Pillole di salute: fitness tracking e smartwatch aiutano veramente a dimagrire?
- Postato il 9 maggio 2025
- Lifestyle
- Di Blitz
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Negli ultimi anni, i dispositivi indossabili come fitness tracker, smartwatch e braccialetti smart sono diventati compagni inseparabili per chi vuole migliorare la propria salute. Promettono di motivare, monitorare e persino guidare l’utente verso uno stile di vita più attivo. Ma funzionano davvero per dimagrire? Oppure è un’illusione tecnologica?
Il boom degli indossabili: motivazione o moda?
Dalle passeggiate ai circuiti HIIT, fino al sonno e al battito cardiaco, gli orologi intelligenti promettono di tracciare ogni dettaglio della nostra giornata. Il concetto è semplice: monitorare = consapevolezza = cambiamento. Ma la realtà è un po’ più sfumata.
Uno studio pubblicato sul Journal of the American Medical Association (JAMA) ha monitorato per due anni 470 adulti sovrappeso che cercavano di perdere peso. Metà di loro ha ricevuto un fitness tracker, mentre l’altra metà ha seguito un programma tradizionale di dieta ed esercizio. Risultato? Chi usava il tracker ha perso in media meno peso rispetto al gruppo senza dispositivo. La differenza era significativa: circa 2,4 kg in meno rispetto al gruppo tradizionale.
Lo studio suggerisce che, per alcune persone, affidarsi troppo alla tecnologia può ridurre l’ascolto del proprio corpo e diminuire la motivazione intrinseca.
Contano i passi… ma conta anche il contesto
Un altro studio, questa volta dell’Università di Stanford, ha valutato sette dei fitness tracker più diffusi. Buone notizie: la misurazione del battito cardiaco è risultata abbastanza precisa. Meno incoraggianti i dati sulle calorie bruciate: la stima era spesso imprecisa, con errori anche superiori al 20-30%.
Tradotto: il numero che leggi sul display non è la verità assoluta. Può motivarti, certo, ma non sostituisce un approccio personalizzato, fatto di dieta equilibrata, attività fisica strutturata e – soprattutto – costanza.
La verità sta nel mezzo
Quindi sono da buttare questi braccialetti tecnologici? Assolutamente no. Gli studi mostrano che, se usati con intelligenza, possono aiutare. Ma non fanno miracoli da soli.
I dispositivi funzionano meglio quando:
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Sono abbinati a un obiettivo chiaro e realistico, come fare 30 minuti di camminata al giorno.
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Vengono usati come stimolo, non come giudice.
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Si integrano in un programma più ampio di cambiamento delle abitudini.
Psicologia del tracking: tra motivazione e ossessione
C’è poi un altro lato della medaglia: per alcune persone, monitorare ogni passo può diventare controproducente. C’è chi si scoraggia se non raggiunge l’obiettivo giornaliero, chi si stressa o si sente “in colpa” per i giorni di inattività. In alcuni casi, può persino innescare un rapporto disordinato con il cibo o l’esercizio, specie nei più giovani o nei soggetti predisposti a comportamenti ossessivi.
Consiglio del giorno: Prova a usare il tuo smartwatch come promemoria di movimento, non come bilancia morale. Imposta piccoli obiettivi settimanali (camminare ogni giorno 20 minuti, salire le scale, fare stretching dopo cena) e festeggia i progressi, anche se minimi. La costanza pesa più del display.
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