Pompei: riemergono tracce di vita dopo l’eruzione del 79 d.C.
- Postato il 6 agosto 2025
- Di Panorama
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Per secoli, la narrazione dominante su Pompei si è cristallizzata attorno all’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., all’istante tragico che pietrificò vite, case e speranze sotto una coltre di cenere. Ma cosa accadde dopo? Le nuove scoperte nell’Insula Meridionalis raccontano una storia diversa: quella di una città che, almeno in parte, provò a rinascere.
Il ritorno tra le rovine
I dati archeologici oggi confermano che alcuni sopravvissuti — forse coloro che non avevano i mezzi per ricominciare altrove — tornarono tra le macerie, adattando ciò che rimaneva per sopravvivere. A loro si unirono probabilmente nuovi arrivati, senza casa né risorse, che tentarono di vivere fra le rovine e scavare in cerca di oggetti di valore. La Pompei post-eruzione non era più una città: era un agglomerato improvvisato, fatto di scantinati, focolari ricavati tra i detriti e stanze adattate alla meglio nei piani superiori ancora accessibili.
Una comunità precaria ma viva
Nonostante la devastazione, la vita riprese. Gli archeologi hanno trovato resti di fuochi domestici, rudimentali impianti per la preparazione del cibo, utensili di uso quotidiano. La vegetazione tornò a crescere e la città — o meglio ciò che ne restava — si trasformò in un insediamento povero ma vitale, simile a un accampamento urbano, una sorta di “favela” ante litteram nel cuore dell’Impero romano.
Il tentativo fallito di rifondazione
Consapevole dell’importanza della zona, l’imperatore Tito inviò due ex consoli come curatores Campaniae restituendae, con l’obiettivo di rilanciare Pompei ed Ercolano. I due dovevano anche redistribuire i beni di chi era morto senza eredi, ma l’iniziativa non ebbe successo. Pompei non tornò mai a essere un centro urbano organizzato. Piuttosto, restò un luogo di marginalità, dove la sopravvivenza quotidiana prese il posto della vita cittadina.
L’abbandono definitivo e il silenzio della storia
Questo insediamento fragile e irregolare durò per secoli, fino a quando una nuova eruzione — quella cosiddetta di Pollena intorno al 472 d.C. — pose fine a ogni attività sul sito. Da allora, Pompei venne completamente abbandonata. Ma la memoria di questa seconda vita è stata a lungo ignorata: gli scavi moderni, spesso concentrati sui livelli del 79 d.C., hanno trascurato o cancellato le tracce della rioccupazione post-eruzione.
Una storia da riscrivere
«Oggi recuperiamo una parte rimossa della memoria», spiega Gabriel Zuchtriegel, direttore del Parco Archeologico di Pompei. «Fino a oggi si cercava il momento perfetto: gli affreschi intatti, le stanze congelate nel tempo. Ma ora emerge una Pompei diversa, più umana, più faticosa: quella della sopravvivenza». E aggiunge: «Noi archeologi siamo un po’ come psicologi della memoria: tiriamo fuori ciò che è stato rimosso o dimenticato, e questo ci invita a riflettere su ciò che la storia decide di lasciare nell’ombra».