Petilia, una condanna e un’assoluzione per il delitto Valentino

  • Postato il 15 maggio 2025
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Petilia, una condanna e un’assoluzione per il delitto Valentino

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Per l’omicidio Valentino compiuto a Petilia la Dda chiedeva due ergastoli: condanna a 16 anni e 4 mesi per Bruno, assoluzione per Ierardi


PETILIA POLICASTRO – Una condanna e un’assoluzione per l’omicidio di Luca Alberto Valentino, attirato in una trappola nella spettrale contrada Cavone Grande, nella frazione Pagliarelle di Petilia Policastro, e ucciso con un colpo di pistola alla tempia, sparato a brevissima distanza, nel luglio 2019. Lo ha deciso la Corte d’Assise di Catanzaro, che ha inflitto una pena di 16 anni e 4 mesi di reclusione a Domenico Bruno, 53enne, e ha assolto il 33enne Pierluigi Ierardi. I giudici hanno escluso per Bruno le aggravanti della premeditazione e del metodo mafioso nonostante entrambi gli imputati siano ritenuti esponenti della cosca petilina (già condannati nel processo Eleo). Il pm della Dda di Catanzaro Pasquale Mandolfino aveva chiesto condanne all’ergastolo per entrambi.

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LE ACCUSE

Bruno, in particolare, sarebbe stato “incastrato” dai filmati della videosorveglianza e dalla localizzazione satellitare da cui si evincerebbe che  avrebbe concordato con la vittima un appuntamento in una stradina di campagna. L’auto di Valentino, una Fiat “Panda”, e quella di Bruno, una Fiat “Multipla”, avrebbero sostato otto minuti circa dopo essersi avviate insieme, lungo un tragitto di circa un chilometro, in quella stradina, in una località isolata. A pochi metri dal veicolo di Valentino, fu rinvenuto da un allevatore il corpo senza vita. L’auto dell’imputato si sarebbe poi avviata dal luogo del delitto verso il centro abitato di Pagliarelle. Itinerari scolpiti nei filmati della videosorveglianza.

E se alle caratteristiche fisiche di Bruno si è potuti, dal punto di vista degli inquirenti, risalire, così non è stato per quanto attiene alla posizione di Ierardi in quanto soltanto una sagoma in penombra e il particolare di una mano si notano nelle immagini.

«MI HANNO VISTO»

Ad aggravare la posizione di Bruno un’intercettazione nel corso della quale, dopo aver letto un articolo su una possibile svolta nelle indagini sull’omicidio, direbbe: «sparite, sentimi a me, che abbiamo il fermo stanotte, vediamo che succede stasera, io dico che la cosa è imminente, se non è stanotte vengono e mi arrestano a me domani, m’hannu vistu a chillu omicidiu». Agli atti dell’inchiesta anche un incontro, avvenuto l’8 marzo 2019, di Valentino col boss di Papanice Domenico Megna, nella cui casa si sarebbe trattenuto per una cinquantina di minuti anche se, secondo la lettura del gip degli elementi dell’indagine, non si evincerebbe che la vittima abbia in qualche modo contrastato i voleri della cosca.

Valentino nel 2017 avrebbe già subito un atto intimidatorio. Inoltre, secondo quanto riferito agli inquirenti dall’ex moglie della vittima, il giorno del battesimo di sua figlia rimase fuori da un ristorante a parlare tutta la serata con uomini dei clan, tra i quali lo stesso Ierardi.

LA DIFESA

Bruno era assistito dagli avvocati Francesca Buonopane e Gregorio Viscomi, che hanno puntato, tra l’altro, sul fatto che dalle celle del telefonino non era possibile individuare la sua presenza sul luogo del delitto. Accolta in toto la tesi degli avvocati Pietro Pitari e Pierluigi Ruberto, difensori di Ierardi, per il quale già il gip aveva escluso la gravità indiziaria tanto che ha affrontato la vicenda giudiziario a piede libero. I legali hanno sostenuto che dai soli contatti tra gli imputati non era possibile ricavare la presenza del loro assistito sul luogo del delitto.

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