Ponte Morandi, il racconto dell’ex poliziotto-soccorritore: “Quella mattina sbagliai bivio, sennò sarei stato lì sopra”
- Postato il 14 agosto 2025
- Copertina
- Di Genova24
- 1 Visualizzazioni


Liguria. Siamo arrivati nella sua casa a Verzi, frazione di Loano, in un tranquillo pomeriggio d’agosto. Lì, in salotto, prima ancora di iniziare a registrare, lo sguardo è caduto su una foto appesa al muro: lui, Francesco Piliego, insieme ad altri soccorritori. Abbracciati. Sullo sfondo, quel che restava del ponte Morandi. Le emozioni sono iniziate lì. I brividi anche.
Ci siamo seduti, abbiamo acceso i microfoni. E Francesco ha iniziato a parlare. Lo ha fatto per la prima volta raccontando tutto: “In tanti mi hanno chiesto di parlarne in questi anni, ma non ho mai trovato la forza di farlo in questo modo. Fino ad oggi, qui”, ha esordito nel corso dell’episodio.
ASCOLTA IL RACCONTO INEDITO DI FRANCESCO PILIEGO NELLA TELEFONATA
Francesco Piliego è un ex agente della Polizia di Stato. Faceva parte della squadra cinofili della Questura di Genova. Il 14 agosto 2018 era in servizio. È stato tra i primi a intervenire sul luogo del crollo del viadotto. A sette anni da quella mattina, ha scelto La Telefonata, il podcast di IVG (clicca qui per ascoltare l’episodio completo), per raccontare cosa ha vissuto quel giorno. E cosa ha vissuto dopo.
Ricorda Francesco: “Quel giorno montavo di servizio a Bolzaneto, dovevo raggiungere altri colleghi all’aeroporto. Dovevamo passare sul ponte. Ma al bivio, per abitudine, ho sbagliato strada. Ho preso lo svincolo per Bolzaneto. Lì, dico sempre, è iniziata la mia seconda possibilità”.
Pochi minuti dopo, le prime segnalazioni alla radio: “Un ponte caduto”. Impossibile crederci.
“Eravamo solo in due, io e la mia collega Laura. Stavamo andando verso l’aeroporto. Le segnalazioni così, in quei periodo della stagione, a volte erano imprecise. Ma eravamo di strada, quindi abbiamo deciso di passare da via 30 Giugno. Venendo giù non si vede nulla, poi superi il sottopasso… e il ponte, che doveva essere lì, non c’era più. Silenzio totale. Il primo pensiero è stato: un terremoto”.

Francesco e Laura avevano con sé un cane da ricerca: Night Spirit, scomparso poche settimane fa: “Era l’unico cane presente in quel momento. Un’altra casualità. Un altro segno. Quando è salito sopra al mucchio di macerie e ha abbaiato, abbiamo capito che c’era qualcuno. Lì abbiamo trovato la mamma e la figlia”. Poi è ricominciato a piovere. Poi i tuoni, che facevano tremare il terreno. Poi la paura.
“Non c’è un manuale per affrontare una cosa così. L’addestramento, sì, quello aiuta. Ma il resto lo fa l’istinto. I cani erano gli unici a dare tutto senza sapere il rischio. Sentire l’abbaiare di Night ci ha spinto a continuare.”
Francesco racconta il caos delle prime ore. Le comunicazioni bloccate. Il fiume che saliva. L’organizzazione dei soccorsi che, a fatica, prendeva forma: “A un certo punto ci siamo seduti dietro al furgone. Eravamo fradici. Mi sono messo a piangere. Non per debolezza. Era solo che… ce l’avevo fatta. Senza sapere come”. E poi il momento che, forse più di tutti, resta inciso nella memoria: “Abbiamo attrezzato una zona per i soccorsi in un capannone. E lì, ci siamo abbracciati tutti. Anche con chi non conoscevamo. Come a dire: ce la faremo.”
Ma il racconto di Francesco non finisce il 14 agosto 2018. Anzi, è lì che comincia davvero.

Dopo alcuni mesi, Francesco comincia a sentire qualcosa che si rompe: “Non stavo più bene. Non riuscivo più a fare il mio lavoro con lo stesso spirito. Ero bravo, sì. Ma non avevo più quella voglia. Non capivo perché”. Così arriva il momento della scelta più difficile e inaspettata: lasciare la Polizia di Stato.
“Da un giorno all’altro ho deciso. Ero disoccupato. Senza stipendio. Senza divisa. Mi sono chiuso in casa. Avevo perso tutto”. Poi, un giorno, la svolta. Inattesa. Arriva da sua figlia.
“Non era solita venire da me. Mi suona il citofono. ‘Papi, tutto bene?’ Non me lo aveva mai detto. Aveva capito. Appena se n’è andata ho aperto Google. Ho scritto: psicologo Loano. Ho preso il telefono. E ho chiamato.” Da lì inizia un nuovo percorso. Duro. Ma vero.

“Quando andavo a fare le sedute mi camuffavo per non farmi riconoscere. Mi vergognavo. Avevo paura. Ma quello psicologo mi ha salvato la vita. Ho finito di pagare il finanziamento due mesi fa”.
Oggi Francesco gestisce un’attività che fornisce unità cinofile a enti pubblici e privati. Addestra cani da ricerca, sicurezza e supporto operativo. Ma non ha mai dimenticato chi era. E cosa ha vissuto.: “Sopravvivere a volte è più difficile che morire. Ti obbliga a guardarti dentro. A cambiare tutto. Ma mi reputo fortunato. Ho avuto una seconda possibilità”.
Nel podcast La Telefonata (clicca qui per sentire l’episodio completo), Francesco parla anche della salute mentale nelle forze dell’ordine, della difficoltà di chiedere aiuto, del burnout, della solitudine e del ruolo fondamentale degli affetti – sua figlia, un’amica, il cane.
“Chi indossa una divisa non deve vergognarsi di farsi aiutare. E anche chi non la indossa. Le persone che meno ti aspetti possono darti la forza di cui hai bisogno. A volte bastano due parole, un abbraccio”.
Un racconto crudo, vero, carico di umanità. Da ascoltare, per ricordare. Per comprendere. (Clicca qui per ascoltare l’episodio completo).