Per la sanità pubblica 13 miliardi in meno in 3 anni. Un italiano su 10 non si cura. Esplode la spesa privata: +137%

  • Postato il 9 ottobre 2025
  • Politica
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Le politiche sanitarie messe in atto negli ultimi anni stanno portando a un progressivo smantellamento del Servizio sanitario pubblico, finendo per favorire gli interessi del settore privato. Di riforme strutturali non se ne parla e le risorse per la salute pubblica, checché se ne dica, sono sempre meno. Se è vero che il Fondo sanitario nazionale è aumentato in termini assoluti (+11,1 miliardi di euro nel triennio 2023-2025), la sua percentuale sul Pil è diminuita fino al 6,1% del 2024. Un definanziamento che, complice l’erosione dovuta all’inflazione, equivale a una perdita di 13,1 miliardi di euro in tre anni. Così è sempre più difficile erogare i servizi a tutti. Le liste d’attesa si allungano, i carichi di lavoro del personale sanitario peggiorano e i pronto soccorso, frontiera della sanità pubblica, soffrono di una pressione costante. Ed è in queste difficoltà del Ssn che si inserisce il libero mercato: la spesa delle famiglie per il “privato puro” è esplosa dal 2016, con un +137%. Il risultato è che chi non può permetterselo, non si cura, compromettendo l’universalismo del sistema: nel 2024, un italiano su dieci ha rinunciato a prestazioni sanitarie per motivi economici.

È quanto emerge dal rapporto annuale diffuso dalla Fondazione Gimbe, l’8° pubblicato dall’organizzazione presieduta da Nino Cartabellotta. “Siamo testimoni di un lento ma inesorabile smantellamento del Ssn, che spiana inevitabilmente la strada a interessi privati di ogni forma – commenta il presidente di Gimbe -. Continuare a distogliere lo sguardo significa condannare milioni di persone a rinunciare al diritto alla salute. Aumentano le disuguaglianze, le famiglie sono schiacciate da spese insostenibili e il personale sanitario è sempre più demotivato”. Il 9,9% della popolazione, oltre 5,8 milioni di persone, non si è curato per motivi economici. E le disuguaglianze territoriali portano alcune Regioni, come la Sardegna, a raggiungere picchi fino al 17,7%. Secondo i dati del 2023, solo 13 Regioni rispettano i Livelli essenziali di assistenza (Lea). Al Sud, solo Puglia, Campania e Sardegna sono in linea. Questo comporta che le persone debbano migrare per curarsi: la mobilità sanitaria vale oltre 5 miliardi di euro, con un saldo positivo per le Regioni del Nord e negativo per il Meridione. L’aspettativa di vita riflette questo divario: al Sud si muore in media tre anni prima: a 84,7 anni in Trentino, a 81,7 in Campania.

“Questo scenario – avverte Cartabellotta – documenta un’evoluzione dell’ecosistema dei privati in sanità, dove il libero mercato si sta espandendo grazie alle sinergie tra finanziatori ed erogatori privati, creando un binario parallelo e indipendente dal pubblico, riservato solo a chi può permetterselo. Nessun governo ha mai dichiarato di voler privatizzare il Ssn. Ma il continuo indebolimento del pubblico favorisce l’espansione dei privati”. In questo panorama, l’obiettivo pubblico di tutelare la salute lascia spazio a quello imprenditoriale di generare profitti. Secondo i dati del ministero della Salute, nel 2023 su 29.386 strutture sanitarie, 17.042 (il 58%) sono private accreditate e prevalgono sul pubblico in varie aree: assistenza residenziale (85,1%), riabilitativa (78,4%), semi-residenziale (72,8%) e specialistica ambulatoriale (59,7%). E il “privato puro” corre ancora di più: tra il 2016 e il 2023 la spesa delle famiglie presso queste strutture è passata da 3,05 a 7,23 miliardi di euro.

Secondo i dati Istat, la spesa sanitaria per il 2024 ammonta a 185,12 miliardi di euro: 137,46 di spesa pubblica (74,3%) e 47,66 di spesa privata, di cui 41,3 (22,3%) pagati direttamente dalle famiglie (out of pocket) e 6,36 (3,4%) da fondi sanitari e assicurazioni. Complessivamente l’86,7% della spesa privata grava direttamente sui cittadini. “L’aumento dei costi a carico delle famiglie – osserva Cartabellotta – rompe il patto tra cittadini e Istituzioni, con milioni di persone costrette a pagare la sanità di tasca propria o, se indigenti, a rinunciare alle prestazioni”. E conclude: “Non c’è più la sicurezza di poter contare su una sanità pubblica che garantisca certezze”.

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Il Fatto Quotidiano

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