Ponte di Messina, perché i conti non tornano, cosa c’è da sapere dopo la bocciatura della Corte

  • Postato il 2 novembre 2025
  • Politica
  • Di Blitz
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La sentenza della Corte dei Conti che spiaggia il Ponte dei Desideri di Salvini è una mazzata sull’unico totem politico della Lega.

E questa cosa, su cui la Premier non aveva messo la faccia direttamente, diventa un’occasione per l’arguta e fulminea Meloni per cavalcare la tesi della riforma della giustizia che si avvierà a breve verso un referendum popolare.

Volete posti di lavoro, Volete farci lavorare? Se non ci riusciamo sapete di chi è la colpa. Un nemico, o un capro espiatorio, è sempre utile quando si governa.

Ma andiamo nel merito. Quale è la sintesi dei rilievi che pone la Corte, e che ritiene che non siano stati giustificati dalle controdeduzioni sulla delibera Cipess che dava il via libera ai lavori? Problematiche tecniche o geologiche? Su cui si accapigliano ormai da anni I no ponte e i pro ponte?

Gli errori giuridici del progetto del Ponte

Ponte di Messina, perché i conti non tornano, cosa c’è da sapere dopo la bocciatura della Corte
Ponte di Messina, perché i conti non tornano, cosa c’è da sapere dopo la bocciatura della Corte (foto Ansa-Blitzquotidiano)

No, le più sostanziali difformità rilevate sono di carattere economico e giuridico. Cioè la sfera precipua di competenza della Corte, come sa anche l’assessore del Comune di Valguarnera Caropepe.

La prima è l’indeterminatezza delle tabelle dei costi, per cui il calcolo effettivo dell’opera risulta ancora oscuro, al di là della cifra stabilita per legge di 13,5 miliardi.

La società Ponte sullo Stretto peraltro nelle giustificazioni prodotte dichiara che le tabelle non erano aggiornate e sono state fornite per errore. Cioè una delle opere più grandi della storia ha avuto una formulazione di computo metrico da asilo nido di periferia? Già solo per questo qualche testolina dovrebbe saltare.

La seconda è più nota a tutti gli addetti ai lavori. Quando una gara di appalto supera il 50% di aumento nei costi di realizzazione deve essere necessariamente rimessa a gara. Lo dicono chiaramente le normative europee, che l’Italia ha sottoscritto, e lo sanno tutti i costruttori italiani che ogni giorno si confrontano con il codice degli appalti italiano.

Solo Salvini non lo sa

Solo Salvini, e il suo ministero, sembrava ignorarle. Veramente non è proprio così, se no non avrebbe tentato qualche mese fa due emendamenti che tentavano di bypassare per questa opera, dichiarata strategica, queste norme, di fatto decidendo di pagare i costi di costruzione a piè di lista.

Ma perché non si aggiornano queste maledette tabelle chiederete voi? Lo ha dichiarato, candidamente, tempo fa proprio il presidente della società concessionaria Ciucci. Disse in conferenza stampa che se le tabelle dei costi fossero state aggiornate il banco, cioè lo stanziamento, sarebbe saltato.

Ed è comprensibile perché il calcolo dei costi era antecedente alla guerra in Ucraina, che hafatto schizzare in alto i due principali materiali di cui è fatto il ponte, il cemento e l’acciaio. Quindi se Salvini oggi si trova nelle pesti di fatto la colpa è di Putin, che sembra quasi la legge del contrappasso.

E perché non si fa una nuova gara europea vi chiederete? Perché chi glielo dice a De Gennaro, ex capo dei servizi e della polizia, a capo di Eurolink il soggetto individuato dalla vecchia gara, e soprattutto a Salini, che con Salvini si differenzia per una consonante, proprietario del maggior azionista cioè WeBuild?

Nella norma ministeriale che non è passata, in particolare per i rilievi del Quirinale, di cui sopra, c’era un articolo che spostava dagli organismi inquirenti tradizionali di vigilanza direttamente al Viminale i controlli giurisdizionali sull’opera.

Il Quirinale si oppose e la norma fu ritirata. A chi giovava quella norma? Anche il Quirinale e le norme europee sono cattivi come i magistrati? Per realizzare un’opera così strategica bisognava coinvolgere l’Europa sia in termini economici che istituzionali, ma la cosa rischiava di uscire dai nostri confini politici ed in questo siamo stati provinciali.

Bisognava volare alto, ma invece abbiamo gestito la cosa come la famosa polvere sotto il tappeto, con promesse e rinvii continui.

Un’ultima annotazione: qualunque amministratore pubblico locale si spaventa della Corte dei Conti perché teme il danno erariale che rischia di portargli via casa personale ed averi. Salvini invece non teme nulla, intanto non firma lui, ma anche se fosse non avrebbe i 13 miliardi dei contribuenti, da restituire. Molti debiti nessun debito dice il proverbio italico.

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Autore
Blitz

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