Perché il Crotone Calcio è finito in amministrazione giudiziaria: tutte le intercettazioni dietro la decisione
- Postato il 17 settembre 2025
- Calcio
- Di Il Fatto Quotidiano
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“Dagli elementi acquisiti nel corso delle indagini preliminari della Dda di Catanzaro sono emersi sufficienti indizi per ritenere che l’attività economica, compresa quella di carattere imprenditoriale, della FC Crotone s.r.l. è stata sottoposta, nel corso dell’ultimo decennio, direttamente o quantomeno indirettamente a condizioni di intimidazione e assoggettamento a opera di esponenti di articolate e ramificate cosche di ‘ndrangheta”. Il riferimento è all’inchiesta “Glicine-Acheronte e questo è quanto scrivono la Procura Nazionale antimafia, la Dda di Catanzaro e il questore di Crotone che hanno chiesto e ottenuto dalla sezione Misure di prevenzione del Tribunale il provvedimento di amministrazione giudiziaria, per 12 mesi, nei confronti della società di calcio che milita nel girone C della Serie C.
In particolare, la società “riconducibile, direttamente o indirettamente, alla famiglia Vrenna”, sarebbe stata assoggettata prima “dalla cosca Vrenna-Corigliano-Bonaventura di Crotone” e, in un secondo momento, “dalla cosca Megna di Papanice che si sono succedute – si legge nel provvedimento – nel controllo del territorio di Crotone e delle relative attività imprenditoriali, prima tra tutte (perché più rilevante e appetibile) la FC Crotone srl”. Negli anni, la società di calcio calabrese è stata “sottoposta a un imponente e continuativo pericolo di infiltrazione”. Per dimostrarlo, i magistrati hanno rispolverato precedenti inchieste, ricordando che i fratelli Raffaele e Giovanni Vrenna “sono stati destinatari nel 2015 di una proposta di prevenzione patrimoniale rigettata dall’allora Tribunale di Crotone”.
Nell’ambito della vecchia operazione “Puma”, inoltre, l’ex presidente dalla squadra Raffaele Vrenna è stato anche “arrestato e poi condannato in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa. Per tale fatto è stato, però, assolto dalla Corte d’Appello di Catanzaro, con sentenza confermata dalla pronuncia della Cassazione la quale, tuttavia, ha rinviato alla Corte d’Appello per un nuovo giudizio sul residuo delitto di falso aggravato” dal favoreggiamento alla ‘ndrangheta. Reato questo che si è concluso con “una pronuncia di non doversi procedere per intervenuta prescrizione”. In quel fascicolo, in ogni caso, sono “emersi – si legge – i contatti del Vrenna con la cosca Maesano, finalizzati a ottenere un appoggio sull’iniziativa di realizzare un intervento edilizio nel villaggio turistico Prajalonga”.
Sulla società hanno riempito fiumi di verbali anche alcuni collaboratori di giustizia le cui dichiarazioni “hanno trovato puntuale riscontro documentale” da parte degli inquirenti. Tra questi c’è Luigi Bonaventura che, prima di pentirsi, “aveva assunto un ruolo di primo piano nell’ambito della security del Crotone Calcio”. In sostanza, Luigi Bonaventura assicurava a favore della società calcistica “una serie di agevolazioni non solo relative alla gestione dei ticket di ingresso allo stadio, ma anche alla gestione diretta di tutta una serie di rapporti che in qualche modo potevano turbare la serenità aziendale”. Una di queste era “la pretesa che avevano gente in ambienti criminali di entrare allo stadio gratis”.
“Problemi che gli ho risolto io” dice il pentito, il quale ai pubblici ministeri spiega come, “crescendo, le nostre mansioni cominciano a prendere anche altre forme, del tipo stringere qualche dirigente, comprare ancora i calciatori per condizionare o falsare il risultato della partita…. Omissis… Intimidito e anche aggredito… anche aggredito soggetti che non sposavano completamente l’ideologia della società calcistica facente capo a Raffaele Vrenna”. Le inchieste degli ultimi anni, che hanno decimato i Vrenna hanno determinato una contestuale espansione della cosca Megna di Papanice, guidata dal boss Domenico Megna detto “Micu”, sul territorio di Crotone.
E anche sulla squadra di calcio secondo il pentito Massimo Colosimo, ex appartenente alla cosca Trapasso di San Leonardo di Cutro: “Mi chiedete dei rapporti tra la cosca di Papanice e il Crotone Calcio – ha dichiarato ai magistrati – Posso dirvi che Bolognino (Michele, ritenuto affiliato ai Megna, ndr) nel corso della nostra frequentazione, mi fece intendere che la famiglia Vrenna aveva stretti rapporti con i papaniciari”. Fondamentali sono le dichiarazioni del pentito Francesco Oliverio secondo cui “Raffaele e Gianni Vrenna divennero ad accordi”. La svolta è stata la scelta del boss Pino Vrenna di collaborare con la giustizia: “Dopo qualche anno le cose sono di nuovo riassettate – ricorda – Nel 2015/2016 so che si sono presentati o papaniciari e qualche cosa prendono, in più tipo biglietti del campo… li dividevano loro. Come tipo il coso delle sciarpe, magliette, tutte queste cose qui sportive diciamo, lo gestivano i Barilari. Per conto dei Barilari lo gestiva ‘Mastazzolo’ Francesco che fa il capo ultrà del Crotone, gestisce i viaggi, le trasferte, ma sempre con introiti”.
“I Vrenna non sono più niente dottò”, racconta ancora il pentito Oliverio al sostituto della Dna Paolo Sirleo che lo ha più volte interrogato assieme al pm Domenico Guarascio, oggi procuratore di Crotone: “Parlo degli imprenditori… Gli hanno rotto il braccio a Rafele (Raffaele, ndr) Vrenna, u frata i Gianni (il fratello di Gianni, ndr)”. Dalle indagini effettuate nell’ambito del procedimento ‘Glicine-Acheronte’ – si legge provvedimento di amministrazione giudiziaria – è “emersa in maniera lampante l’ingerenza della ‘ndrangheta anche nell’approvvigionamento dei tagliandi di ingresso allo stadio e nella successiva distribuzione”.
Ma non solo: le intercettazioni captate durante importanti incontri di calcio “sono esplicative delle pretese avanzate dalla cosca Megna per il tramite di Cesare Carvelli”. Quest’ultimo è stato condannato in primo grado a 6 anni e 8 mesi di reclusione e “ha rivestito, per la stagione calcistica 2016/2017, anche il ruolo di autista della squadra”. Grazie ai rapporti intrattenuti con vari stewards (“i ragazzi miei”, li chiama), inoltre, Carvelli ha “reiteratamente garantito l’accesso allo stadio a soggetti privi di regolare titolo di ingresso”.
“Se ti vuoi vedere la partita devi andare a parlare con Mico Megna”. La partita era Crotone-Inter, mentre Megna è il boss e zio di Cesare Carvelli che, in un’altra intercettazione, dice: “Avevo due biglietti junior… che me li ha dati il presidente, il figlio del presidente me li ha mandati con Galardo”. Dall’inchiesta, secondo il tribunale “emerge che il pericolo di infiltrazione è sorto anzitutto in considerazione della vicinanza dei fratelli Raffaele e Giovanni Vrenna agli ambienti criminali locali per effetto del legame di sangue intercorrente con la cosca Vrenna, legame che, per quanto consta allo stato, è rimasto allo stadio della contiguità, finalizzata a mantenere una condizione di ‘tranquillità ambientale’”.
In altre parole “l’amministrazione del Crotone Calcio ha polarizzato gli interessi dei gruppi ‘ndranghetistici locali tanto è vero che all’indebolimento dell’influenza della cosca Vrenna è immediatamente succeduta la cosca Megna, impostasi a più livelli, dalla gestione dei servizi di vigilanza a quello della gestione dei tickets di ingresso allo stadio”. Da qui la decisione del Tribunale di Catanzaro di sottoporre la società all’ amministrazione giudiziaria.
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