Perché l’Inter non sa pareggiare: la squadra di Chivu è bella e diverte, ma ha dei limiti che emergono soprattutto nei big match

  • Postato il 10 dicembre 2025
  • Calcio
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Stava per accadere contro il Liverpool, poi è arrivato il Var, il rigore che definire “generoso” è poco, la trasformazione di Szoboszlai e la seconda sconfitta consecutiva in Champions League. E anche questa volta – come nel resto della stagione – non è arrivato il pareggio. Perché la squadra di Cristian Chivu non sa pareggiare: 21 partite giocate tra campionato, Coppa Italia e Champions League, 15 vittorie e 6 sconfitte. E anche quando il pareggio sembra a un passo, l’imprevisto è sempre dietro l’angolo. Vedi Liverpool, Atletico Madrid, Juventus per citarne tre.

La squadra di Chivu gioca bene, diverte, è lì a competere per la vetta sia in Europa che in Serie A, tira fuori prestazioni straripanti come contro il Como, ma poi si perde in piccole cose. Dettagli che fanno la differenza. È successo in tutti i big match (a eccezione della Roma) e non è un caso. E quattro sconfitte in quattordici giornate sono tante per chi mira al massimo.

L’Inter è ingenua

Che sia per un rigore come contro il Liverpool, un calcio d’angolo come contro l’Atletico Madrid, un’ingenuità e un rigore sbagliato come contro il Milan, errori individuali come contro la Juventus, la costante dell’Inter 2025/26 è che non c’è una via di mezzo. O si perde o si vince. Un dato che visto così può sembrare casuale, ma che in realtà non lo è. Sfortuna a parte – fattore peraltro soggettivo e opinabile – l’Inter di Cristian Chivu è bella da vedere, gioca un bel calcio, è aggressiva, organizzata ma pecca in altro.

Ma andiamo con ordine. L’Inter è a tratti ingenua. L’esempio è la sfida di Champions League contro il Liverpool. E lo ha detto anche Manuel Akanji: “È uno dei rigori più leggeri che abbia mai visto. Ma alla fine dobbiamo essere onesti, non possiamo metterci nella posizione di dare all’arbitro l’opportunità di fischiare un rigore in quel caso”.

Ecco, il punto è proprio dare “l’opportunità all’arbitro di fischiare”. Perché – ribadiamo – il rigore è più che generoso ed è un pensiero comune a tanti dall’immediato post gara, ma la leggerissima trattenuta di Alessandro Bastoni è ingenua, inutile. Perché Wirtz è spalle alla porta, ha già perso contatto con il pallone e infatti si lascia cadere quando capisce che non può più arrivarci. E lo fa perché sente tirare appena la sua maglia.

Ingenua lo è stata anche a Madrid, contro l’Atletico. Lo è stato Pio Esposito – per carità, ha 20 anni e deve ancora maturare – quando anziché tenere e proteggere palla o fare un passaggio sicuro, ha preferito cercare un improbabile filtrante per Frattesi in mezzo a due avversari. E da quel possesso perso è nato quel calcio d’angolo dove l’Inter ha marcato in maniera troppo leggera (e all’ultimo secondo una big non può permetterselo) e Gimenez ha segnato il definitivo 2-1.

Sprecona

Oltre a essere ingenua, l’Inter è sprecona. E qui arriva anche il supporto dei numeri. Nelle sei sconfitte stagionali, i nerazzurri hanno sempre chiuso con un dato sugli xG (gli expected goals, cioè i gol attesi da una squadra in quel match in base alle occasioni) più alto rispetto all’avversaria. Unica eccezione è la sfida contro il Liverpool, ma il dato (0.4 xG per l’Inter contro l’1.40 del Liverpool) – così come contro il Milan – è inflazionato dal calcio di rigore. Nell’ordine: Udinese, Juventus, Napoli, Milan, Atletico Madrid. Questi i dati presi da Understat per la Serie A, Fbref per la Champions League:

  • Inter-Udinese 1-2 (1.67 xG vs 1.20 xG)
  • Juventus-Inter 4-3 (0.77 xG vs 1.02 xG)
  • Napoli-Inter 3-1 (1.19 xG vs 2.07 xG)
  • Inter-Milan 0-1 (1.74 xG vs 0.86 xG)
  • Atletico Madrid-Inter 2-1 (1.10 xG vs 1.40 xG)

Un dato che sta a significare che l’Inter produce tanto anche nei big match, ma spreca troppo. Vedi primo tempo contro il Napoli, sul 2-3 contro la Juventus o sullo 0-0 e dopo il gol di Pulisic contro il Milan.

Non ha un calciatore da “giocata decisiva”

Il dato sugli xG ha sicuramente un significato immediatamente percepibile (l’Inter spreca tanto), ma anche un altro intrinseco. La squadra di Chivu ha spesso perso i big match perché non ha un giocatore in grado di risolverlo da solo, un giocatore che spacchi la partita o che inventi la giocata. Lautaro Martinez è tra i migliori al mondo ma non ha quelle caratteristiche, Barella e Mkhitaryan hanno altre grandissime qualità, gli esterni incidono ma sono calciatori da uno contro uno, Thuram potrebbe essere l’unico a farlo, ma l’infortunio, il ritardo di condizione e altri fattori fin qui non glielo hanno permesso.

Ai nerazzurri manca quello che Pulisic o Leao sono per il Milan, Yildiz per la Juventus, McTominay e ultimamente Neres per il Napoli, Lookman per l’Atalanta negli anni scorsi. Un calciatore in grado di inventare la giocata, un gol, risolvere partite chiuse con un dribbling o un big match con un lampo nello stretto. Da tutti questi punti può passare l’essere pronti o meno per vincere. Problema risolvibile, ci mancherebbe.

L’Inter è al momento tra le prime otto in Champions League, a un punto da Milan e Napoli – coppia in testa alla classifica – in Serie A e rimane tra le favorite in tutte le competizioni in cui gioca. Ma se il Verona non ti punisce perché i valori in campo sono diversi e magari al 95esimo arrivano i tre punti, Milan, Napoli, Juventus, Atletico Madrid e Liverpool sì. Che sia una giocata del singolo, una ripartenza, un errore del portiere o un’ingenuità poco cambia. Il risultato è fin qui stato sempre lo stesso: l’Inter non ha vie di mezzo. O vince divertendo o perde. E in un campionato equilibrato e che si deciderà per dettagli, un punto può fare tutta la differenza del mondo. Per il morale e per la classifica.

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