Perché l’industria della salute è così critica con il governo sulla manovra

  • Postato il 5 novembre 2025
  • Di Il Foglio
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Perché l’industria della salute è così critica con il governo sulla manovra

La manovra di bilancio piace, ma non basta. Occorre fare di più, adesso. E’ questa, in sintesi, la posizione dell’industria della salute italiana dopo le audizioni parlamentari. Il governo – riconoscono imprese e associazioni – ha dato segnali di attenzione alla sanità pubblica e al ruolo strategico del comparto, ma per garantire vera competitività e attrarre investimenti serve una visione di lungo periodo: una politica industriale per la salute. A dirlo al Foglio sono Marcello Cattani, presidente di Farmindustria, e Fabio Faltoni, presidente di Confindustria Dispositivi Medici, che condividono la stessa linea di fondo: apprezzamento per le misure inserite nella manovra, ma anche la richiesta di un cambio di passo. “Con un +35 per cento di export, a fronte del +4 per cento di Germania, Francia e Spagna, l’industria farmaceutica si conferma un pilastro del Made in Italy – spiega Cattani –. Senza il nostro contributo, il dato complessivo delle esportazioni nazionali sarebbe negativo. Ma il contesto globale è di fortissima concorrenza e l’Europa ha già perso terreno rispetto a Stati Uniti e Cina”.

 

Per questo, aggiunge, “è necessario che anche l’Italia adotti misure capaci di rafforzare la sua competitività: ridurre le barriere non tariffarie, a partire dal payback, migliorare l’accesso al mercato e accelerare i tempi di approvazione e rimborso dei nuovi farmaci”. Cattani riconosce che “il disegno di legge di Bilancio contiene misure importanti – dal rafforzamento del Ssn alla cancellazione del payback dell’1,83 per cento, fino all’aumento dei tetti di spesa e alle risorse per la prevenzione – ma non ancora sufficienti perché l’Italia resti attrattiva per investimenti e innovazione”. Le proposte di Farmindustria sono puntuali: “Alzare il tetto per gli acquisti diretti di almeno lo 0,5-1 per cento, ridurre un payback insostenibile – 2,3 miliardi nel 2026 e quasi 3 miliardi nel 2027 – ed escludere i plasmaderivati dal tetto, perché salvavita e strategici per la sicurezza nazionale. Serve poi un sistema value-based per superare un meccanismo iniquo come il payback”. Altro capitolo è quello delle regole che frenano la competitività: “Occorre eliminare misure senza impatto finanziario ma dannose per l’accesso alle cure – osserva Cattani – come il valore di riferimento del -20 per cento per i biotecnologici senza biosimilari o la revisione annuale del prontuario, già competenza dell’Aifa”. La vera sfida, aggiunge, è culturale: “Dobbiamo ridurre i tempi di accesso ai nuovi farmaci, introdurre un modello di early access e aumentare le risorse per prevenzione e immunizzazioni. L’Italia può farsi promotrice in Europa del riconoscimento di queste attività come investimenti per la sicurezza sociale”.

 

Una visione che trova piena sintonia nelle parole di Fabio Faltoni. “Accogliamo con favore la crescente attenzione del Governo verso la sanità e lo stanziamento aggiuntivo del Fondo sanitario nazionale – spiega –. È un segnale importante di consapevolezza sull’importanza di garantire cure adeguate e tecnologie innovative”. Faltoni apprezza anche il focus su “prevenzione e telemedicina”, ma chiede di “assicurare continuità alle risorse per le cure domiciliari, finora sostenute dal Pnrr”. L’aumento del tetto di spesa per i dispositivi medici dal 4,4 al 4,6 per cento nel 2026 è, secondo Faltoni, “un passo atteso ma insufficiente rispetto al fabbisogno reale, stimato tra il 6 e il 6,5 per cento. Servono una programmazione pluriennale di adeguamento e un sistema di monitoraggio dei fabbisogni più efficiente”. Sul payback il messaggio è netto: “Occorre porre fine a un meccanismo che si autoalimenta e mette a rischio la sostenibilità delle imprese. Il settore ha già versato oltre 500 milioni per il periodo 2015-2018: uno sforzo straordinario e non più sostenibile”.

 

Faltoni chiede inoltre che la manovra “sancisca la permanenza del Tavolo sul Payback istituito dal Mef” e rilanci “un dialogo strutturato tra industria, Governo e Regioni per costruire una nuova governance dei dispositivi medici, fondata su efficienza, valutazione degli esiti e sostenibilità delle risorse”. Due voci, un messaggio comune: servono certezze, regole stabili e una visione di lungo periodo. Perché la competitività dell’Italia passa anche dalla capacità di innovare nella salute — un settore che non solo cura, ma genera valore.

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Autore
Il Foglio

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