Percossi per aver bloccato mattatoi: quel giorno gli attivisti hanno spezzato una routine di morte

  • Postato il 18 luglio 2025
  • Ambiente
  • Di Il Fatto Quotidiano
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di Rete dei Santuari di Animali Liberi*

Nella notte tra domenica 6 e lunedì 7 luglio, l’organizzazione europea antispecista 269 Libération Animale ha avviato un’importante operazione in 6 macelli, due in Francia e quattro nei Paesi Bassi. In totale, un centinaio di attiviste provenienti da Spagna, Italia, Germania, Francia e Svizzera, divise in 6 squadre, si sono mobilitate per bloccare l’attività dei mattatoi impedendo per diverse ore l’uccisione di centinaia di animali.

Entrate nei sei luoghi prima dell’inizio del massacro, tra mezzanotte e le 3 del mattino, le attiviste si sono incatenate alla linea di macellazione: alcune di loro si sono posizionate all’interno delle celle di stordimento e dei barili rotanti per la macellazione, vere e proprie macchine dell’orrore in cui i vitelli vengono storditi o sgozzati.

L’azione prendeva di mira gli stabilimenti del gruppo VanDrie, leader europeo nel settore della carne di vitello con aziende in diversi paesi comunitari.

L’obiettivo del collettivo 269 Liberation Animale, nato il Francia nel 2016, è quello di porsi tra i coltelli e gli animali, nel cuore stesso dell’infrastruttura che distrugge così tante vite animali. L’intento è quello di denunciare, da un lato, costringendo l’opinione pubblica ad aprire gli occhi sulla sofferenza animale, ancora ampiamente invisibile nella nostra società, mostrando, dall’interno, questi luoghi di tortura e morte, ma anche di riaffermare la posizione offensiva del movimento, perché la questione animale è questione politica e deve necessariamente confrontarsi con l’ordine costituito.

Occupare un macello significa trasformarlo in un luogo politico, un luogo che non è una banale fabbrica dove si compie un male necessario, ma un luogo che si mette in discussione, un dispositivo di potere della società specista.

Ogni blocco ha avuto un impatto significativo sui profitti del gruppo VanDrie, il cui fatturato nel 2023 era di 3,4 miliardi di euro. Uno dei blocchi è stato organizzato nel macello di Sobeval a Boulazac, dove 27 attiviste italiane sono entrate nella notte, allucchettandosi alle strutture. Ed è qui che è successo un disastro ed è stata usata, per sgomberare il mattatoio, inaudita violenza e crudeltà.

Durante il loro arresto, le attiviste sono state strangolate, le loro teste sono state schiacciate, sono state calpestate e prese a calci dalle forze dell’ordine francesi. Abbiamo pubblicato e diffuso foto delle loro contusioni e durante la loro custodia sono stati rilasciati certificati medici attestanti le percosse.

Delle 27 attiviste, 26 riceveranno una sentenza di condanna che le informerà della pena loro inflitta. L’ultima persona, che si è rifiutata di sottoporsi al prelievo del Dna, è stata convocata a comparire davanti al tribunale penale a novembre. Tutte hanno ricevuto un foglio di via per lasciare immediatamente il Paese ma la Procura aveva sequestrato i loro veicoli, che contenevano i documenti d’identità che permettevano loro di tornare a casa. Si trovavano nella situazione di dover lasciare il Paese, ma senza mezzi, senza documenti e senza telefoni.

Dall’Italia, in sostegno alle nostre compagne, abbiamo contattato l’unità di crisi alla Farnesina, che ci ha messe in contatto con il consolato di Marsiglia. Al che la situazione si è sbloccata e i documenti e gli effetti personali sono stati restituiti e le attiviste, solo dopo alcuni giorni, sono potute rientrare in Italia. Gli avvocati stanno lavorando per verificare la legalità del sequestro dei mezzi, rimasti in Francia.

La Rete dei Santuari di Animali Liberi ha sostenuto e sostiene azioni di disobbedienza civile volte a denunciare la violenza sistematica nell’industria della carne, rendere omaggio a milioni di vittime e infliggere danni economici ai macelli bloccandone temporaneamente la produttività. Abbiamo lanciato una raccolta fondi per permettere alle compagne di tornare a casa e intendiamo sostenere le spese impreviste che ancora, dopo il rientro, si trovano a fronteggiare.

La raccolta è attiva. Ancora si può donare per sostenere concretamente chi ha compiuto questa azione e si trova ora in difficoltà.

Noi crediamo che bloccare luoghi dove ogni giorno milioni di creature innocenti perdono la vita in modo atroce sia un’azione coraggiosa e necessaria per far comprendere che quelle confezioni sanguinolente ben impacchettate e sistemate sui banchi dei supermercati erano esseri viventi, che un giorno, in un luogo realmente esistente, sono stati obbligati a mettersi in coda in attesa del proprio turno.

Dopo lo sgombero delle attiviste le attività dei mattatoi sono riprese regolarmente, i camion in coda per scaricare gli animali sono arrivati, gli animali sono stati uccisi e trucidati. Con ordinaria brutalità.

Ma quel giorno si è spezzata quella routine. Qualcosa di diverso è accaduto. Qualcuno ha espresso in modo deciso la propria opinione e il proprio fermo dissenso: “non sono d’accordo, oggi resto qui perché qualcuno possa non morire”. Così ha potuto aver luogo un tentennio. Un’esitazione. Un inceppamento nella mostruosa impalcatura di gabbie su cui tutto si fonda, inesorabilmente. Ma che, presto o tardi, crollerà a terra, rovinosamente, travolta da un vento di cambiamento e di rivolta, a cui lavoriamo, in silenzio, ogni istante della nostra vita.

* La Rete dei Santuari di Animali Liberi è un network che riunisce e coordina rifugi per animali così detti da reddito, scampati all’industria della carne. Attualmente conta 26 santuari aderenti, disseminati per tutto il Paese, isole comprese. In essi, in questo preciso momento, risiedono più di 3400 animali, liberati dalla politica di dominio che agisce sugli animali nella nostra società e dall’industria zootecnica. I santuari della Rete non sono solo semplici rifugi. Sono antispecisti. Antifascisti. Per tanto si trasformano in spazi politici di resistenza, pace e libertà, in cui ogni animale torna ad essere ciò che è: ovvero una persona. Un individuo, unico al mondo. Nei santuari si pratica la Cura e ha luogo un’economia al contrario, in cui quelli che, da tutto il mondo, sono considerati animali da reddito, diventano animali da “debito”, in quanto cessano di creare profitto e devono essere mantenuti (per cui costituiscono un impegno, un debito) da chi gestisce i santuari. E, così, gli animali che, per millenni di domesticazione, sono stati costretti a lavorare per l’uomo, si riposano e sono gli umani a lavorare per loro. www.anmaliliberi.org, ig@retedeisantuari_official, fb @retesantuari

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