Pensioni: 3 milioni di lavoratori in uscita entro il 2029. Durigon: «stop allo “scalino Fornero” e Tfr in rendita»
- Postato il 25 agosto 2025
- Di Panorama
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Oltre 3 milioni di lavoratori italiani lasceranno il lavoro nei prossimi quattro anni. Significa, secondo lo studio della Cgia di Mestre, del 12,5% della forza lavoro nazionale. Un “tsunami previdenziale” che rischia di ridisegnare profondamente il mercato del lavoro, già oggi in affanno per la difficoltà a reperire manodopera. E le pensioni sono al centro dell’agenda politica. Con il “cantiere manovra” che dà i primi segnali dal Meeting di Rimini dove il sottosegretario al lavoro Claudio Durigon ha acceso il dibattito parlando di un congelamento dell’incremento dell’età di pensionamento, di una trasformazione del Tfr in rendita, per la pensione anticipata e di addio a Quota 103.
Lo studio della Cgia: tre milioni di lavoratori italiani in pensione entro il 2029
A quantificare il fenomeno è l’Ufficio studi della CGIA di Mestre, che ha elaborato i dati del Sistema Informativo Excelsior di Unioncamere e Ministero del Lavoro. Il bilancio è chiaro: in soli cinque anni il Paese perderà una quota di lavoratori mai vista prima. Dei poco più di tre milioni di addii previsti, 1,6 milioni riguarderanno dipendenti privati (il 52,8% del totale), 768 mila interesseranno l’amministrazione pubblica (25,2%) e 665 mila i lavoratori autonomi (21,9%). In larghissima parte si tratterà di uscite per raggiunti limiti d’età, ma non mancheranno casi di ritiri volontari, perdita dell’impiego, migrazioni all’estero o passaggi al lavoro indipendente. Dati che mettono in allarme le imprese, già oggi alle prese con la cronica mancanza di manodopera qualificata in diversi settori, e lo Stato che fare i conti con il peso che questo esodo avrà sulla spesa previdenziale.
Durigon al Meeting di Rimini: Tfr in rendita, stop all’aumento dell’età e addio a Quota 103
Il futuro del sistema previdenziale sarà certamente al centro del dibattito sulla prossima Manovra anche quest’anno e ha aperto il dibattito il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, che dal Meeting di Rimini ha illustrato le linee guida della strategia dell’esecutivo (o della Lega) in materia previdenziale. Al centro, tre direttrici: il congelamento dell’innalzamento dell’età pensionabile previsto dal 2027, l’uso del Tfr come rendita pensionistica e la revisione degli attuali canali di uscita anticipata.
Il primo punto riguarda il cosiddetto “scalino Fornero”. Senza interventi, nel 2027 l’età per la pensione di vecchiaia salirebbe da 67 a 67 anni e 3 mesi in base all’adeguamento automatico alla speranza di vita. Fermare l’aumento costerebbe circa un miliardo di euro l’anno, per un totale di circa 2 miliardi nel biennio 2027-2028, secondo le stime Inps. Durigon ha spiegato di aver già incassato l’apertura del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti a inserire il provvedimento in manovra, anche se resta il nodo delle coperture.
La seconda novità riguarda il Tfr. L’idea è permettere a chi ha almeno 64 anni e 25 anni di contributi di trasformare la liquidazione accumulata in rendita, così da colmare la soglia minima di assegno pari a tre volte l’assegno sociale (1.616 euro al mese). La misura, su base volontaria, ridurrebbe o azzererebbe la liquidazione percepita in un’unica soluzione, ma garantirebbe pensioni più dignitose e una tassazione agevolata, simile a quella già prevista per i fondi pensione. Inoltre, l’utilizzo del Tfr in questa forma eviterebbe un impatto significativo sui conti Inps, dal momento che i 6,8 miliardi di euro di liquidazioni versate ogni anno verrebbero spalmati in più rate anziché liquidati in un colpo solo. Durigon immagina un doppio impiego dello strumento: da un lato per anticipare l’uscita, dall’altro per finanziare fondi di long term care destinati ai non autosufficienti.
Sul fronte delle altre misure, il sottosegretario ha dichiarato che Quota 103 ha esaurito la sua spinta: nel 2024 i pensionamenti liquidati con questa formula sono stati appena 1.153, un crollo rispetto alle oltre 23 mila domande del 2023. “Non rappresenta più una forma ottimale di flessibilità”, ha ammesso. Diverso il destino di Opzione donna, che pur con numeri molto bassi (poco più di mille pensioni liquidate nel primo semestre 2025) sarà “rafforzata” per tenere conto del peso del lavoro di cura sulle lavoratrici.
Infine, c’è il capitolo incentivi. Per chi sceglie di restare al lavoro nonostante i requisiti, il cosiddetto bonus Giorgetti, l’esenzione fiscale sui contributi a carico del dipendente, dovrebbe essere confermato e rilanciato come strumento di “libertà di scelta”.
L’Inps, per bocca del presidente Gabriele Fava, si è limitata a sottolineare che ogni decisione spetta al legislatore, ribadendo la disponibilità ad attuare fedelmente le norme che verranno introdotte. Sindacati e opposizioni, invece, restano critici: da un lato il rischio che l’utilizzo del Tfr riduca il potere di scelta dei lavoratori, dall’altro i dubbi sulla reale sostenibilità finanziaria del congelamento dell’età.