Perché la Cina manda la guardia costiera nell’Artico, con la Russia

  • Postato il 5 ottobre 2024
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  • Di Formiche
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Pechino ha scelto il giorno del 75º anniversario della fondazione della Repubblica Popolare Cinese, coincidente anche con l’anniversario della creazione delle relazioni diplomatiche tra Russia e Cina, per annunciare un evento di rilevanza simbolica e strategica: per la prima volta nella storia, la Cina ha inviato un’unità della Guardia Costiera nell’Artico per operazioni di pattugliamento congiunto con la Russia. Un’iniziativa che riflette le ambizioni di Pechino nella regione e il pragmatismo di Mosca nell’accettare una crescente presenza cinese in un’area tradizionalmente sotto la sua influenza.

Storicamente, le operazioni della Guardia Costiera sono legate al mantenimento dell’ordine e alla tutela delle leggi in ambito marittimo, ma la Cina ha dimostrato come questo corpo possa essere utilizzato anche per avanzare le proprie rivendicazioni geopolitiche (e avanzarle nel modo più prepotente possibile: considerare già concluse le dispute in corso, al punto di bypassare sentenze di arbitrati internazionali e muoversi come se certi territorio fossero di propria sovranità). Nel Mar Cinese e nello Stretto di Taiwan, la Guardia Costiera Cinese è stata già usata come un mezzo per consolidare il controllo sulle acque contese, a volta abbinata a mezzi militari veri e propri, ma in generale utilizzata per compiere attività di law enforcement anche in territori al di fuori della giurisdizione di Pechino. La scelta di inviare un’unità di pattugliamento nell’Artico risponde a una logica simile: attraverso la presenza marittima, la Cina cerca di legittimare la propria influenza in una regione che, pur non essendo parte delle sue acque territoriali, rientra nella sua visione strategica a lungo termine. E intende far sapere che eserciterà controllo sulle rotte marittime che vi si svilupperanno.

La Cina si è infatti autodefinita una “nazione vicina all’Artico” (near-Arctic state), una formula che le permette di rivendicare un ruolo legittimo nelle discussioni sul futuro economico e politico dell’area. Questo status, esasperato nell’invio della Guardia Costiera, suggerisce che Pechino stia cercando di replicare nell’Artico il modus operandi usato altrove, segnando la sua presenza anche con operazioni di law enforcement che hanno anche un evidente sottotesto geopolitico.

La Russia è, geograficamente e storicamente, uno degli attori principali dell’Artico. Tuttavia, l’invasione su larga scala dell’Ucraina e il conseguente isolamento economico e politico imposto dall’Occidente hanno ridotto significativamente la capacità di Mosca di mantenere una leadership incontrastata nella regione. Questo ha aperto la strada a una maggiore cooperazione con la Cina anche in questo territorio teoricamente di competizione. Pechino sta rafforzando il suo interesse strategico per le rotte marittime e le risorse naturali che potrebbero essere accessibili con lo scioglimento dei ghiacci.

In questo contesto, il pattugliamento congiunto nell’Artico rappresenta una mossa pragmatica da parte della Russia, che accetta di condividere un’aliquota della sua influenza con Pechino pur di garantirsi spazi di prelazione sullo sviluppo delle rotte artiche. La debolezza russa, accentuata dall’incertezza in Ucraina (che più avanti potrebbe avere ricadute anche sulla leadership), lascia poche alternative a Mosca, che vede nella Cina un partner indispensabile per lo sfruttamento dell’Artico futuro.

D’altronde l’Artico, con le sue potenzialità commerciali, diventa sempre più importante in un contesto globale caratterizzato dall’instabilità geopolitica, che ha diretti effetti sulla fluidità geoeconomica. Gli attacchi degli Houthi alle rotte indo-mediterranee del Mar Rosso e la guerra in Medio Oriente (che per esempio sta rallentando il progetto Imec), stanno rendendo insicure le tradizionali vie di collegamento tra Europa e Asia. In questo contesto, la Cina potrebbe vedere l’Artico come un’alternativa a lungo termine, una via sicura per garantire il flusso commerciale tra Europa e Asia, entrando nell’Unione dai porti del nord, senza dover dipendere dalle rotte che attraversano il Mediterraneo e il Medio Oriente, sempre più vulnerabili a conflitti regionali e oggetti del rafforzamento del Fronte Sud della Nato.

Russi e cinesi rimangono in apparenza immobili di fronte alla destabilizzazione delle rotte meridionali, anche perché potrebbero vedere nella crisi una finestra di opportunità. Il pattugliamento congiunto nell’Artico, in questo senso, non è solo un atto simbolico di cooperazione, ma parte di un progetto per una rotta alternativa che potrebbe diventare cruciale in futuro.

(Foto: China Coast Guard)

Autore
Formiche

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