Pnrr verso la scadenza, ma per la sanità è stato speso solo un terzo dei fondi. Cgil: “Il governo vuole favorire il privato”
- Postato il 16 settembre 2025
- Osservatorio Recovery
- Di Il Fatto Quotidiano
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A pochi mesi dalla scadenza del Pnrr, circa due terzi dei fondi stanziati per la sanità pubblica non sono stati spesi. Dei 15,6 miliardi di euro destinati alla missione Salute, il sesto capitolo del Piano nazionale di ripresa e resilienza, al 30 giugno 2025 ne sono stati utilizzati solo il 34,4%, ovvero 6,6 miliardi. A questo ritmo, ci vorranno almeno cinque anni per completare tutti i progetti. Un tempo enorme se si pensa che la scadenza fissata per il piano è per giugno 2026. Il ritardo colpisce soprattutto le voci del Piano che hanno a che fare con l’implementazione della medicina territoriale. Campo attraverso il quale si potrebbe riuscire a ridurre la pressione sui pronto soccorso, ormai allo stremo, e la cui messa a terra è stata individuata da tempo come elemento chiave per garantire il diritto alla salute a una popolazione anziana e affetta da cronicità come quella italiana.
L’ennesima denuncia dei ritardi – dopo quella rilevata da un’elaborazione di Ifel-Anci, basata sui dati diffusi da Italia Domani – arriva dalla Cgil. La Confederazione ha diffuso i risultati del suo monitoraggio indipendente, effettuato elaborando i dati del sistema ReGiS del Mef, aggiornati al 30 giugno 2025. Il report si concentra sull’attuazione degli investimenti della Missione 6 del Piano. “Solo un terzo dei progetti è stato completato. Una situazione vergognosa”, commenta la segretaria confederale della Cgil Daniela Barbaresi. Secondo il sindacato, la lentezza nell’attuare i progetti ha un chiaro obiettivo: favorire la sanità privata. “È l’ennesimo segnale evidente dell’interesse a incentivare il mercato privato della salute del governo Meloni – spiega Barbaresi -. Continua ad essere preoccupante e incerta la situazione della realizzazione delle Case della Comunità e degli Ospedali di Comunità, strutture strategiche per l’attuazione della riforma dell’assistenza territoriale“. Per quanto riguarda le Case della Comunità, è stato speso solo il 17% dei 2,8 miliardi di euro di finanziamenti. A marzo la percentuale era al 12,4%: “Di questo passo serviranno cinque anni per terminare le opere”. Solo il 3,5% dei progetti finanziati è stato completato. Quanto agli Ospedali di Comunità, a giugno 2025 solo il 3,3% dei progetti finanziati era stato completato – ovvero 14 strutture sulle 428 totali previste – con la spesa di appena il 15,1% dei fondi disponibili. In questo caso, servirà ancora più tempo: “Saranno necessari sei anni a terminare tutto”, sottolinea il sindacato.
Ma anche se ci fosse una inaspettata accelerazione e si riuscisse a completare per tempo i progetti di edilizia sanitaria, resterebbe poi da risolvere la questione della mancanza di personale. Con la carenza attuale, il rischio concreto è che le nuove strutture restino vuote e inutilizzabili: “Per il corretto funzionamento – ricorda Barbaresi – occorrerebbe assumere almeno 35mila unità tra infermieri, operatori sociosanitari, assistenti sociali e altre figure professionali, medici esclusi. Ma ad oggi non risulta nessuna interlocuzione tra ministri della Salute e dell’Economia a garanzia delle coperture economiche necessarie”. “Nella propaganda del governo e di alcune Regioni – prosegue Barbaresi -, l’attuazione del Pnrr andrebbe a gonfie vele, ma i numeri lo smentiscono clamorosamente. È forte il rischio che gli investimenti previsti nella Missione 6 vengano restituiti al mittente o riorientati verso altri obiettivi, magari a favore dell’industria bellica“, aggiunge la segretaria confederale della Cgil.
Dal potenziamento della medicina territoriale passa la capacità del Servizio sanitario nazionale di prendersi cura delle persone, di implementare la prevenzione e ridurre le lunghe liste d’attesa, visto che fino a questo momento le misure messe in pratica dal governo non sembrano aver dato i risultati sperati. Le Case e gli Ospedali di comunità possono contribuire ad alleggerire i pronto soccorso, prima frontiera della sanità pubblica, a evitare ricoveri inappropriati e garantire la continuità di presa in carico del paziente. “Occorre uno scatto straordinario per evitare il fallimento di un’occasione irripetibile – commenta ancora Barbaresi -. Chi rassicura, ma nella pratica boicotta la riforma della medicina territoriale, dimostra la volontà di privatizzare la risposta ai bisogni di salute, impoverendo stipendi e pensioni. Siamo all’ultima chiamata per essere smentiti”, conclude.
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