Polisario, Iran e Algeria: il nuovo triangolo di instabilità che minaccia Sahara e sicurezza europea

  • Postato il 16 settembre 2025
  • Di Panorama
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Nel pieno della guerra tra Israele e Hamas, Teheran aveva agitato una minaccia apparentemente fantasiosa: la chiusura dello stretto di Gibilterra. All’epoca la dichiarazione era stata letta come mera propaganda, dato che l’Iran non dispone di alcuna presenza militare rilevante in quella zona. Oggi, però, quella minaccia assume contorni più concreti. La Foundation for Defense of Democracies (Fdd) richiama in un suo recente report, le rivelazioni pubblicate dal Washington Post, secondo cui combattenti del Polisario sarebbero stati addestrati in Siria da Hezbollah per sostenere il regime di Bashar al-Assad. Il legame fra il Polisario e Hezbollah non è nuovo. Già nel 2018 Rabat aveva rotto i rapporti con Teheran, accusandola di inviare missili al movimento saharawi attraverso la propria ambasciata ad Algeri e con la mediazione della milizia libanese. Nel 2022, fonti diplomatiche marocchine presso l’Onu denunciarono anche la consegna di droni iraniani. Secondo la Fdd, oggi l’arsenale del Polisario includerebbe non solo armi convenzionali ma anche tecnologie avanzate, come sistemi per simulare attacchi con velivoli senza pilota.

In questo scenario, l’Algeria è l’attore centrale. Da decenni Algeri sostiene il Polisario sotto ogni aspetto: finanziario, logistico e politico. Nei campi profughi di Tindouf, situati a ridosso della frontiera con il Marocco, la leadership del movimento separatista ha trovato rifugio e protezione. Ma la presenza di Tindouf non ha solo una valenza politica. Secondo Rabat, da quell’area sarebbero partiti i razzi che nel novembre 2024 hanno colpito un festival in ricordo della Marcia Verde, a pochi chilometri dal confine. Per le autorità marocchine si è trattato di una «provocazione diretta», resa più grave dal fatto che l’attacco sarebbe stato lanciato da suolo algerino. La posizione di Algeri va oltre il semplice sostegno a un movimento separatista. Attraverso il Polisario, l’Algeria persegue la propria rivalità storica con il Marocco e, allo stesso tempo, offre a Teheran e a Hezbollah un varco per penetrare nel Nord Africa. Una convergenza che moltiplica i rischi di instabilità, soprattutto in un’area già minacciata dalle organizzazioni jihadiste del Sahel. La parabola di Adnan Abu al Walid al Sahrawi – ex membro del Polisario divenuto leader dello Stato islamico nella regione, ucciso nel 2021 da forze francesi in Mali – è considerata un esempio emblematico di come i campi di Tindouf possano trasformarsi in un bacino di reclutamento jihadista. Accanto agli aspetti militari e geopolitici, la questione ha anche un risvolto umanitario drammatico. Nei campi di Tindouf vivono da decenni decine di migliaia di rifugiati saharawi, in condizioni precarie, con accesso limitato a risorse essenziali come acqua, sanità ed educazione. Diverse organizzazioni umanitarie hanno denunciato nel tempo opacità nella gestione degli aiuti internazionali, con accuse di deviazione di fondi e derrate alimentari a favore delle strutture militari del Polisario. In questo contesto, la popolazione civile resta intrappolata in una crisi cronica, mentre il movimento separatista e i suoi sponsor regionali sfruttano la causa saharawi come strumento politico e strategico. Secondo la Fdd, questo intreccio – tra sostegno iraniano, appoggio algerino e presenza jihadista – rappresenta una minaccia diretta per gli interessi occidentali. Da qui la richiesta a Washington di accelerare l’apertura del consolato promesso a Dakhla, come segnale tangibile del sostegno alla sovranità marocchina sul Sahara Occidentale, riconosciuta ufficialmente dagli Stati Uniti nel 2020 sotto la presidenza Trump. In parallelo, l’istituto suggerisce di inserire il Polisario nella lista delle organizzazioni terroristiche straniere, sulla base delle sue attività armate e dei legami con reti estremiste. Di fatto il Polisario non rappresenta più soltanto una questione di conflitto territoriale perché questo gruppo è una sorta di moltiplicatore di instabilità, alimentato dall’appoggio di Algeri e dall’influenza di Teheran. Per il Marocco, partner strategico degli Stati Uniti, questo si traduce in una costante minaccia e per l’intera regione in un fattore di fragilità crescente. Il quadro che emerge è quello di un triangolo di potere e interessi: l’Algeria come sponsor politico e militare, l’Iran come fornitore di armi e risorse, Hezbollah come centro di addestramento. Una combinazione che non solo complica ogni tentativo di soluzione politica della questione saharawi, ma trasforma il Sahara Occidentale in un fronte di instabilità che si riverbera sul Mediterraneo, sull’Africa occidentale e sulla sicurezza europea.

Autore
Panorama

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