"Pericolo fascista, che rischio corriamo". Barbero, lezione a teatro su M.: e su Luca Marinelli...
- Postato il 22 gennaio 2025
- Di Libero Quotidiano
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"Pericolo fascista, che rischio corriamo". Barbero, lezione a teatro su M.: e su Luca Marinelli...
Non ce l'ha fatta. Dopo due ore condite solo da qualche battuta e allusione, il professor Alessandro Barbero ha ceduto all'irrefrenabile voglia di attaccare in modo frontale il governo di Giorgia Meloni. Come? Ovviamente evocando il ritorno del fascismo. Lo ha fatto dal palco del Teatro Lirico, lo stesso su cui – come ha ricordato lo stesso prof – il Duce tenne il suo ultimo comizio pubblico il 16 dicembre 1944. L'occasione, del resto, era di quelle ghiotte: una lezione agli studenti delle scuole superiori sul fascismo. Ma non una lectio qualunque, bensì quella organizzata da Chora Media e Sky per il lancio della serie “M. Il figlio del secolo”, tratta direttamente dai libri dell'idolo dell'antifascismo Antonio Scurati. Il contesto era super apparecchiato per lasciarsi andare a invettive di ogni tipo.
Eppure Barbero, tutto sommato, si è attenuto al copione prestabilito quasi tutto il tempo. Un'ora e mezza preconfezionata e registrata appositamente per essere trasformata nelle nuove puntate del suo podcast, ignorando totalmente il pubblico di giovani presente in sala. Un'occasione persa, risolta in un monologo sterile. Certo, aspettarsi una lezione che non lasciasse spazio a commenti laterali sarebbe stato davvero folle. E così, pian piano che la ricostruzione storica è andata avanti, Barbero si è concesso battute sempre meno velata su fantomatici parallelismi con il presente.
La prima vera stilettata è arrivata con il resoconto della marcia su Roma. Saltato in piedi dalla sedia, con un mezzo sorriso sulle labbra, il prof star del web ha cercato un po' di approvazione nel pubblico: «Spero sia ancora vero, nell'Italia di oggi, che se qualcuno annunciasse un colpo di Stato verrebbe arrestato». Qualche applauso da una platea sonnecchiante è bastato a compiacere visibilmente il prode Barbero. Ma questo primo segnale di cedimento è stato solo il preludio al gran finale.
Pieno fino all'orlo, Barbero non è riuscito proprio a trattenersi. Rivestiti i panni del classico professore di storia comunista, di quelli duri e puri dei licei anni '70, ecco la predica sul pericolo rappresentato dalla destra di Giorgia Meloni. «Quando oggi si parla di ritorno del fascismo non ci si preoccupa che torni la camicia nera o che si dichiari guerra all'Etiopia», ha arringato il pubblico in sala (e a casa). No, per Barbero i segnali sono altri. «Però quanto senti parlare di leggi maggioritarie, di stabilità governativa, di decreti legge usati anche quando non c'è urgenza, del fatto che bisogna rafforzare il capo del governo, allora ti dici: “non è che siamo lì, però...”».
Però anche il professore, dev'essersi perso qualche lezione a scuola. Forse, ancora assuefatto alla spiegazione della legge Acerbo (la riforma elettorale che consegnò la maggioranza assoluta al partito fascista nel 1924, ndr), Barbero dev'essersi scordato che, per esempio, la più grande democrazia del mondo - gli Stati Uniti - vota da sempre con una legge maggioritaria. Così come sono maggioritarie le leggi elettorali della Gran Bretagna e della Francia. Tutti Stati sull'orlo della deriva autoritaria? Non mi pare.
Se poi vogliamo parlare anche della riforma del premierato, evocata da Barbero parlando della volontà del nostro esecutivo di «rafforzare il capo del governo», allora verrebbe da chiedersi cosa pensa il professore della Francia dove vige il semipresidenzialismo. Macron, votato direttamente dai cittadini, è considerato alla stregua di un dittatore? Lungi da noi pensare male, ma probabilmente questo problema non si presenterà mai se non nel caso in cui Marine Le Pen dovesse andare all'Eliseo.
Dato che vogliamo fare le cose per bene, prendiamoci un attimo anche per parlare dei famigerati decreti legge. Se è vero che il governo Meloni ne ha fatto ampio uso durante i suoi due anni e mezzo di vita (82), i suoi illustri predecessori non sono da meno. A Palazzo Chigi, Mario Draghi ne ha varati 62 e, prima di lui, Giuseppe Conte è arrivato a quota 84 sommando i provvedimenti dei governi gialloverde e giallorosso. Eppure, anche in questo caso, non ricordiamo che qualcuno abbia mai sollevato il dubbio che Conte o Draghi potessero, d'improvviso, indossare il fez e affacciarsi da Palazzo Venezia.
Provati a risolvere i drammi interiori di Barbero, sorge spontanea una domanda: “E di M. cosa ne pensa?”. Beh, nonostante l'evento fosse stato organizzato anche con l'intento di promuovere la serie, il prof si è visto bene dal commentare il Duce interpretato da Marinelli. Troppa, evidentemente, la distanza fra la ricostruzione storiografica fornita dal docente agli alunni e la prova macchiettistica, tratta dallo Scurati-pensiero, offerta al grande pubblico.
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