Pace in Ucraina per spezzare l'asse, cosa farà Trump con gli avversari dell'America
- Postato il 18 gennaio 2025
- Di Agi.it
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Pace in Ucraina per spezzare l'asse, cosa farà Trump con gli avversari dell'America
AGI - Raggiungere un cessate il fuoco in Ucraina per allentare la cooperazione sempre più profonda che sta unendo, in questo teatro di crisi, i grandi avversari degli Stati Uniti: Cina, Russia, Iran e Nord Corea. Sarà questo il principale obiettivo in politica estera di Donald Trump, in procinto di reinsediarsi alla Casa Bianca. Che la guerra tra Mosca e Kiev rischi di essere la prova generale per la costituzione di un blocco organico antiamericano è una preoccupazione condivisa da buona parte della classe dirigente Usa, a prescindere dallo schieramento. Lo scorso dicembre era stato lo stesso presidente Usa uscente, Joe Biden, a inviare ai vertici dell'intelligence un memorandum che invitava a sviluppare nuove tattiche per scongiurare che l'"Asse della Rabbia" o "dell'Aggressione", secondo le formule adottate di recente dagli addetti ai lavori, continui a compattarsi.
Contraddizioni da far esplodere
La Corea del Nord sta fornendo uomini e munizioni allo sforzo bellico del Cremlino, l'Iran sta inviando droni e la Cina sta garantendo sostegno logistico, politico e, soprattutto, economico. Si ritiene che, in cambio, Mosca stia condividendo con questi alleati le sue tecnologie spaziali e nucleari, che farebbero fare un notevole salto di qualità al loro potenziale militare. "Siamo ora in un mondo dove i nostri avversari e concorrenti stanno imparando molto in fretta l'uno dall'altro", è il commento di un alto funzionario statunitense interpellato da Reuters. Nondimeno, si tratta di un matrimonio di convenienza, dettato dall'ostilità contro un avversario comune. La collaborazione contro Kiev è controbilanciata da rivalità e contraddizioni. E farle esplodere è un imperativo strategico alla quale la prossima amministrazione statunitense non potrà sottrarsi. Gli interrogativi sono, semmai, sui metodi attraverso i quali sarà perseguito.
"La maggior parte della risposta riguarda la promessa di Trump di portare la guerra in Ucraina a una fine rapida", ha osservato su 'Foreign Policy' Matthew Kroenig, vicepresidente dello Scowcroft Center for Strategy and Security dell'Atlantic Council, "le interconnessioni in questo Asse dell'Aggressione non sono profonde o robuste come si potrebbe pensare. Quasi tutti questi legami girano intorno al sostegno degli altri dittatori alla guerra di Putin contro l'Ucraina ma, al di fuori di ciò, sono radi". Una volta terminate le ostilità tra Mosca e Kiev, aggiunge l'analista, "resterebbe un generale antagonismo nei confronti del sistema internazionale a guida Usa ma gli incentivi di breve termine, di vita o di morte, per un'urgente cooperazione militare verrebbero meno".
"Portare la guerra in Ucraina a una fine rapida e decisiva. come Trump ha promesso, rimuoverebbe quindi molti di questi incentivi alla collaborazione tra autocrati", conclude Kroenig, "questo darebbe il tempo e lo spazio per far sì che le naturali inimicizie tra questi dittatori emergano, fornendo a Washington e al mondo libero una strategia coerente e di lungo termine per contrastare, scoraggiare e, se necessario, sconfiggere l'Asse dell'Aggressione nel suo complesso".
Il ruolo degli alleati nel contrasto a Iran e Russia
L'incapacità, o la mancanza di volontà, di Russia e Iran di salvare il regime di Assad dall'insurrezione in Siria è stato un segnale, non si sa quanto di debolezza e quanto di ricerca di un approccio nuovo. La Repubblica Islamica, dove i riformisti premono per una riapertura del dialogo con l'Occidente, rischia di vedere il suo margine di azione ridimensionato, se le tregue a Gaza e in Libano reggeranno. Trump ha promesso di mantenere un approccio di "massima pressione" nei confronti di Teheran ed è possibile che, tornato alla Casa Bianca, cerchi di resuscitare, e magari allargare, gli 'Accordi di Abramo', lasciando ai partner regionali sunniti il compito di costituire un cordone di sicurezza intorno all'Iran.
Anche nel contenimento della Russia Trump auspica di poter contare su un maggiore apporto degli alleati europei, spesso recalcitranti nell'aumentare la spesa per la difesa e da sempre divisi sull'approccio da adottare nei confronti di Vladimir Putin. Se una normalizzazione dei rapporti tra Occidente e Mosca è da escludere nel breve periodo, va ricordato come i vertici del Pentagono abbiano sempre mantenuto contatti con le controparti russe per evitare un'escalation del conflitto. Trump si è spesso vantato dei buoni rapporti che aveva con Putin e di quanto quest'ultimo lo rispetti. E lo stesso presidente russo non desidera che "l'amicizia senza limiti" con il Dragone si trasformi in un abbraccio mortale, un sodalizio dove la Russia avrebbe un ruolo subordinato.
La preoccupazione degli ucraini (ma anche dei sudcoreani, accusati come gli europei di "scroccare" l'ombrello protettivo statunitense da un Trump che aveva in passato cercato una distensione con Pyongyang) è acuita da quell'imprevedibilità che il magnate considera il suo asso nella manica nelle relazioni internazionali. In tempi recenti il presidente eletto sembra però aver cercato di rassicurare Kiev, promettendo che gli invii di aiuti militari continueranno e dandosi "un anno" e non più "un giorno" per trovare una soluzione.
Trump e Xi tentano un approccio pragmatico
L'evoluzione di questo complesso quadro, a partire dalla gestione della minaccia nucleare nordcoreana, dipenderà però in larga parte da come si svilupperà il rapporto bilaterale tra Usa e Cina. Trump ha minacciato un inasprimento dei dazi ma ha porto un significativo ramoscello d'ulivo a Pechino, invitando il presidente Xi Jinping al suo insediamento. Si tratta di un'iniziativa insolita alla quale la Cina ha reagito con l'invio di un delegato di altissimo livello, il vicepresidente Han Zheng, definito in patria "numero otto", ovvero la persona più potente del Paese dopo i sette membri permanenti del Politburo, che include lo stesso Xi.
La partecipazione all'Inauguration Day di una figura del calibro di Han, in luogo del consueto ambasciatore, è un segno che "Xi vuole portare Trump a trovare intese con lui, pur non volendo essere un attore non protagonista del suo show del 20 gennaio", ha commentato Neil Thomas, analista dell'Asia Society Policy Institute, ai microfoni della Bbc.
La diplomazia cinese aveva affermato di voler "trovare" con la nuova amministrazione americana "il modo giusto perché i due Paesi vadano d'accordo nella nuova era". Karolin Leavitt, addetta stampa di Trump, aveva spiegato a sua volta che l'invito a Xi è stato "un esempio di Trump che crea un dialogo aperto con non solo i leader di Paesi alleati ma anche di avversari e concorrenti".
"C'è qualche possibilità che la relazione possa prendere una svolta positiva se Trump si rivelerà più incline a stringere accordi pragmatici con Pechino e meno propenso a un sostegno diretto a Taiwan", è il commento su Newsweek di Lyle Goldstein, esperta di Asia del think tank Defense Priorities, "la mia sensazione è che Pechino reagirà cercando di fare appello al lato pragmatico di Trump ma, allo stesso tempo, si premunirà per un intensificarsi delle tensioni". Scenario che, secondo Goldstein, appare quello "più probabile".
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