Pedagogia antimafia, Curcio e Guarascio: «Le mafie si nutrono di indifferenza»

  • Postato il 15 dicembre 2025
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Pedagogia antimafia, Curcio e Guarascio: «Le mafie si nutrono di indifferenza»

Incontro con i procuratori Curcio e Guarascio nell’ambito del ciclo di Pedagogia antimafia di Unical e liceo Pitagora di Crotone


CROTONE – «Le mafie si nutrono di indifferenza. Il sonno dei giusti non è più consentito. Anzi, è pure immorale quando diventa disimpegno sociale». Lo ha detto il procuratore di Catanzaro, Salvatore Curcio, intervenendo al nuovo ciclo seminariale di Pedagogia antimafia promosso da Università della Calabria e liceo classico Pitagora. Davanti a una platea strapiena di studenti, il magistrato ha spiegato come si è evoluta la ‘ndrangheta. Ha raccontato la ‘ndrangheta sanguinaria della strage ai campetti in cui morì il piccolo Dodò e quella affaristica e tecnologica degli ultimi anni. Lo ha fatto ricordando, innanzitutto, quanto fu difficile occuparsi dell’inchiesta sulla morte di quell’anima innocente, finita nella traiettoria assassina di un commando di ‘ndrangheta mentre giocava a calcetto. Fu l’ultima requisitoria del pm Curcio prima di passare alla Procura generale di Catanzaro.

LA STRAGE AI CAMPETTI

«Ho seguito – ha ricordato Curcio – l’indagine sulla cosca di contrada Cantorato e sulla strage dei campetti, occupandomi sia del troncone processuale relativo all’associazione mafiosa che di quello sui fatti di sangue.  Quelle pagine trasudavano dolore da ogni parte. È stato difficile da un punto di vista emotivo. Come padre e come cittadino, oltre che come magistrato. Molti dicevano che Dodò si era trovato al posto sbagliato nel momento sbagliato. Ma un campo di calcio non è un luogo sbagliato per un bambino che vuole giocare. Alcuni commenti dimostravano una mentalità che, ancora oggi, va sradicata».

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DAL DOLORE ALL’IMPEGNO

Il magistrato ha ricordato la parabola dei genitori di Dodò, che hanno trasformato il dolore in impegno. «Non c’è disgrazia peggiore che quella di sopravvivere al proprio figlio. Ripercorrendo le vicende del processo mi venne in mente San Paolo. Perché quella sembrava essere una situazione senza speranza. “Contra spem in spem credidit”, dice San Paolo.  Non bisogna mai perdere la speranza nella vita, proprio come hanno fatto Francesca e Giovanni, i genitori di Dodò, andando nelle scuole di tutta Italia. Bisogna cambiare l’approccio rispetto a ciò che accade accanto a noi. Andate a Barbiana. Sulla porta c’è scritto I care, “A me importa”. Era il motto di don Milani. Bisogna preoccuparsi dell’altro. Ecco perché abbiamo bisogno di educare. La cultura è la sola cosa che può cambiare il mondo. La kalokagathia, come dicevano i Greci, può cambiare il mondo. Può cambiarlo la bellezza della giustizia».

L’EVOLUZIONE DELLA ‘NDRANGHETA

Il tema del seminario era quello della ‘ndrangheta globale. E Curcio ha spiegato che la ‘ndrangheta che oggi spara meno, perché si muove sotto traccia grazie alla sua vocazione affaristica, non è meno pericolosa di quella sanguinaria degli anni passati. «Come tutti i fatti umani anche la ‘ndrangheta si evolve. È capace di stare al passo con i progressi scientifici. Prima aveva un volto agrario, poi negli anni ’70 abbiamo assistito alla fase terribile dei sequestri di persona. Le vittime venivano private della propria libertà e trasportate, spesso, in Aspromonte. Spesso, si dimentica che questa stagione venne inaugurata a Monasterace e Lamezia Terme. Il rapito veniva rilasciato dietro pagamento di un riscatto e la ‘ndrangheta così si arricchiva. Quello di oggi è un mondo diverso. Oggi la principale fonte di guadagno è il narcotraffico. La cosa grave sta nel fatto che l’opinione pubblica non ha neppure lontanamente contezza  del volume di affari della ‘ndrangheta».

‘NDRANGHETA AFFARISTICA

Curcio ha ricordato una sua inchiesta nell’ambito della quale fu sequestrato un istituto di credito sanmarinese. «Immaginate cosa sarebbe stata una banca in mano  ai mafiosi. La più grande lavatrice del mondo». Dai criptofonini al darkweb alle criptovalute, Curcio ha ripercorso i diversi volti di una piovra multiforme che, secondo alcune sollecitazioni politiche, si dovrebbe contrastare con i pedinamenti più che con le intercettazioni. «Ci scontriamo con qualcuno che ignora la realtà investigativa attuale.  Abbiamo avuto sempre la migliore polizia giudiziaria al mondo, specie per le indagini di mafia, eppure per decodificare le piattaforme criptate di comunicazione ci siamo dovuti rivolgere a Francia e Olanda. Sembra guardia e ladri.  Ci sarà sempre qualcuno che deve rincorrere. La realtà, oggi, è che le mafie sono sempre più avanti perché si aggiornano».

PERSONE OFFESE IGNORATE

Accenni anche al dibattito sulla giustizia e a riforme che riservano «poca attenzione ai diritti delle persone offese nel procedimento penale». Secondo Curcio, «Lo Stato prevede un ristoro e un risarcimento per le vittime di mafie ma spesso queste somme non vengono impiegate. Si potrebbe fare molto dal punto di vista normativo, snellendo le procedure. Se gli imprenditori fossero consapevoli che qualcuno provvede al loro risarcimento e se accedere ai fondi fosse più semplice, le cose sarebbero diverse. La cosa fondamentale, però, è sempre la vicinanza della comunità. Le mafie si nutrono di silenzi e indifferenza».  Citando Massimo Cacciari, il procuratore ha detto che «oggi non è più tempo per la fuga immobile».

PC VECCHI DI 10 ANNI

Sulla stessa lunghezza d’onda il procuratore di Crotone, Domenico Guarascio, che ha denunciato il gap tecnologico degli uffici giudiziari in territori frontiera. «Continuiamo ad essere sprovvisti nelle Procure della tecnologia di supporto al nostro lavoro e necessaria per le indagini in un mondo che muta di continuo. A Crotone abbiamo computer vecchi di dieci anni».  Porta anche la sua firma l’inchiesta Glicine-Acheronte che svelò l’interesse della ‘ndrangheta crotonese per il sofisticato scenario criminale del trading clandestino on line. Una di quelle inchieste che dimostrano come le mafie siano diventate ibride, operando on line e off line. «Il fenomeno criminale è onnivoro e bisogna stare al passo con i tempi», ha detto, senza entrare nel merito di vicende giudiziarie pendenti.

NON SERVONO EROI

Guarascio ha salutato positivamente la tendenza, inedita nel Crotonese anche se ancora minoritaria, alla denuncia. Sono diversi gli imprenditori che si stanno ribellando al racket, come dimostrano alcune recenti inchieste antimafia. «Il cambiamento è possibile. Non bisogna chiedere atti di eroismo alle persone, bisogna dargli gli strumenti giusti perché purtroppo si parla di diritti degli imputati ma si parla pochissimo delle vittime. La solitudine di chi denuncia è terribile. Vivere in certi territori è complesso, perché qui ancora vige il concetto di “infame” da cui bisogna rifuggire. Chi propugna l’infamità propugna la legge del più forte. Bisogna liberarsi da una forma di schiavitù spesso invisibile. Il silenzio non è una forma di autoconservazione ma di schiavitù».

GLI ALTRI INTERVENTI

In apertura dei lavori la dirigente scolastica Natascia Senatore ha messo in luce la sinergia tra il liceo e l’UniCal, un «percorso in cui crediamo profondamente – ha detto – perché la scuola è fondamento della democrazia». Il prefetto di Crotone, Franca Ferraro, ha sottolineato il lavoro svolto da «Docenti che formano alla responsabilità». La professoressa Rossella Frandina, che ha coordinato i ragazzi coinvolti nel ciclo seminariale, introducendo l’incontro ha messo in luce la «visione trasformativa dell’educazione» alla base del percorso. Un ciclo che, grazie anche al contributo dei due procuratori, «consente di parlare a scuola della Costituzione come antidoto alla società mafiogena della disuguaglianza». Non a caso, ha presentato un lavoro svolto dai ragazzi delle seconde classi del liceo, un fumetto che racconta esempi di ribellione alla ‘ndrangheta.

LO STATO SIAMO NOI

«Lo Stato – ha detto, tracciando le conclusioni, il docente UniCal Giancarlo Costabile, ideatore del percorso educativo – non è un’entità astratta. Siamo noi lo Stato, ogni cittadino che si oppone alla ‘ndrangheta con la legalità, il coraggio e la denuncia. Nella lotta alla criminalità organizzata – ha concluso Costabile – la vera forza risiede nella coesione civica e nel rifiuto unanime della prepotenza mafiosa».

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