settembre, si recava in visita all’ambasciata cinese per incontrare l’ambasciatore dell’epoca, Li Junhua (oggi vicesegretario generale delle Nazioni Unite con deleghe a economia e questioni sociali), per affrontare la crisi in Afghanistan dopo il ritiro delle truppe statunitensi e il ritorno al potere dei talebani. Lo scorso 4 giugno il ministro ha ricordato sui suoi social “la strage di Piazza Tienanmen” spiegando che “a 36 anni di distanza, il coraggio di chi si è alzato in piedi per chiedere pacificamente diritti e democrazia parla ancora al mondo. Viva la libertà. Sempre”. Ma nessun riferimento a espressioni come “regime comunista” “dittatura” precedentemente usate. Perché oggi la Cina sembra diventata un modello con le sue infrastrutture, come detto dallo stesso ministro a gennaio partecipando alla Festa di Primavera (il Capodanno lunare), il terzo ricevimento dell’ambasciata cinese a Roma a cui partecipava in qualità di ospite d’onore.