Personale sanitario, Liguria ai primi posti in Italia: 15,8 lavoratori ogni mille abitanti
- Postato il 9 gennaio 2025
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- Di Genova24
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Genova. Con 15,8 unità di personale sanitario ogni mille abitanti la Liguria si colloca ai primi posti tra le regioni italiane, pur in un contesto di crisi senza precedenti per il settore. È quanto emerge dall’indagine conoscitiva elaborata dalla Fondazione Gimbe e presentata ieri in audizione alla commissione Affari sociali della Camera.
Secondo i dati della Ragioneria generale dello Stato aggiornati al 2022, la Liguria figura al quarto posto per rapporto tra unità di personale e popolazione. Sul podio ci sono alcune amministrazioni a statuto autonomo del Nord: Valle d’Aosta (17,4), Friuli Venezia Giulia (17,3), provincia di Bolzano (16,8). Non solo: la Liguria è anche la regione italiana con la maggiore incidenza di infermieri, 7,01 ogni mille abitanti contro una media nazionale di 5,13.
Guardando alla spesa pro capite per il personale dipendente della sanità, la Liguria figura al sesto posto con 798 euro. Il valore più alto è quello di Bolzano (1.405 euro), mentre la media nazionale si attesta a 672 euro. La nostra regione è virtuosa anche in tema di costi del personale sanitario: ogni lavoratore pesa per 50.625 euro sul sistema, terzo migliore risultato a livello nazionale contro una media di 57.140 euro. A Bolzano ogni unità costa 81.139 euro, in Sicilia 70.456.
“Quest’inedito indicatore– ha commentato il presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta – dimostra che l’ottimizzazione della spesa pubblica per il personale sanitario è stata gestita in maniera molto differente tra le Regioni. Non a caso, quelle più virtuose nell’erogazione dei livelli essenziali delle prestazioni registrano una spesa per unità di personale dipendente più bassa. Un risultato verosimilmente dovuto sia alla riduzione delle posizioni apicali, sia ad un più elevato rapporto professioni sanitarie/medici, che consente di ridurre la spesa mantenendo una maggiore forza lavoro per garantire l’erogazione dell’assistenza sanitaria”.
Per l’anno 2022, ultimo disponibile, la Ragioneria generale dello Stato riporta un totale di 681.855 unità di personale dipendente in tutta Italia, pari ad una media nazionale di 11,6 unità per mille abitanti con nette differenze regionali, come si è visto. Dopo una progressiva contrazione da 36,4 miliardi di euro nel 2012 a 34,7 miliardi nel 2017, la spesa per il personale ha iniziato a risalire raggiungendo 40,8 miliardi nel 2022, per poi scendere a 40,1 miliardi nel 2023. Tuttavia, in termini percentuali sulla spesa sanitaria totale, il trend rileva una lenta ma costante riduzione: se nel 2012 rappresentava il 33,5%, nel 2023 si è attestato al 30,6%.
Il giudizio complessivo sulla situazione italiana è poco lusinghiero: per Cartabellotta “il servizio sanitario nazionale sta affrontando una crisi del personale sanitario senza precedenti, causata da errori di programmazione, dal definanziamento e dalle recenti dinamiche che hanno alimentato demotivazione e disaffezione dei professionisti. Senza un adeguato rilancio delle politiche per il personale sanitario, l’offerta dei servizi sanitari ospedalieri e territoriali sarà sempre più inadeguata rispetto ai bisogni di salute delle persone, rendendo impossibile garantire il diritto alla tutela della salute”.
“La crisi del personale sanitario – ha concluso Cartabellotta – non è solo una questione economica, ma una priorità cruciale per la sostenibilità del servizio sanitario nazionale. Liste di attesa interminabili, pronto soccorso affollati, impossibilità di trovare un medico di famiglia hanno un comune denominatore: la carenza di professionisti sanitari, la loro disaffezione e il progressivo abbandono del servizio sanitario nazionale. È urgente rilanciare le politiche sul capitale umano per valorizzare la colonna portante della sanità pubblica, rendendo nuovamente attrattiva la carriera nel servizio sanitario nazionale e innovando i processi di formazione e valutazione delle competenze professionali. Senza questi interventi, il servizio sanitario nazionale non sarà in grado di garantire universalmente il diritto alla tutela della salute, rendendo vano qualsiasi tentativo di arginare questa crisi”.