Patrimoniale, così Landini insidia Schlein mentre Conte guata e la sinistra regala a Meloni lunga vita
- Postato il 9 novembre 2025
- Politica
- Di Blitz
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La patrimoniale: mai come in questo momento diventa uno scontro politico.
“Con noi non vedrà mai la luce”, sostiene Giorgia Meloni. “Lei è una Robin Hood al contrario”, replica Elly Schlein, “perchè favorisce i ricchi dimenticando i poveri”.
Se questa è l’ennesima guerra che si fanno destra e sinistra (ad alto livello), il merito è di Maurizio Landini che, vistosi messo all’angolo per una serie di iniziative sbagliate, lancia il grido che può salvarlo: “In questa Italia che diventa sempre più vicina alla classe che non ha problemi, c’è bisogno assoluto di rivedere il mondo delle tasse”.
Eccola, dunque, la parola (patrimoniale) che può tirare fuori dalle secche il leader della Cgil. Ci sono sostantivi nel vocabolario italiano che servono a chi è in disgrazia e non sa come uscirne.
Patrimoniale e fascismo ancore della sinistra

Il primo è appunto la patrimoniale, così come il fascismo che la storia ha cancellato da oltre ottant’anni e non potrà mai tornare. Però, la sinistra più oltranzista, quando è con l’acqua alla gola, se ne serve perchè è certa che la buriana finirà e lei potrà essere più tranquilla.
Se il padrino di questo termine è stato stavolta Landini a servirsene però è la Schlein che lo tira fuori quando sente aria di burrasca. La segretaria di via del Nazareno non vive giorni sereni, si accorge che la sua popolarità va scemando, che i suoi amici-nemici le stanno più sul collo. Siedono sulla riva del fiume, ma sono certi che qualcosa succederà.
Potrebbe essere ad esempio il voto delle regionali ormai prossimo. Sul Veneto e sulla Puglia non dovrebbero esserci sorprese, il divario è talmente grande che in questo caso i sondaggi non possono sbagliare.
La variante De Luca
È sulla Campania che si gioca il predominio. Non perché Giuseppe Conte potrà fare lo sgambetto alla sua rivale: il candidato del campo largo è Roberto Fico, un grillino della vecchia guardia che ora non potrà tradirlo.
È il suo stesso partito, il Pd, che potrebbe rivoluzionare il pronostico. Vincenzo De Luca, l’ormai ex governatore, gode della massima popolarità a Napoli e dintorni. Ha tentato in tutte le maniere di rimanere sulla sua poltrona, ma il regolamento del doppio mandato glielo ha impedito.
Si è dovuto piegare dinanzi alla legge, ma è proprio sicuro che il suo voto (e quello dei fedelissimi) sarà lo stesso voluto dai dem?
Nel caso in cui, malauguratamente per Elly, i risultati le daranno torto, i riformisti sono pronti ad alzare le barricate per dimostrare che il partito dovrà cambiare rotta.
In primo piano appare il volto di Dario Franceschini il quale ritiene che con la svolta troppo a sinistra voluta dalla Schlein non si potrà mai battere l’attuale maggioranza. I numeri, comunque, danno poche possibilità a questo gruppo di avere partita vinta.
La grande occasione verrà data loro dal referendum della primavera perché se il “si” dovesse trionfare (come prevedono i sondaggisti) il crepuscolo della segretaria sarà definitivo.
Gli avversari (non si possono definire altrimenti) hanno già in tasca il nome del successore. Una donna, come lei, più pacata, se volete più moderata: insomma un personaggio che farebbe tornare il partito ai tempi eroici in cui non c’erano opposizioni che potevano cambiare le carte in tavola. Si chiama Silvia Salis, Sindaco di Genova da pochi mesi.
“La verità è che non ci sono idee nuove con cui affrontare la maggioranza. Solo parole, nessun progetto”, dicono gli avversari della segretaria. I proclami, i “no e basta” non servono più a convincere gli elettori che infatti hanno voltato le spalle al vecchio centro per spostarsi a destra.
Il fenomeno, però, non è soltanto italiano, se è vero, come è vero, che anche nel resto dell’Europa il vento è cambiato. “Proprio per questo”, ribattono i riformisti, “dobbiamo andare alla ricerca di scelte diverse che possano darci la possibilità di tornare al potere”.
C’è un fatto che si deve sottolineare perché è la cartina di tornasole per il cosiddetto campo largo. In questo braccio di ferro che ha per protagonista la patrimoniale, nella zuffa tra Giorgio Meloni e Elly Schlein non ha messo bocca il presidente dei 5Stelle.
Giuseppe Conte se n’è stato lì buono in un cantuccio senza mettere il becco da nessuna delle due parti. Ci possiamo chiedere la ragione di un simile atteggiamento? L’avvocato del popolo è furbo, ha imparato a memoria l’arte della politica e sa perfettamente che questo scontro fra le due donne più rappresentative della Nazione porterà acqua al suo mulino. Se la Schlein non è all’altezza chi se non lui dovrà essere il nuovo leader della sinistra?
Quando i commentatori più autorevoli scrivono che i maggiori alleati del governo sono proprio gli eterni “oppositori” senza ispirazioni non hanno tutti i torti.
Qualcuno lo definisce il piano C…… dell’esecutivo, ma queste sono baggianate che non cambiano la situazione, anzi la rafforzano.
Da giorni si parla di stipendi, di aumenti che riguardano solo i ministri o i loro collaboratori. “Hanno ricevuto una prebenda di 330 milioni”, specifica questa agguerrita schiera di detrattori del potere. Ricordano pure che, mentre in milioni di famiglie non si sa come arrivare alla fine del mese, c’è chi al contrario fa crescere, “sua sponte” lo stipendio di migliaia di euro.
Poi, dopo la contrarietà della premier, fa marcia indietro, ma la brutta figura rimane, eccome se rimane. Chi è il protagonista di una tale inqualificabile vicenda lo lasciamo indovinare ai lettori.
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