Picchiati dalla polizia locale, le vittime confermano e indicano gli autori. Uno di loro racconta: “Mi hanno restituito solo metà dei soldi sequestrati”

  • Postato il 7 luglio 2025
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Genova. Hanno confermato gli abusi, cioè le botte, gli insulti e le falsità scritte nei verbali e hanno riconosciuto gli autori, i tre cittadini stranieri sentiti oggi in incidente probatorio davanti al gip Andrea Morando nell’ambito dell’inchiesta della squadra mobile di Genova coordinata dalla pm Sabrina Monteverde, che vede indagati 15 agenti della polizia locale. Esami lunghi e dettagliati in cui alle tre presunte vittime sono stati mostrati anche album fotografici degli indagati e foto dei luoghi dove sarebbero stati commessi i reati..

I riconoscimenti fotografici: “Lui mi ha picchiato con un pugno, l’altro con il manganello”

S.T., 31 anni, fermato da una pattuglia della locale il 13 febbraio 2024 è stato estremamente preciso nel raccontare chi gli ha fatto cosa: “Il numero 10 mi ha picchiato con un pugno, il numero 13 con il manganello”. Ha descritto lo sfollagente (9 in tutto quelli sequestrati negli armadietti): “Era di quelli che basta schiacciare e si allunga”. E ha nel contempo indicato con precisione anche chi non si è reso responsabile di abusi: “Il numero 15 guidava l’auto e non mi ha fatto nulla, il numero 11 mi ha restituito il cellulare rotto, ma non è stato lui a romperlo, non so chi è stato”.

A S.T., inizialmente confuso con un minorenne nella testimonianza in procura di una delle due agenti da cui è partita l’inchiesta, è stato mostrato anche il video girato proprio dalla poliziotta, in cui lo si vede urlare dopo il pestaggio mentre lo portano in ospedale: “Ero piegato in due dal dolore, dicevo che stavo male e che non capivo perché mi trattassero in quel modo”.

In un frame si vede S.T. con un agente della locale che gli “sussurra” qualcosa all’orecchio: “Mi insultava” dice (la foto è la quella estrapolata dalla Chat ‘Quei bravi ragazzi’ dove i vigili indagati si vantano dei sussurri, intesi come provocazioni o insulti). “Lui invece – ha spiegato alla pm Sabrina Monteverde indicando la foto di uno degli indagati – è quello che mi diceva di camminare bene mentre mi accompagnavano in ospedale e di non dire bugie, ma io avevo male alla pancia e ai testicoli”.

“Ho chiesto un’ambulanza ma mi hanno risposto ‘Decidiamo noi”

A M.M., egiziano di 36 anni, il 28 febbraio di quest’anno lo hanno preso appena sceso da un autobus, convinti fosse l’autore del furto del telefono di una degli indagati che stava effettuando un servizio antiborseggio sul bus (reato da cui è stato assolto così come è stato assolto dalla resistenza cui cui secondo l’accusa avrebbero giustificato le botte). “Mi hanno fatto salire in macchina e i due che erano a fianco a me mi davano dei colpi in testa. E lo stesso hanno fatto nel comando in piazza Ortiz, non appena superata la zona con le telecamere”.

L’uomo ha anche raccontato che al momento del fermo: “mi hanno preso il cellulare, un accendino d’argento e i soldi, erano tra i 200 e i 300 euro”. Ma dopo l’udienza in direttissima quando le sue cose gli sono state restituite: “L’accendino non c’era e i soldi erano circa la metà”.

“Già quando mi hanno messo in macchina avevo il naso che sanguinava. Ho chiesto se potevano portarmi in ospedale e loro mi hanno risposto ‘Decidiamo noi, non tu’. Quando mi hanno arrestato ho chiesto qualcosa da mangiare ma loro non me lo hanno portato dicevano ‘Qui comandiamo noi’.

Nel verbale gli agenti della locale hanno scritto che il 36enne aveva compiuto atti di autolesionismo una volta arrivato al comando dando testate contro un muro ma lui questa mattina ha fermamente smentito: “Non è vero, quando sono arrivato non stavo quasi più in piedi perché mi avevano picchiato”. All’ospedale M.M. ci andrà solo 4 giorni dopo l’udienza, il 5 marzo.

“In ospedale ho detto che mi hanno picchiato gli agenti ma non l’hanno scritto”

Nel referto dell’Evangelico di Voltri gli viene riscontrata una frattura nasale multipla e un trauma lombare “riferibile a un evento traumatico di qualche giorno prima a carico di ignoti” scrivono i medici, ma lui spiega: “io ho detto chiaramente che erano stati i poliziotti a picchiarmi, non so perché non lo hanno scritto”. Nel periodo trascorso tra l’udienza del 1 marzo e l’accesso al pronto soccorso del 5 M.M. conferma alla pm di “non aver partecipato a risse o subito altre aggressioni: “Stavo male, non riuscivo a respirare bene e prendevo delle cose per dormire”. Per questo poi si è recato in ospedale.

Il primo ad essere sentito è stato un uomo di nazionalità sudamericana, R.F. 45 anni. A differenza degli altri due testimoni il 45enne, assistito dall’avvocata Vittoria Garbarini, è una persona fragile soprattutto se posto in situazioni di stress tanto che gli avvocati degli indagati hanno provato a chiedere una perizia psichiatrica sulla sua capacità di testimoniare in un processo. Il giudice Morando ha però rigettato l’istanza. R.F. ha raccontato che la notte di Capodanno 2024 stava ballando in piazza. A un certo punto ha trovato in terra un telefono e che quando è arrivata una ragazza dicendogli che era suo glielo ha restituito. Poi sono arrivati gli agenti della locale che lo hanno fatto inginocchiare e picchiato con un manganello. E nel verbale hanno scritto, che ha compiuto atti autolesionistici: “Non è vero, mi hanno picchiato” ha detto oggi, anche se – a differenza degli altri due testimoni- ha avuto qualche difficoltà a identificare gli autori.

I riscontri nel suo racconto sarebbero tuttavia ancora una volta nella chat degli agenti dove viene postata la foto dell’uomo e gli agenti commentano: “Primi cioccolatini dell’anno dispensati” scrive uno. E un altro, che non aveva partecipato al fermo, domanda: ”Chi è il dottore?”“Ha gradito da più dottori”, “Ne ha mangiati tanti gusti a sto giro, era ghiotto e affamato” rispondono. “A de Ferrari è un po’ su di giri, ha voluto fare un brindisi con noi”, “Ha brindato rompendo il bicchiere in testa“.

Autore
Genova24

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