Papa Francesco, all’addio migliaia di persone. Ma sempre meno vanno in chiesa

  • Postato il 24 aprile 2025
  • Di Panorama
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Non c’è miglior antidoto ai fumi della società artificiale della lettura del Qoeleth, o Ecclesiaste, testo biblico roccioso non a caso amatissimo dai poeti, che lo affrontano come si sfida una vetta impervia. È quasi curativo sfogliarlo nella bella versione che manda in libreria l’editore De Piante con le traduzioni di Stefano ArduiniDavide Brullo e di un gigante della letteratura italiana come Massimo Bontempelli. È nelle frasi di quest’ultimo che risuona lo spietato ritornello: «Vanità delle vanità, disse l’Ecclesiaste; vanità delle vanità e tutto è vanità. Che utile ha l’uomo dell’immenso travaglio in cui fatica sotto il sole? Un’età passa, un’età arriva, ma il mondo dura eterno. Sorge il sole e tramonta, torna al suo posto; qui rinato, oltrepassa il meriggio e piega al nord: rischiarando ogni plaga porta attorno i venti e ripete i suoi giri. Tutti i fiumi sboccano in mare, e il mare non trabocca: là donde uscivano, ivi tornano i fiumi per tornare a fluire. Ogni cosa è un enigma, l’uomo non può darne ragioni. […] Nulla di nuovo sotto il sole; e non vale dire: “Ecco questo è un fatto nuovo” perché esso già fu in secoli che prima di noi furono».

Questa è la terribile lezione di Qoeleth: le cose del mondo sono fumo, inutile affannarsi troppo per possederle. Anzi il mondo inganna, è appunto una fiera delle vanità che inganna e avvinghia e talvolta avvelena. Un monito che ritorna nelle parole di Cristo ai fedeli: siete nel mondo ma non del mondo. Come a dire che non è al circo artificiale che il cristiano appartiene, ma a una verità più alta e spesso difficile da testimoniare.

In qualche modo, dunque, si può dire che fosse tutto già scritto. Il tentativo da parte della istituzione ecclesiastica di compiacere il mondo per ottenerne il consenso era destinato a rivelarsi vano. Tra le varie imprese in cui papa Francesco si è cimentato, questa è stata sicuramente perdente. Egli ha cercato, è stato notato fin da subito, di offrire ai media mainstream notevoli aperture, e in effetti quegli stessi media lo hanno molto coccolato, ma soltanto finché si occupava di questioni che rientrassero nel recinto politico progressista. Quando parlava d’altro veniva o semplicemente ignorato o aspramente contestato. In ogni caso, tutto ciò non sembra aver portato grande profitto alla cristianità.

Va di moda ripetere che Bergoglio sia stato il Pontefice degli ultimi, uno vicino alla gente. Ma la sensazione è che la vicinanza l’abbiano percepita soprattutto alcuni circolini intellettuali e politici che andavano in solluchero quando lo sentivano attaccare Donald Trump e i sovranismi. Sulla larga massa dei fedeli non risulta che certi atteggiamenti liberal abbiano avuto un impatto potente, anzi. A tale proposito è interessante dare uno sguardo ai dati Swg pubblicati dalla Stampa, che così sintetizza il bilancio del pontificato bergogliano: «Aumentano gli italiani che hanno fiducia nella Chiesa cattolica, ma diminuiscono quelli che vanno a messa almeno una volta al mese». Già, aumenta la fiducia, ma la Chiesa vive di fede. E di simboli e di riti. Secondo Swg, «la percentuale di cittadini che ritengono ancora attuale l’insegnamento della Chiesa è passata dal 62% del 2013 al 51% del 2024. Crescono invece coloro che hanno fiducia nella Chiesa, passati dal 29% al 36% negli ultimi dieci anni, mentre coloro che vanno regolarmente a messa sono passati dal 33% al 26%».

Non è tutto: «Si riduce anche la quota degli italiani che si definiscono cattolici, che nel 2019 erano il 62% e oggi sono il 51%, mentre i non credenti passano dal 18 al 27% e coloro che credono in altre religioni passano dall’11 al 13%. C’è poi una residuale parte di cittadini che si definiscono credenti, ma che non si riconoscono in alcuna religione (dal 5% al 6%), mentre gli agnostici erano il 4% nel 2019 e ora sono il 3%». Sempre stando ai dati di Swg (questa volta però raccolti nel 2023), «pensando alla Chiesa cattolica il 35% degli italiani prova un sentimento di indifferenza e un altro 35% di delusione. Il 33% nutre invece speranza e poi c’è un 19% che prova fiducia e un altro 19% a cui la Chiesa evoca disgusto».

Ma anche esaminando i dati Istat le cose non vanno meglio. Tutti gli indicatori mostrano una secolarizzazione veloce e inarrestabile, la «desertificazione» temuta da Giovanni Paolo II. Calano i matrimoni religiosi, calano le donazioni dell’8 per mille: gli italiani continuano ad allargare la faglia che li separa dalla Chiesa cattolica. Francesco, con tutta la luce dei riflettori mediatici di cui ha goduto e tutte le sue amicizie altolocate, da Eugenio Scalfari a Emma Bonino, non solo non è riuscito a invertire le tendenze in atto, ma le ha osservate aumentare notevolmente. È probabile che i laici e i laicisti lo amassero molto, o che amassero certe sue uscite, ma i cattolici tutto questo entusiasmo forse non lo hanno condiviso. Chiaro: mica si può caricare sulle spalle dell’ultimo Papa il peso della modernità e della secolarizzazione. 

Ma è possibile che, tra i tanti, l’esperienza di Francesco offra anche questo spunto: inutile compiacere il mondo sperando di esserne riamati. Il mondo prenderà ciò che gli serve e non cambierà di una virgola. Tutto è vanità, fumo e vento che abbaia. Inseguire il vento è irritante prima che dannoso.

Autore
Panorama

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