Pinocchio: il musical che insegna l’importanza di imparare
- Postato il 2 maggio 2025
- Di Panorama
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Nel villaggio di Collodi, in una stagione non ben definita tra fine inverno e inizio primavera, dove il freddo non ha del tutto abbandonato la vita dei suoi abitanti, ma dove gli alberi iniziano già a regalare i primi timidi germogli, si può scorgere una lieve luce provenire da una bottega. È la bottega di Mastro Geppetto, un luogo incantato, con all’interno qualcosa di magico, addirittura miracoloso, perché l’umile falegname riesce a trasformare il suo abile tocco, in un gesto d’amore, regalando la vita a un burattino.
Da qui nasce l’avventura di Pinocchio, e qui si apre il sipario dell’omonimo musical, scritto e diretto da Melina Pellicano.
Dopo gli strepitosi successi de Il principe Ranocchio e A Christmas Carol, la regista porta in scena insieme agli ormai consolidati compagni di viaggio Stefano Lori e Marco Caselle un altro musical coinvolgente, fedele al romanzo di Collodi, ponendo l’accento su aspetti particolarmente attuali.
«Siamo abituati a considerare Pinocchio come un bambino che deve essere educato, indirizzato, un bambino indisciplinato che deve diventare ubbidiente. Mi piaceva, però, l’idea di dare un valore all’imparare, all’importanza della cultura e della conoscenza come strumento da usare per poter scegliere senza essere manovrati, senza seguire ciecamente il primo che passa. Per non essere dei burattini», spiega Melina Pellicano.
Il musical, che debutterà a maggio a Milano, Roma e Genova per poi riprendere da gennaio 2026, mette in evidenza come Pinocchio sia la rappresentazione della vita pura e senza filtri. È caos, istinto, come l’infanzia che esplode di curiosità e voglia di scoprire il mondo; ecco perché, sul palco, a interpretare il burattino ci sarà un attore bambino: Pinocchio, come un bimbo, è la forza primordiale di chi nasce libero, senza regole, e impara presto a fare i conti con i limiti e le responsabilità che la vita mette davanti nel percorso di crescita.
«È la fiaba italiana per eccellenza, conosciuta in tutto il mondo. Valorizzarla e raccontarla in questo modo è una sfida bellissima. Qui c’è una rivisitazione più profonda che fa molto bene anche agli adulti: nello spettacolo la fiaba si intreccia e va parallelamente con la realtà, in una sorta di doppio registro» continua la regista. «Lo si vede nelle scenografie, nei costumi, nelle musiche. Io e i miei colleghi ci abbiamo tenuto molto a far uscire questa dualità, questo intrecciarsi continuo tra concretezza e mondo fiabesco: il pubblico entra in questo sogno, ma non è comunque mai disancorato dall’emozione della vita reale».
Tra i temi reali evidenziati, seppur con una concreta leggerezza, c’è il bullismo: quando Pinocchio progredisce e inizia ad amare la scuola, i suoi compagni gli dicono di non comportarsi così, perché quelli bravi come lui, fanno scomparire quelli come loro. In questo bellissimo passaggio dello spettacolo, rivediamo quello che succede oggi soprattutto nelle giovani generazioni e serve da stimolo a dimostrare, invece, la propria personalità.
Da semplice fiaba, a insieme di significati profondi e necessariamente condivisibili, Un bagaglio che ci aiuta a esternare la propria individualità. Liberi dai fili, proprio come Pinocchio.
Non è un caso che tutto nasca da un semplice pezzo di legno, materia viva, grezza, radicata nella terra. Il legno è un richiamo alla natura, a una spinta vitale che vuole diventare qualcosa – o meglio qualcuno – di nuovo. Pinocchio è tutto questo, un viaggio, tra errori, cadute e momenti di scoperta.
Quel pezzo di legno, che non capitò a caso nelle mani di un uomo buono, capace di regalare non solo la vita a un semplice burattino, ma grazie proprio a quel burattino, di incantare il mondo intero con un inno alla libertà e alla sua travolgente energia.