Picco dell’influenza in anticipo? “Un motivo in più per vaccinarsi”. E i dati della campagna sono in crescita

  • Postato il 1 dicembre 2025
  • Cronaca
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Il picco dell’influenza quest’anno potrebbe arrivare in anticipo rispetto a quanto previsto inizialmente, in linea con quanto già avvenuto in Oriente, in special modo in Giappone. Se di solito l’apice dei contagi si registra a cavallo tra la fine dell’anno e l’inizio di quello nuovo, gli ultimi segnali epidemiologici raccolti dagli esperti fanno pensare che il culmine possa essere raggiunto proprio nella settimana delle feste natalizie. “Un motivo buono in più per vaccinarsi”, spiega a ilfattoquotidiano.it Enrico Di Rosa, Presidente della Società Italiana d’Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica (SItI). La speranza del presidente è che i primi dati sull’andamento della campagna vaccinale possano essere confermati nelle prossime settimane, se non addirittura migliorati: “Sembra stia procedendo bene – spiega – soprattutto in alcune Regioni, come Veneto e Lombardia”. Rispetto al passato, quest’anno le somministrazioni sono cominciate prima (in Campania, Lazio, Lombardia, Sicilia, Toscana e Veneto, fin dal primo ottobre) e questo sta avendo un buon impatto sulla campagna. “In generale possiamo dire che, rispetto all’anno scorso, sembra esserci una partecipazione maggiore da parte dei cittadini”, commenta Di Rosa.

I primi ad aver ricevuto l’inoculazione sono stati i soggetti più fragili: le donne in gravidanza, i bambini e i ragazzi tra i 6 mesi e i 17 anni (anche grazie alla somministrazione con spray nasale), gli over 60 e tutti quei lavoratori per i quali il vaccino è consigliato. “L’obiettivo è migliorare la copertura rispetto al passato – spiega Di Rosa -. La vaccinazione è il modo più efficace per prevenire l’influenza e le sue complicanze, nonché per proteggere le persone più fragili, gli anziani e chi convive con patologie croniche. Estendere la copertura vaccinale è un’azione chiave per rafforzare la protezione dei soggetti più a rischio, diminuire gli eventi clinici gravi e i ricoveri. E, di conseguenza, alleviare l’onere in termini di risorse e costi per i servizi sanitari”. Soprattutto in vista delle festività, durante le quali gli studi dei medici di famiglia sono chiusi e le ferie del personale ospedaliero possono mettere ulteriormente sotto pressione i pronto soccorso, già in crisi per la mancanza di organico e di filtro sul territorio.

I dati della scorsa stagione vaccinale (2024-25) sono piuttosto deludenti. Il trend di diminuzione tra gli over 65, registrato a partire dal 2020, non è stato invertito: la copertura si è fermata al 52,5% (-2% rispetto all’anno precedente), mentre l’obiettivo è del 75%. Calo non compensato dal leggero aumento (appena lo 0,7%) registrato nella popolazione generale, la cui copertura si è fermata al 19,6%. Oltretutto, spiega il presidente della SItI, non c’è omogeneità territoriale: alcune Regioni, come la Campania e la Provincia autonoma di Trento, hanno migliorato nettamente la performance, mentre altre hanno registrato cali sensibili. Soprattutto al Sud, dove storicamente le campagne hanno meno successo.

Nel corso degli anni si sono consolidate delle best practices, per favorire la vaccinazione. Un esempio di successo è la strategia di chiamata attiva degli anziani, che ha consentito al Veneto di raggiungere le coperture più elevate in questa fascia di popolazione. O la vaccinazione in farmacia, che in Lombardia e Liguria ha dimostrato di essere efficace. “La differenza in ogni caso la dobbiamo fare da ora a fine gennaio, lavorando per cercare di convincere chi ha ancora dubbi – prosegue Di Rosa -. Prima ci si vaccina, meglio è, anche perché ci vogliono un paio di settimane per ottenere una protezione piena. Ma è importante far passare il messaggio che si è ancora in tempo per farlo. Auspicabilmente entro la fine dell’anno, ma anche dopo”.

Anche quest’anno, inoltre, è prevista su richiesta la co-somministrazione del vaccino antinfluenzale con quello contro il Sars-Cov-2. “Il numero di vaccinati contro il Covid è molto basso, in linea con quanto successo lo scorso anno – commenta Di Rosa -. Qui dovremmo fare un grosso sforzo di comunicazione, concentrandoci su chi ne ha maggior bisogno. Ovvero gli anziani over 75 e tutte le persone che hanno concomitanti condizioni di patologia, non solo respiratoria”. I motivi di questa scarsa adesione sono diversi per Di Rosa: “Un po’ influisce la voglia di superare e dimenticare il Covid come problema sanitario, comprensibile sotto tanti aspetti, ma che comunque è un errore. Poi c’è il fatto che questo vaccino è ancora disponibile esclusivamente in fiale multidose, a differenza di quello antinfluenzale che è monodose. Il che fa sì che il suo utilizzo sia obiettivamente più problematico dal punto di vista organizzativo”. In ogni caso, conclude Di Rosa, non ci deve essere allarmismo: “Il Covid non è certo quello che era all’inizio dell’emergenza – spiega -. Ha delle caratteristiche di virulenza e patogenesi certamente differenti ed è meno impattante. Ma nonostante questo il vaccino resta ancora una protezione fondamentale per i soggetti a rischio”.

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