Péter Magyar, il rampollo ribelle che fa impazzire Orbán

  • Postato il 11 aprile 2024
  • Di Il Foglio
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Péter Magyar, il rampollo ribelle che fa impazzire Orbán

Come si fa a parlare male di Viktor Orbán quando, in Ungheria, Viktor Orbán è tutto, è ovunque? Come si fa a far capire agli ungheresi a che livello il loro primo ministro ha messo un clan a reggere il paese? Come si fa a denunciare la corruzione, il familismo e anche la crisi economica? La risposta la sta suggerendo Péter Magyar, il  rampollo ribelle che parla l’orbaniano, la lingua del potere in Ungheria. Che conosce ogni scheletro nell’armadio del premier e del suo partito e li sta tirando fuori uno a uno. Li sventola davanti agli ungheresi, li urla durante le manifestazioni. Ha conoscenze ottime e determinazione vorace. Per Orbán, Magyar è il traditore. Proviene da due importanti casate giuridiche ungheresi. Uno dei suoi nonni era Pál Eross, che negli anni Settanta era il Santi Licheri ungherese, accendevi la tv e c’era lui a dirimere le cause. L’altro nonno era Ferenc Mádl,  professore di diritto all’Università di Budapest, esponente del Forum per la democrazia e poi presidente della Repubblica. Sua madre è un magistrato importante:  era scolpito  nel corredo genetico che Péter prima o poi avrebbe scritto almeno un paragrafo della storia dell’Ungheria. Bisogna ricostruire con ordine la vicenda che ha portato il giurista e diplomatico  Magyar a sfidare il suo stesso mondo e si scopre che dietro si cela una costante della politica ungherese: il privato è un fattore politico. Magyar è l’ex marito dell’ex ministra della Giustizia, Judith Varga, la coppia d’oro dell’orbanismo, il nido tradizionale ostentato dal premier come modello da seguire e specchio della funzionale famiglia ungherese tipo. Dentro casa Magyar-Varga, le cose però non andavano benissimo. I due si sono  sposati quindici anni fa, avevano avuto tre figli, e poi hanno  divorziato nel 2023. Sono tutti e due di formazione conservatrice, erano i giovani studenti che poi sono confluiti tutti insieme dentro a Fidesz, il partito di Orbán. Lo storico Stefano Bottoni, professore associato dell’Università di Firenze, conoscitore dell’Ungheria e studioso della sua politica, ci ha raccontato che la coppia d’oro è vissuta per molto tempo a Bruxelles, ha frequentato un ambiente internazionale e sicuramente più aperto di quello ungherese, quasi fosse un’onda lunga dei loro Erasmus. Nel 2018 i due sono tornati  a Budapest, quando a lei venne proposto di diventare ministra della Giustizia e lui decise di iniziare a fare il padre e il marito, “nell’ombra di lei, ed è una cosa rara in Ungheria, un paese molto maschilista”. Orbán aveva capito di avere bisogno di donne per rafforzare l’elettorato femminile e per cambiare l’immagine dell’Ungheria all’estero: Varga era perfetta, anche per la sua famiglia, per il marito, i tre figli. Per questo, quando la coppia andò in crisi, due anni dopo, fu proprio Fidesz a impedir loro di divorziare: “Ecco perché il privato è politico in Ungheria, per ragion di stato e di partito i due furono costretti a rimettersi insieme, fino alle elezioni del 2022. Dopo la grande vittoria di Orbán ottennero il permesso di lasciarsi”, ci spiega Bottoni. In quel momento la ministra aveva già un altro compagno, anche lui un pezzo grosso del clan, il presidente della Corte dei conti. I grovigli famigliari sono infiniti nel paese-partito, tutti sono stati con tutti, tutti sanno tutto di tutti.

 

Non abbiate paura. Magyar, anche dopo il divorzio, era rimasto in disparte, nell’ombra, senza troppi drammi. Fino a quando qualcuno non ha notato  che sul suo profilo Facebook è stata  pubblicata una frase: “Non abbiate paura”, come Giovanni Paolo II. Era il gennaio del 2024 e nessuno sapeva che cosa intendesse dire il taciturno e modaiolo Péter. A chi stava parlando? Lo svelò lui dopo non molto, quando qualche settimana più tardi scoppiò lo scandalo della grazia a un pedofilo, in cui erano coinvolte anche le due donne di Fidesz, Varga e la presidente Katalin Novák. Il partito decise che liberarsi di loro era il modo più semplice per ripulire l’immagine e mai avrebbe pensato che sarebbe arrivato l’ex marito ad aggiungere macchie con  una strana operazione di vendetta. Le due politiche, da brave soldatesse di Orbán, si dimisero e Magyar si presentò da un’emittente online chiamata Partizan, parlò per due ore, fece due milioni e mezzo di visualizzazioni e raccontò tutte le sporcizie del sistema, “ma ancora difendeva l’ex moglie e alle domande se intendesse entrare in politica rispondeva: non ci penso neppure. Fidesz decise di ignorare. Magyar però nel frattempo era diventato un fenomeno mediatico”, racconta lo storico. Ovviamente non compariva sulla televisione pubblica né sulle principali testate che sono gestite da amici del primo ministro, ma era presente su alcuni siti dell’opposizione, sui social, e Fidesz non poteva continuare a ignorare questo marito che attaccava tutti, tranne sua moglie, che si infuriava contro un regime che si nasconde sotto “la gonna di due donne”.

 

Il privato è un fatto politico, quando Magyar e Varga volevano divorziare, Fidesz lo impedì. La famiglia di stato


L’audio. Quella che sembrava  una telenovela famigliare era diventata un enorme affare di stato. Dopo quindici anni di relazione, Magyar sapeva tutto, aveva anche registrato una conversazione in cui l’ex ministra della Giustizia raccontava che il ministro della Propaganda e dei Servizi segreti, Antal Rogán, “un personaggio vampiresco”,  aveva fatto entrare i suoi uomini in procura e fatto cancellare ogni traccia relativa a lui da vari dossier compromettenti. Lei lo raccontava in una conversazione in cucina, in famiglia, tra marito e moglie. Secondo Bottoni basta questo dettaglio per capire il clima di sospetto e di terrore generale del sistema, in cui ogni posizione dipende dal grado di fedeltà al capo: si può cadere in ogni momento. Il resto dell’audio riguardava invece il procuratore capo ungherese, Péter Polt, scelto per insabbiare i casi sensibili e non più efficiente come un tempo perché nelle procure gira una nuova generazione di procuratori che iniziano a far uscire scandali e dettagli che Polt non sa  tenere a freno. Varga si lamentava della mancanza di ordine e l’audio, oltre a toccare l’orbanismo, ha toccato anche lei. Inizia in quel momento lo scontro totale, iniziano le minacce a Magyar e Varga  è andata in televisione a raccontare di tutto sul suo ex marito, di liti furibonde e botte. L’intervista venne trasmessa su tutti i canali televisivi. E’ il tutto per tutto, tutti contro Magyar, che fino a quel momento non aveva mai toccato Orbán, ma i suoi collaboratori. Ma non aveva senso continuare ad attaccare i numeri due del regime, bisognava arrivare al suo apice e nessuno finora era stato in grado di farlo come Magyar.

 

Le manifestazioni. Dopo la prima intervista a Partizan, in Ungheria venne organizzata una manifestazione a febbraio, ribattezzata la protesta degli influencer. Non c’era Magyar, ma ne era l’ispiratore e fu il segnale che qualcosa iniziava a scricchiolare. Gli influencer, attori, comici, personaggi noti,  dopo la bomba lanciata dall’ex orbaniano decisero di chiamare gli ungheresi a protestare, perché quello che prima era un sospetto, era diventata una certezza. “Il successo di Magyar è stato incrementale, neppure lui probabilmente si aspettava tanto seguito,  credo che quando disse  di non voler entrare in politica, non stava mentendo”, racconta  Bottoni. Poi si è ritrovato con un capitale e si è spinto oltre, fino a indire il 15 marzo una sua manifestazione. Il 15 marzo in Ungheria è festa nazionale, il premier aveva il suo raduno a cui aveva fatto arrivare persone da ogni dove, ma l’evento di Magyar ha avuto una partecipazione ben più grande: lo scontro era diventato diretto. E gli ungheresi, si è scoperto,  hanno voglia di protestare. Non accadeva da tempo. Non c’entrano i diritti, non c’entra la democrazia, gli scricchiolii sono puramente economici. 

 

Sulla politica internazionale la pensa come il premier: se gli ungheresi   protestano è per la crisi economica

 

Questo conservatore di buonissima famiglia,  questo marito infuriato e chissà, ancora innamorato,  questo impetuoso politico improvvisato  ci ricorda qualcuno: Viktor Orbán. Magyar ha visto perdere le opposizioni, usa il linguaggio della maggioranza, dice di volersi riappropriare dell’idea di orgoglio nazionale, non sparla dell’Ue, ma è nazionalista, vuole mantenere aperti i rapporti con Mosca e con Pechino, non ringhia contro la Nato, ma non vuole che le armi per Kyiv passino per l’Ungheria. In politica interna, gli anni brussellesi gli hanno dato qualche ispirazione in più, vorrebbe cambiare scuole e sanità, ma il cambiamento è cosmetico, sembra un Orbán dei vecchi tempi, prima di spostare il partito sempre più alle estremità della destra. Vuole cambiare il modello, non il sistema e ha un obiettivo: strappare il cuore a Fidesz, prendergli elettori e alcuni protagonisti, magari i pentiti, come lui. Qualcuno lo chiama Mr. Cleaner, un settimanale lo ha messo in copertina con il suo volto su un prodotto per la pulizia della casa. Chissà non diventi il nome del suo partito.

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Il Foglio

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