Pensava fosse un semplice raffreddore, poi il suo occhio ha iniziato a gonfiarsi ed “è schizzato fuori come una pallina da golf”: cos’è la cellulite orbitaria e i rischi per il cervello

  • Postato il 18 dicembre 2025
  • Salute
  • Di Il Fatto Quotidiano
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La vicenda di Sophie Bell, 18 anni di Londra, è iniziata come un semplice raffreddore. Qualche starnuto, un po’ di congestione nasale, la tipica sinusite che molti adolescenti liquidano con leggerezza. Nel giro di poche ore, però, il suo occhio ha iniziato a gonfiarsi in modo anomalo ed “è schizzato fuori come una pallina da golf”: prima un arrossamento, poi un rigonfiamento sempre più evidente, fino a spingerla al pronto soccorso. Lì i medici hanno scoperto una cellulite orbitaria già estesa, con una raccolta purulenta che pressava sul bulbo e un’infezione in rapido avanzamento verso il cervello. È stata operata d’urgenza, evitando complicanze gravissime. Una storia che ci ricorda quanto velocemente un’infezione comune possa trasformarsi in una situazione critica. Ma quanto può essere frequente un caso del genere e come riconoscere i segnali d’allarme?

L’esperto: “Attenzione a non ritardare l’intervento”

“Il caso riportato è sicuramente poco frequente. La cellulite orbitaria è una patologia relativamente rara – spiega al FattoQuotidiano.it il professor Roberto Cauda, infettivologo, Università Campus Biomedico e consulente per le malattie infettive dell’European Medicines Agency (EMA) . Nel caso specifico, sembra ci sia stata un’infezione inizialmente legata a un raffreddore, che può aver creato le condizioni per una successiva infezione batterica dei seni paranasali, poi diffusa all’occhio.

Parlando in generale, la cellulite orbitaria deriva da un focolaio infettivo esterno: più spesso una sinusite, ma talvolta anche una ferita o una puntura di insetto in un’area vicina, o un’infezione dentale. È una malattia di origine batterica. La possibile evoluzione verso forme più gravi, come un ascesso cerebrale o una meningoencefalite, dipende dal fatto che l’orbita è in continuità con le strutture intracraniche. Se la terapia viene avviata tardi, l’infezione può progredire verso il sistema nervoso centrale”.

I segnali d’allarme da non ignorare

Quali sono i sintomi “rosso allarme” da non sottovalutare?
“Quando la cellulite orbitaria è nella fase conclamata i sintomi comprendono tumefazione e arrossamento della palpebra e dei tessuti molli perioculari, arrossamento della congiuntiva, dolore, riduzione dei movimenti oculari perché i muscoli sono coinvolti dall’infiammazione e, nei casi più gravi, una riduzione della capacità visiva. Compare inoltre la proptosi, cioè la sporgenza dell’occhio dovuta alla pressione dei tessuti infiammati retrostanti. A questi si associano spesso i sintomi della sinusite, talvolta un’infezione dentaria, cefalea, sonnolenza e quasi sempre febbre”.

Diagnosi rapida e doppio binario terapeutico

Una volta sospettata la cellulite orbitaria, quanto conta intervenire rapidamente con diagnostica e antibiotici? E quando diventa necessario l’intervento chirurgico?
“Nelle forme evidenti la diagnosi clinica non è difficile, perché l’aspetto dell’occhio orienta con rapidità. Tuttavia per valutare la gravità, l’estensione e la necessità di un approccio chirurgico servono esami radiologici: la TAC è la più utilizzata, ma anche la risonanza magnetica è importante. Queste indagini sono indispensabili per decidere la strategia terapeutica. Il trattamento deve iniziare subito con antibiotici mirati ai germi più probabili. Ma non tutti i casi rispondono alla sola terapia antibiotica: nelle forme avanzate è necessario un intervento chirurgico per drenare la raccolta purulenta e ridurre la pressione nell’orbita”.

E in termini di prevenzione, quali indicazioni per medici e cittadini?
“Il trattamento tempestivo delle sinusiti e delle infezioni dentarie è decisivo. Il medico di prima linea deve considerare questi quadri come un’emergenza: richiedere rapidamente gli esami strumentali e avviare subito la terapia antibiotica. Non bisogna mai sottovalutare una sinusite, soprattutto nel periodo invernale in cui il raffreddore favorisce la sovrainfezione batterica. Una terapia antibiotica precoce, quando indicata, è fondamentale per evitare complicanze rare ma possibili”.

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