Ponte sullo Stretto, la Corte dei Conti fa il suo mestiere, questa è normale dialettica democratica
- Postato il 31 ottobre 2025
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Il Quotidiano del Sud
Ponte sullo Stretto, la Corte dei Conti fa il suo mestiere, questa è normale dialettica democratica

Il caso del progetto del Ponte sullo Stretto, la Corte dei Conti fa il suo mestiere, questa è normale dialettica democratica
Sembrava quasi un “gabinetto di guerra” col ministro degli Esteri Antonio Tajani costretto a collegarsi da Dakar dove ha aperto il Forum Imprenditoriale Italia-Senegal. Sembrava che il Consiglio dei ministri fosse fieramente intenzionato a dare battaglia contro la decisione della Corte dei Conti che ha bocciato la delibera Cipess sul Ponte sullo Stretto, sembrava che Salvini avrebbe scavalcato la decisione dei magistrati contabili (la legge glielo permetterebbe) per riuscire ad aprire i cantieri a novembre come promesso. Sembravano tante cose a partire dal grido del ministro dei Trasporti dell’altra sera: “Andremo avanti” e dal monito minaccioso della Premier, Giorgia Meloni, che trasformava la legge di riforma della Giustizia in una specie di avviso ai magistrati contabili.
Poi, ieri mattina, lo scenario è cambiato e non di poco. È bastato che i ministri si sedessero intorno a un tavolo con i tecnici e che qualcuno con la testa sulle spalle spiegasse loro quanto poteva essere pericoloso andare avanti con una delibera non bollinata dalla Corte dei Conti. Perché se il governo facesse un contratto con dei privati pendente il no della Corte, i rischi di esporsi ad eventuali cause di altri privati, sarebbero stati molto alti. Fino al punto di considerare responsabilità personali a carico dei pubblici decisori.
Risultato? In piazza Colonna, davanti a Palazzo Chigi e davanti alla classica selva di microfoni, è comparso un Salvini molto più malleabile e pacifico rispetto a quello dell’altra sera. Il ministro dei Trasporti ha detto in sostanza cinque cose.
- La maggioranza è compatta sulla decisione di portare avanti il Ponte sullo Stretto;
- Risponderemo punto per punto alle osservazioni della Corte dei Conti;
- Non intendiamo fomentare uno scontro tra poteri dello Stato;
- Se necessario torneremo in Consiglio dei ministri a parlarne
- I cantieri li apriremo a febbraio del 2026.
Ci voleva molto per articolare una saggia risposta come questa già mercoledì sera dopo il “no” della Corte dei Conti? C’è voluto, di sicuro, l’intervento di alcune personalità della maggioranza di governo. Il presidente del Veneto, Luca Zaia, governante di lungo corso e il capogruppo di Fdi alla Camera, Paolo Barelli, hanno fatto ragionamenti molto simili: sono cose che succedono, la Corte dei Conti approva migliaia di provvedimenti dei vari organi dello Stato e, ogni tanto, ne boccia qualcuno, non per questo va accusata di fare politica antigovernativa. Meglio rimboccarsi le maniche, armarsi di pazienza e preparare risposte adeguate alle questioni sollevate dai magistrati contabili.
Ma è probabile che, davanti alla levata di scudi meloniani contro la Corte, qualche invito alla calma sia arrivato anche dai massimi livelli della nostra democrazia, quelli che, a poche centinaia di metri da Palazzo Chigi, sono deputati alla salvaguardia e all’applicazione piena della Costituzione.
Insomma, quello che si è verificato nelle ultime 48 ore, è un normalissimo caso di dialettica democratica. Il governo vuol fare un ponte avveniristico tra Calabria e Sicilia e investire 13,5 miliardi? Si può essere favorevoli o contrari, ma è legittimo che ci provi.
Però, se lo fa, deve rispettare le regole della pubblica amministrazione e la Corte dei Conti serve proprio a quello. E lo fa, senza entrare nel merito, senza dire se il Ponte le piace o non le piace, ma controllando che conti, aspetti amministrativi, contratti e quant’altro, siano in ordine. La Corte dei Conti, insomma, non è né “pro ponte” né “no ponte”, fa un altro mestiere e per questo andrebbe rispettata. Tanto più che se, fra un paio di mesi, le risposte del governo saranno plausibile, arriverà il “bollino” della Corte e i cantieri potranno aprire.
Allora? Resta la sensazione che qualcuno, nel governo, approfitti del Ponte per fare altre battaglie, quelle che, l’altra sera, hanno visto un passaggio importante in Parlamento con l’approvazione della riforma nordiana della Giustizia, quelle che, nei prossimi mesi, attraverseranno il Paese in vista del referendum su questa legge e i suoi contenuti (separazione delle carriere dei magistrati e quant’altro).
Cosa c’entra il Ponte? Di per sé, poco. E hanno ragione Zaia e Barelli a riportare le cose sul terreno della normale dialettica democratica e istituzionale. Cosa c’entra la Calabria? A noi il Ponte interessa moltissimo (sia a chi è favorevole che a chi è contrario). Proprio per questo sarebbe bene che la Corte dei Conti potesse continuare a fare il suo mestiere. Se le risposte del governo convinceranno i magistrati contabili, il progetto del Ponte andrà avanti. Se no, si dovrà fermare e il Ministero dei Trasporti dovrà essere capace di cambiare tutto quanto necessario a convincere la magistratura contabile. E’ la democrazia, bellezza. Sono le istituzioni. Che in questo Paese vanno rispettate, anche quando creano qualche problema a chi deve decidere. Attaccarle o mortificarle sono cose degne del peggior trumpismo. I padri costituenti si rivolterebbero nelle loro tombe.
Il Quotidiano del Sud.
Ponte sullo Stretto, la Corte dei Conti fa il suo mestiere, questa è normale dialettica democratica