Per la Corte il Ponte deve essere un’autostrada
- Postato il 3 novembre 2025
 - Italia
 - Di Libero Quotidiano
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                                                                            Per la Corte il Ponte deve essere un’autostrada
Più si scava nel confronto di mercoledì 29 ottobre tra i magistrati della Corte dei Conti e i funzionari dei ministeri coinvolti nella progettazione del Ponte sullo Stretto, più nei racconti di questi ultimi emergono anomalie. «Quesiti totalmente lontani dal nocciolo della questione e lamentele su aspetti burocratico-procedurali», riferiscono, che male si conciliano con la missione che la Costituzione assegna ai magistrati contabili e al loro organismo: esercitare il controllo preventivo di legittimità sugli atti del legislatore, astenendosi da ogni valutazione sull’opportunità e sul merito di quelle decisioni.
Di questi, governo e parlamento devono rispondere solo agli elettori.
Questo “scontro tra poteri” si è consumato anche sulla questione in apparenza più banale: cosa è il Ponte sullo Stretto? Per il ministero delle Infrastrutture è una «strada di categoria B». Ovvero una strada extraurbana principale, nel linguaggio comune una «superstrada». La legge del 1992 definisce questa infrastruttura come una «strada a carreggiate indipendenti o separate da spartitraffico invalicabile, ciascuna con almeno due corsie di marcia e banchina pavimentata a destra, priva di intersezioni a raso, con accessi alle proprietà laterali coordinati, contraddistinta dagli appositi segnali di inizio e fine».
Il pedaggio non è una discriminante: anche la percorrenza di una superstrada può essere condizionata al pagamento di una tariffa, come accade con la Pedemontana Veneta (15,70 euro per una berlina che viaggia da Montecchio Sud a Spresiano; per il Ponte, Matteo Salvini ha previsto un pedaggio «sotto ai 10 euro»).
QUESTIONE DI VELOCITÀ 
La Corte dei conti, durante quell’adunanza che ha preceduto la camera di consiglio in cui è stata bocciata la delibera del Cipess, ha contestato questa catalogazione. Carmela Mirabella (magistrato relatore del procedimento) e Valeria Franchi (colei che ha istruito la pratica) lo avevano già fatto in una lettera inviata in settembre allo stesso comitato interministeriale, e la critica è stata ripetuta ai tecnici dei ministeri chiamati in audizione: il Ponte, secondo le toghe, deve essere considerato un’autostrada. Anche se questa ha caratteristiche molto simili a quelle di una superstrada, la normativa di riferimento, per i controlli e non solo, è diversa. Una modifica del genere imporrebbe un slittamento dell’inizio dei lavori a una data non prevedibile.
Gli esperti dei ministeri hanno risposto ricordando ai magistrati contabili che esiste una differenza fondamentale tra i due tipi di opere: secondo il Codice della strada la velocità massima ammessa in autostrada è di 130 chilometri l’ora, mentre sulle superstrade è di 110 chilometri orari. Sarà quest’ultimo, dunque, il limite da rispettare sul Ponte. Spiegazione che non pare aver convinto i magistrati, i quali hanno insistito. Esprimendo così un giudizio sul merito, non sulla legittimità dei provvedimenti varati dal governo, dunque fuori dai confini che la Costituzione assegna alla Corte dei Conti. Spetta al legislatore decidere che tipo di opera deve essere il Ponte e a quale velocità potrà essere attraversato. Qualcosa di simile, nella stessa seduta, è successo durante la discussione sul costo dell’opera. I magistrati hanno espresso il dubbio che esso superi del 50% il costo del progetto originario. È un punto decisivo: fosse così, in base alle normative europee sarebbe necessario fare una nuova gara d’appalto internazionale, cancellando quella vinta nel 2005, durante il terzo governo Berlusconi, dal consorzio Eurolink, capeggiato da Impregilo (oggi Webuild). Significherebbe azzerare la tabella di marcia.
Ma si tratta, appunto, di un dubbio, di un’ipotesi avanzata dai magistrati. Ossia, ancora una volta, di una loro opinione, non di un fatto accertato. In diritto penale sarebbe chiamata «presunzione di colpevolezza».
LA GRANDE ESCLUSA 
Chi avrebbe potuto dare risposte dettagliate su questo aspetto non erano i tecnici ministeriali convocati all’adunanza, bensì i rappresentanti della concessionaria per la realizzazione dell’opera, la Società Stretto di Messina. Non lo hanno fatto, è stato spiegato, perché questa non era stata ammessa a partecipare al confronto. Una notevole «anomalia organizzativa», a detta di chi era lì, a maggior ragione perché la società è interamente controllata dallo Stato (il 55% del capitale fa capo al ministero dell’Economia, il 37% all’Anas, il resto a Rete Ferroviaria Italiana e alle due Regioni interessate). Il ministero delle Infrastrutture, si è appreso, nemmeno era stato informato della possibilità di far partecipare i rappresentanti della società in una sala a latere. In quella stessa seduta, come già raccontato su questo giornale, i funzionari ministeriali hanno notato altre “irritualità”. Come le critiche del magistrato che, anziché porre domande, ha fatto l’arringa contro un’opera «mastodontica» i cui costi ricadrebbero sui «nostri figli».
Elementi che dipingono una Corte diversa da un organismo imparziale e rispettoso dei poteri del legislatore, interessato solo a valutare i «profili strettamente giuridici» della vicenda, come essa stessa si è descritta nei suoi comunicati. Una tesi che la Corte, peraltro, potrebbe confermare facilmente, cancellando ogni dubbio sul proprio operato, se solo rendesse pubblica la registrazione di quell’adunanza, anziché tenerla chiusa in un cassetto.