Pesca di krill senza regole, balene a rischio

La pesca a strascico nelle acque dell’Antartide ha raggiunto un nuovo picco allarmante. Nei primi sette mesi della stagione 2024-2025, la cattura di krill — un minuscolo crostaceo fondamentale per l’ecosistema antartico — ha toccato quota 518.568 tonnellate, pari all’84% del tetto massimo fissato a 620.000 tonnellate. Superare questo limite dovrebbe comportare, almeno sulla carta, l’interruzione automatica della stagione. Tuttavia, in assenza di un meccanismo vincolante, il rispetto di questo tetto è affidato alla buona volontà delle aziende di pesca.

Il krill è l’alimento principale delle balene, ma anche una risorsa molto richiesta per la produzione di olio ricco di Omega-3, farina di pesce, mangimi e integratori per l’uomo. Negli ultimi anni, la combinazione tra tecnologie di pesca avanzate, crisi climatica e domanda crescente ha messo a dura prova questa specie, nonostante una biomassa globale stimata attorno ai 63 milioni di tonnellate. Le navi-fabbrica, enormi imbarcazioni industriali, operano 24 ore su 24 in mari abitati da cetacei, trasformando il krill a bordo e scaricando in porto il prodotto finito, pronto per il mercato. Il disturbo agli animali è notevole: nel 2023, tre megattere sono state trovate morte o ferite nelle reti cilindriche usate per aspirare i crostacei.

Accordi falliti e protezione mancata

Nonostante i pericoli evidenti per l’ambiente, i tentativi di trovare una soluzione condivisa sono falliti. L’anno scorso, Stati Uniti, Russia, Cina e oltre venti altri governi non sono riusciti a trovare un’intesa per istituire una grande riserva marina lungo la Penisola Antartica, un’area grande quanto la California. In particolare, una proposta dell’ultimo minuto da parte di Regno Unito e Australia per abbassare ulteriormente il limite di cattura ha spinto la Cina a ritirare il proprio sostegno. Questo ha portato alla scadenza delle regole di distribuzione della pesca adottate 15 anni fa, consentendo alla flotta industriale di pescare praticamente ovunque, anche in zone ad alta densità di fauna marina.

Secondo Peter Hammarstedt di Sea Shepherd Global, “la stragrande maggioranza del krill catturato proviene da un’area sempre più piccola”. Un paragone efficace rende l’idea dell’impatto: “È come se un cacciatore sostenesse di uccidere solo l’1% dei cervi degli Stati Uniti, ma omettesse di dire che li ha abbattuti tutti nel Rhode Island”.

Antartide sotto assedio, il tempo stringe

La pesca eccessiva del krill in Antartide è solo uno dei sintomi di una crisi ambientale più ampia. Meno del 5% dell’Oceano Antartico è attualmente protetto, ben lontano dall’obiettivo dell’ONU di preservare il 30% degli oceani entro il 2030. Nel frattempo, l’equilibrio tra tutela dell’ecosistema e interessi commerciali continua a pendere pericolosamente verso questi ultimi.

Le attività turistiche nella Penisola Antartica, la più accessibile, aumentano la pressione sull’habitat. Le stesse acque dove i turisti sperano di avvistare balene sono quelle dove le navi industriali rastrellano il fondale.

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Blitz

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