Piazza della Loggia – Dalla mancata costituzione dello Stato ai ritardi per la carenza dei giudici: gli “ostacoli” al processo sulla strage di Brescia
- Postato il 14 luglio 2025
- Giustizia
- Di Il Fatto Quotidiano
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Non è il primo ostacolo che il processo a Roberto Zorzi – il neofascista veronese accusato insieme a Marco Toffaloni della strage di piazza della Loggia a Brescia – incontra nel suo andamento. Il trasferimento del presidente della Corte d’assise, Roberto Spanò, che mette a rischio dibattimento è solo l’ultimo episodio di un iter tortuoso. Il primo caso era scoppiato nel marzo del 2023 per la mancata costituzione di parte civile dello Stato quanto era iniziata a Brescia l’udienza preliminare a carico di Zorzi. Il giudice per l’udienza preliminare aveva escluso la presidenza del Consiglio per il ritardo con cui era stata depositata la memoria. Solo dopo il ricorso in Cassazione, nell’autunno successivo, lo Stato era stato accolto tra le parti civili, causando un ritardo di almeno sei mesi.
L’inizio con rinvio – Il 29 febbraio 2024 era iniziato davanti alla Corte d’assise di Brescia il processo per la strage del 28 maggio 1974 (otto morti e 102 feriti). L’udienza era iniziata con il giuramento dei giudici popolari che si erano insediati, ma era stato immediatamente deciso un rinvio di quattro mesi. “Non siamo in grado di formare un collegio dedicato per affrontare questo processo per congestionamento delle udienze. Non possiamo fare un calendario” aveva dichiarato Spanó che nelle settimane precedenti aveva chiesto al presidente del tribunale di Brescia di poter avere nuovi giudici per la prima sezione che presiede promettendo che “con l’impegno, se arriveranno le risorse, di svolgere tre udienze al mese e chiudere il dibattimento entro nove mesi. La durata del processo dipenderà dalle risorse che ci verranno date. Attendiamo di capire cosa succede e vediamo. Le risorse dovranno essere effettive e non sulla carta. Ho avuto forti rassicurazioni dal presidente del tribunale”.
Gli appelli – Il 2 e il 13 maggio 2024 era state avanzate sollecitazioni al Csm perché a Brescia arrivassero le toghe per un processo delicato e importante. Il 4 giugno l’appello era stato rivolto direttamente al ministro della Giustizia Carlo Nordio: “I processi per la strage sono molto complessi e richiedono uno sforzo eccezionale, che verosimilmente impegneranno in via esclusiva i rispettivi collegi giudicanti per almeno un anno. Per poter garantire il rapido e regolare svolgimento dei due processi, i magistrati addetti alla loro celebrazione dovranno necessariamente essere sostituiti da altri colleghi per quanto riguarda lo svolgimento della normale attività’ giurisdizionale” avevano detto il procuratore generale Guido Rispoli e il presidente della Corte d’appello Antonio Matano. La richiesta dei vertici della giustizia bresciana riguardava quattro magistrati da altri distretti. “In quello di Brescia non è possibile attingere – avevano spiegato – la coperta è troppo corta. Lo è da tempo immemore. Se vogliamo che i processi si celebrino in tempi celeri, come ha chiesto lo stesso presidente Mattarella, serve un intervento. Altrimenti l’accertamento della verità sui tragici fatti di 50 anni fa non potrà che essere a singhiozzo”. Il Guardasigilli nel giorno del 50° anniversario aveva garantito l’arrivo di rinforzi.
La polemica – Ma al 18 giugno con il ritorno in aula l’appello si era trasformato in denuncia: “La situazione a livello di presenze di giudici non è migliorata, ma è addirittura peggiorata. La nostra volontà è comunque quella di celebrare il processo e concluderlo in tempi contenuti aveva detto Spanò. Il processo era stato rinviato a dopo l’estate. L’11 settembre il ritorno in aula era stato celebrato addirittura con una polemica di Spanò: “La carenza d’organico non è stata risolta e sarà molto difficile concludere il processo entro l’estate del 2025”. Il presidente aveva quindi smentito una nota del tribunale bresciano che a luglio aveva annunciato la risoluzione dell’emergenza grazie all’arrivo di nuovi magistrati nella prima sezione. “Nota che non è stata condivisa con me e che non rappresenta la realtà, la situazione non è migliorata ma è addirittura peggiorata. Una giudice assegnata è in maternità e arriverà a fine estate prossima e un’altra si è trasferita. Noi ce la metteremo tutta per celebrare questo processo ma la situazione non è facile”. Il dibattimento è poi andato avanti con l’audizione dei testimoni. Lo scorso aprile una testimone aveva confermato davanti ai giudici di aver sentito Zorzi e Toffaloni dire che volevano “vendicare Silvio”, Ferrari, neofascista saltato in aria mentre trasportava esplosivo la notte tra il 18 e il 19 maggio 1974, ha raccontato a verbale prima dell’inizio del processo.
Il processo – Per gli inquirenti Zorzi, che è cittadino americano, vive negli Usa, ed è titolare di un allevamento di dobermann chiamato Il littorio, è stato uno degli esecutori materiali dell’attentato. Un ordigno esplose in un contenitore della spazzatura durante una manifestazione antifascista indetta per protestare contro una serie di attentati avvenuti nella zona. Per la strage in primo grado è stato condannato Marco Toffaloni, 17enne all’epoca dei fatti. Anche il processo contro Toffaloni ha subito ritardi. per un difetto di notifica il processo era dovuto ripartire dall’udienza preliminare.
L’inchiesta – Il processo è scaturito dal nuovo filone d’inchiesta per cui la Procura ha ritenuto Zorzi l’esecutore materiale e lo ha accusato di concorso in strage con altri tra cui Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte, per “aver partecipato alle riunioni in cui l’attentato veniva ideato, manifestando la propria disponibilita’ all’esecuzione dell’attentato e comunque – recita il capo di imputazione – rafforzando il proposito dei correi”. Tramonte, l’ex Fonte Tritone dei servizi, è stato condannato all’ergastolo per l’eccidio con il medico veneziano Carlo Maria Maggi, ex ispettore di Ordine Nuovo per il Triveneto, deceduto negli anni scorsi.
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